18 ottobre 2006
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Mettere la ali all'alfabeto
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Bambini molto intelligenti, svegli e attivi ma con un pessimo rendimento scolastico. Questo il possibile identikit di un dislessico. Questa parola è familiare al 10 per cento delle famiglie italiane. A descrivere i numeri di questo problema sono stati, giovedì 12 ottobre a Roma, gli esperti del settore riuniti nella Capitale in occasione del convegno sui disturbi dell'apprendimento organizzato dall'Istituto di ortofonologia il 14 e 15 ottobre.
I problemi dell'apprendimento in generale hanno fatto registrare una sostanziale crescita negli ultimi anni. Si stima che sia coinvolto circa il 30% dei bambini che frequenta la scuola elementare. I veri dislessici sono però il 10%: "Per loro - sottolinea Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'istituto di ortofonologia - si deve intervenire con una terapia mirata e tempestiva. Un altro 10% è rappresentato da bambini con difficoltà scolastiche non legate alla dislessia ma ad un disagio familiare o sociale. Anch'essi vanno aiutati seppure in modo diverso. L'ultimo 10% di bambini con problemi di apprendimento è rappresentato da quanti, davanti alla nuova esperienza scolastica, si disorientano e non riescono a tenere il passo ma, già in seconda elementare mostrano che, da soli, sono riusciti a vincere la battaglia".
Sono i maschi, quando il problema è la dislessia, ad avere la peggio. Il rapporto, infatti, è di 4 a 1 rispetto alle femmine. "Questo perché - spiega Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell'età evolutiva dell'Istituto di Ortofonologia di Roma - i tempi di maturazione per le bambine sono più rapidi". A innescare la dislessia è - secondo gli esperti - proprio un problema di indipendenza e maturità. Per questo motivo sono state accolte, quasi con sollievo, le notizie che arrivano dal Ministero dell'Istruzione secondi le quali i bambini affronteranno la scuola primaria non prima dei sei anni. "Sbaglia - sottolinea l'esperta - chi ritiene che i bambini devono andare direttamente alla scuola elementare. Per quanto riguarda la scuola materna invece, il distacco dalla famiglia aiuta quel processo di indipendenza e maturità che, se non è portato a compimento, può innescare quelle difficoltà di apprendimento che, una volta alle elementari, possono sfociare nella dislessia". Ma la scuola dell'infanzia non deve essere una prova troppo dura per i bambini. "Se alla scuola materna si sottopone il bambino a un bombardamento di nozioni e di informazioni - puntualizza Bianchi di Castelbianco - costringendolo a lunghe sedute di prescrittura e prelettura, senza preoccuparsi e occuparsi della sua maturità interiore, ecco che la disorganizzazione mentale del piccolo aumenta e si radicalizza".
Per i piccoli dislessici, "bambini che non volano con le ali della fantasia", le terapie messe a punto dagli esperti dell'Istituto di Ortofonologia di Roma non prevedono esercizi di scrittura e lettura, "perché l'ultima cosa di cui questi bambini hanno bisogno - spiega Bianchi di Castelbianco - sono altre nozioni e altra tecnica".
Piuttosto "necessitano di essere stimolati nella fantasia, quindi viene chiesto loro di disegnare, raccontare e raccontarsi in un contesto altamente motivante".
Dunque non penna e abecedario ma fiabe e favole anche in compagnia di genitori e nonni. "Questo perchè - hanno ribadito gli esperti - nel bambino dislessico è presente un'inadeguata maturità affettiva che comporta un'insufficiente espansione dell'organizzazione del pensiero complesso"
" I bambini dislessici, spesso, hanno alle spalle famiglie molto presenti, famiglie che li amano, che li accudiscono e li curano "Forse troppo - precisa la Di Renzo - E non è un paradosso. Li bombardano di stimoli e attenzioni. E così, da una parte li stressano di informazioni, e dall'altra non gli lasciano tempo e autonomia di gestire queste stesse informazioni". Discorso diverso per quel 10% di piccoli con problemi di apprendimento legati a traumi vissuti nel corso della loro breve vita.
"Spesso - spiega Bianchi di Castelbianco - si tratta di piccoli adottati, o provati dalla nascita di un fratellino o dalla separazione di mamma e papà. I figli di separati, ormai - ricorda l'esperto - sono tantissimi. Almeno la metà dei piccoli che popolano una classe. Nessuna sorpresa, dunque, che a scuola non ci sia ormai una sola classe con almeno un bambino con problemi di apprendimento".
Gianluca Casponi
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...e inoltre su Dica33:
I problemi dell'apprendimento in generale hanno fatto registrare una sostanziale crescita negli ultimi anni. Si stima che sia coinvolto circa il 30% dei bambini che frequenta la scuola elementare. I veri dislessici sono però il 10%: "Per loro - sottolinea Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell'istituto di ortofonologia - si deve intervenire con una terapia mirata e tempestiva. Un altro 10% è rappresentato da bambini con difficoltà scolastiche non legate alla dislessia ma ad un disagio familiare o sociale. Anch'essi vanno aiutati seppure in modo diverso. L'ultimo 10% di bambini con problemi di apprendimento è rappresentato da quanti, davanti alla nuova esperienza scolastica, si disorientano e non riescono a tenere il passo ma, già in seconda elementare mostrano che, da soli, sono riusciti a vincere la battaglia".
Meglio essere bambina
Sono i maschi, quando il problema è la dislessia, ad avere la peggio. Il rapporto, infatti, è di 4 a 1 rispetto alle femmine. "Questo perché - spiega Magda Di Renzo, psicoterapeuta dell'età evolutiva dell'Istituto di Ortofonologia di Roma - i tempi di maturazione per le bambine sono più rapidi". A innescare la dislessia è - secondo gli esperti - proprio un problema di indipendenza e maturità. Per questo motivo sono state accolte, quasi con sollievo, le notizie che arrivano dal Ministero dell'Istruzione secondi le quali i bambini affronteranno la scuola primaria non prima dei sei anni. "Sbaglia - sottolinea l'esperta - chi ritiene che i bambini devono andare direttamente alla scuola elementare. Per quanto riguarda la scuola materna invece, il distacco dalla famiglia aiuta quel processo di indipendenza e maturità che, se non è portato a compimento, può innescare quelle difficoltà di apprendimento che, una volta alle elementari, possono sfociare nella dislessia". Ma la scuola dell'infanzia non deve essere una prova troppo dura per i bambini. "Se alla scuola materna si sottopone il bambino a un bombardamento di nozioni e di informazioni - puntualizza Bianchi di Castelbianco - costringendolo a lunghe sedute di prescrittura e prelettura, senza preoccuparsi e occuparsi della sua maturità interiore, ecco che la disorganizzazione mentale del piccolo aumenta e si radicalizza".
Prima la mente e poi la penna
Per i piccoli dislessici, "bambini che non volano con le ali della fantasia", le terapie messe a punto dagli esperti dell'Istituto di Ortofonologia di Roma non prevedono esercizi di scrittura e lettura, "perché l'ultima cosa di cui questi bambini hanno bisogno - spiega Bianchi di Castelbianco - sono altre nozioni e altra tecnica".
Piuttosto "necessitano di essere stimolati nella fantasia, quindi viene chiesto loro di disegnare, raccontare e raccontarsi in un contesto altamente motivante".
Dunque non penna e abecedario ma fiabe e favole anche in compagnia di genitori e nonni. "Questo perchè - hanno ribadito gli esperti - nel bambino dislessico è presente un'inadeguata maturità affettiva che comporta un'insufficiente espansione dell'organizzazione del pensiero complesso"
" I bambini dislessici, spesso, hanno alle spalle famiglie molto presenti, famiglie che li amano, che li accudiscono e li curano "Forse troppo - precisa la Di Renzo - E non è un paradosso. Li bombardano di stimoli e attenzioni. E così, da una parte li stressano di informazioni, e dall'altra non gli lasciano tempo e autonomia di gestire queste stesse informazioni". Discorso diverso per quel 10% di piccoli con problemi di apprendimento legati a traumi vissuti nel corso della loro breve vita.
"Spesso - spiega Bianchi di Castelbianco - si tratta di piccoli adottati, o provati dalla nascita di un fratellino o dalla separazione di mamma e papà. I figli di separati, ormai - ricorda l'esperto - sono tantissimi. Almeno la metà dei piccoli che popolano una classe. Nessuna sorpresa, dunque, che a scuola non ci sia ormai una sola classe con almeno un bambino con problemi di apprendimento".
Gianluca Casponi
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