L'importante è muoversi

07 novembre 2008
Aggiornamenti e focus

L'importante è muoversi



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L'attività fisica, si sa, è un importante determinante di salute ed è associata a un minor rischio di malattie cardiovascolari, obesità, diabete e alcune forme di cancro. Le principali cause di mortalità nei paesi sviluppati. Va incentivata, perciò, e infatti le principali strategie di salute pubblica incoraggiano uno stile di vita attivo, con la raccomandazione di almeno 30 minuti di attività fisica di intensità anche moderata. Ma c'è adesione a queste raccomandazioni? Il fatto è in gran parte sconosciuto, anche perché, osservano ricercatori svedesi in un articolo pubblicato su BMC Public Health, la domanda generica per verificarlo è: quanto esercizio fai nel tempo libero? Una domanda che non dà informazioni complete, molte più persone, infatti, aderirebbero alle raccomandazioni se si valutassero tutti i tipi di attività e non solo quella effettuata nel tempo libero.

Movimento non solo ricreativo


La ricerca ha preso in esame 1470 soggetti adulti di età compresa tra i 18 e i 74 anni, catalogati in base ai risultati ottenuti con l'IPAQ, un questionario internazionale sull'attività fisica. Dall'indagine è emerso come quasi i due terzi raggiungessero l'obiettivo di un'attività fisica moderata di almeno 30 minuti, "spalmata" sulla maggior parte dei giorni della settimana. E si parla di tutti i tipi di attività, dallo sforzo fisico al lavoro, ai lavori domestici fino all'esercizio nel tempo libero. Normalmente, invece, precisano gli autori, la definizione di attività fisica, contempla solo la componente ricreazionale e non le attività nel loro complesso. Eppure, precisa Patrick Bergman del Karolinska Institute svedese che ha condotto la ricerca, non è solo l'attività ricreativa a migliorare la salute. Per questo occorre effettuare valutazioni più complessive, c'è chi non si muove durante il tempo libero ma svolge un lavoro faticoso e chi al contrario, con un lavoro sedentario si muove nel tempo libero. Le attività di queste due tipologie di soggetti nel complesso potrebbero equivalersi. L'indagine ha chiesto agli intervistati quanto tempo e per quanto a lungo camminassero o fossero impegnati in esercizio moderato o intenso, in qualunque contesto. Ebbene il 63% dei partecipanti allo studio aderivano all'obiettivo minimo, con distinzioni per fasce d'età e di categoria sociale. Complessivamente i soggetti sotto i 35 anni con più probabilità erano attivi rispetto a quelli sopra quell'età e gli uomini sono risultati più attivi delle donne. Gli adulti obesi, invece, tendono a essere ipoattivi, con il 59% appartenente alla categoria meno attiva. In più, nota Bergman, i soggetti con un livello di istruzione più basso sono risultati i più attivi, in contrasto con studi passati nei quali i più istruiti erano anche i più attivi. E proprio la valutazione dell'attività più completa potrebbe avere determinato il risultato. Un risultato soddisfacente, concludono gli autori, anche se la ridotta attività di certi gruppi, con particolare riferimento ai soggetti obesi, indica che ci sono margini di miglioramento. Bisogna, perciò, fare in modo che il movimento sia più accessibile alle persone nella loro quotidianità, attraverso quelli che gli autori della ricerca chiamano approcci socio-ecologici. Questo significa facilitare alle persone il camminare o l'andare in bici, magari costruendo marciapiedi o piste ciclabili, o aumentando gli spazi all'aperto. E se lo dicono gli svedesi...

Marco Malagutti



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