18 febbraio 2003
Aggiornamenti e focus
Ipertensione: due farmaci meglio di uno
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Il trattamento dell'ipertensione non è facile, ma più che per incapacità della scienza medica a diagnosticare il disturbo, o della farmacologia a curarlo, le difficoltà sorgono più che altro nella personalizzazione della terapia e nell'adesione da parte del paziente alla prescrizione del medico. D'altra parte è anche vero che molto spesso il controllo ottimale della pressione si ottiene attraverso diversi cambiamenti di terapia e associando più di un farmaco, e questo può rendere la "vita difficile" all'iperteso.Tuttavia questi sono passaggi necessari e inevitabili e, ora, si sta scoprendo anche perché.
Come è noto i farmaci si dividono in famiglie di sostanze tra loro simili. Ebbene di solito si tende a pensare che quel che vale per uno dei farmaci di una certa famiglia valga anche per gli altri. Uno studio piuttosto recente ha mostrato che non è così nel caso dei calcio-antagonisti. Infatti sono stati messi a confronto due calcio-antagonisti "long acting" cioè preparati in modo da svolgere la loro azione per un tempo più lungo e, quindi ridurre il numero di "pillole" da assumere ogni giorno. I due farmaci erano la nifedipina GITS e la felodipina ER. Lo studio, condotto nell'arco di 30 settimane, ha dimostrato notevoli differenze tra le due medicine simili: mentre la felodipina ER agiva prevalentemente durante il giorno, la nifedipina GITS aveva un marcato effetto per tutte le 24 ore. Inoltre, mentre quest'ultima non aveva effetti sul sistema nervoso simpatico, la felodipina ER causava un aumento dei livelli di noradrenalina (un ormone prodotto dalle surrenali che ha tra gli altri effetti quello di aumentare il metabolismo). Inoltre, la nifedipina aveva un effetto sul volume del ventricolo sinistro (che tende ad aumentare quando la pressione è fuori controllo) che mancava all'altro farmaco.
Un altro studio ha invece dimostrato che le diverse classi di farmaci antipertensivi si differenziano, oltre che per il meccanismo d'azione, anche per le ore del giorno in cui svolgono il loro effetto. La ricerca ha riguardato un gruppo di pazienti anziani (oltre i 65 anni) e quattro farmaci diversi: un diuretico, un ACE-inibitore, un calcio-antagonista e un beta-bloccante. Tutti i pazienti hanno ricevuto, in tempi diversi, tutti i trattamenti messi alla prova, si è trattato quindi, come si dice in gergo, di uno studio "cross-over". Nel corso dello studio, la pressione arteriosa è stata misurata in momenti diversi della giornata: al mattino presto (dalle 6 alle 9) una volta ben svegli (dalle 9 alle 22) e durante il sonno (dalla mezzanotte alle 6). Il risultato è stato che mentre il calcio-antagonista e il diuretico svolgevano la loro azione per tutto l'arco della giornata, quella del beta-bloccante e dell'ACE-antagonista dipendevano moltissimo dal momento della giornata. L'ACE-antagonista era efficace durante le ore tradizionalmente riservate al sonno, il beta-bloccante soprattutto nelle ore di veglia attiva, mentre al mattino presto e la notte il suo effetto si sentiva sì e no. Ulteriore complicazione del quadro: sembra ormai dimostrato che è soprattutto riducendo la pressione a livelli normali durante la notte che si ottiene la prevenzione dell'ipertrofia cardiaca, il che spiegherebbe come mai i beta-bloccanti da soli non riescano a prevenire gli accidenti cardiovascolari.
E quindi, alla fine dei conti...
...non deve stupire che la scelta della terapia giusta per l'ipertensione sia spesso laboriosa. Intanto si deve valutare la risposta che ciascuno ha nei confronti del farmaco, poi le differenti caratteristiche di quest'ultimo e, infine, altri aspetti. Per esempio, in una persona anziana, potrebbe essere più utile un farmaco che agisca la notte, così da non rendere troppo fiacco l'organismo durante il giorno. D'altra parte, un farmaco come il beta-bloccante, potrebbe essere la risposta quando la componente neurovegetativa, lo stress, ha un ruolo importante nel determinare l'ipertensione. Insomma, una volta che il medico ha trovato la strada giusta conviene seguirla fino in fondo, anche se è un po' tortuosa...
Maurizio Imperiali
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...e inoltre su Dica33:
Anche in famiglia ci sono differenze
Come è noto i farmaci si dividono in famiglie di sostanze tra loro simili. Ebbene di solito si tende a pensare che quel che vale per uno dei farmaci di una certa famiglia valga anche per gli altri. Uno studio piuttosto recente ha mostrato che non è così nel caso dei calcio-antagonisti. Infatti sono stati messi a confronto due calcio-antagonisti "long acting" cioè preparati in modo da svolgere la loro azione per un tempo più lungo e, quindi ridurre il numero di "pillole" da assumere ogni giorno. I due farmaci erano la nifedipina GITS e la felodipina ER. Lo studio, condotto nell'arco di 30 settimane, ha dimostrato notevoli differenze tra le due medicine simili: mentre la felodipina ER agiva prevalentemente durante il giorno, la nifedipina GITS aveva un marcato effetto per tutte le 24 ore. Inoltre, mentre quest'ultima non aveva effetti sul sistema nervoso simpatico, la felodipina ER causava un aumento dei livelli di noradrenalina (un ormone prodotto dalle surrenali che ha tra gli altri effetti quello di aumentare il metabolismo). Inoltre, la nifedipina aveva un effetto sul volume del ventricolo sinistro (che tende ad aumentare quando la pressione è fuori controllo) che mancava all'altro farmaco.
A ciascuno il suo momento
Un altro studio ha invece dimostrato che le diverse classi di farmaci antipertensivi si differenziano, oltre che per il meccanismo d'azione, anche per le ore del giorno in cui svolgono il loro effetto. La ricerca ha riguardato un gruppo di pazienti anziani (oltre i 65 anni) e quattro farmaci diversi: un diuretico, un ACE-inibitore, un calcio-antagonista e un beta-bloccante. Tutti i pazienti hanno ricevuto, in tempi diversi, tutti i trattamenti messi alla prova, si è trattato quindi, come si dice in gergo, di uno studio "cross-over". Nel corso dello studio, la pressione arteriosa è stata misurata in momenti diversi della giornata: al mattino presto (dalle 6 alle 9) una volta ben svegli (dalle 9 alle 22) e durante il sonno (dalla mezzanotte alle 6). Il risultato è stato che mentre il calcio-antagonista e il diuretico svolgevano la loro azione per tutto l'arco della giornata, quella del beta-bloccante e dell'ACE-antagonista dipendevano moltissimo dal momento della giornata. L'ACE-antagonista era efficace durante le ore tradizionalmente riservate al sonno, il beta-bloccante soprattutto nelle ore di veglia attiva, mentre al mattino presto e la notte il suo effetto si sentiva sì e no. Ulteriore complicazione del quadro: sembra ormai dimostrato che è soprattutto riducendo la pressione a livelli normali durante la notte che si ottiene la prevenzione dell'ipertrofia cardiaca, il che spiegherebbe come mai i beta-bloccanti da soli non riescano a prevenire gli accidenti cardiovascolari.
E quindi, alla fine dei conti...
...non deve stupire che la scelta della terapia giusta per l'ipertensione sia spesso laboriosa. Intanto si deve valutare la risposta che ciascuno ha nei confronti del farmaco, poi le differenti caratteristiche di quest'ultimo e, infine, altri aspetti. Per esempio, in una persona anziana, potrebbe essere più utile un farmaco che agisca la notte, così da non rendere troppo fiacco l'organismo durante il giorno. D'altra parte, un farmaco come il beta-bloccante, potrebbe essere la risposta quando la componente neurovegetativa, lo stress, ha un ruolo importante nel determinare l'ipertensione. Insomma, una volta che il medico ha trovato la strada giusta conviene seguirla fino in fondo, anche se è un po' tortuosa...
Maurizio Imperiali
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