E' vera epidemia?

08 febbraio 2008
Aggiornamenti e focus

E' vera epidemia?



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Un giorno sì e l'altro pure si parla di obesità, al punto che alcuni si domandano se davvero ne valga la pena o se non è, per caso, un'esagerazione parlare di epidemia, di obesità epidemica. Le autorità sanitarie inglesi la paragonano, per entità delle conseguenze, ai cambiamenti climatici e recentemente hanno dichiarato che la loro nazione si trova nella morsa dell'obesità. Inserire la malattia in un quadro epidemico richiede alle autorità un intervento sistemico e integrato come quando si deve far fronte e un'epidemia infettiva. E non tutti abbracciano questa prospettiva, infatti, nell'ambiente scientifico e politico ci sono pareri discordanti, come testimoniano i commenti comparsi nella sezione del British Medical Journal, dedicata ai testa a testa (Head to Head).

Perplessità filosofiche


Perplessità e scetticismo vengono sollevati da due rappresentanti del Democracy Institute un ente politicamente indipendente, che si occupa di ricerca nella gestione dell'amministrazione pubblica con sede a Washington e Londra. Sostengono che spesso la comunicazione sull'obesità trasmette un eccesso di evidenze scientifiche, suggerisce certezze, a loro avviso ingiustificate, e fonda il concetto di epidemia su un numero di casi superiore alle normali aspettative. La prima obiezione riguarda proprio il concetto di normale aspettativa, che necessita di un termine di confronto per poterla definire, ma i dati, per esempio, sul peso della popolazione statunitense non risalgono oltre il 1960: troppo poco per costituire un termine di paragone, secondo i due membri del Democracy Institute. Inoltre secondo il Nobel per le scienze economiche, Robert Fogel, la relazione tra salute, mortalità, nutrizione e tecnologia suggerisce che quando le popolazioni crescono più sane e prosperose e longeve, acquisiscono altezza e peso. E ancora, considerano arbitrari i criteri con cui si definisce il normopeso, il sovrappeso e l'obesità e non così chiari i risultati degli studi sulle patologie correlate al sovrappeso e all'obesità, dal momento che diabete e patologie coronariche hanno un carattere multifattoriale. Infine invitano a considerare che, nonostante si registri un aumento del sovrappeso, la mortalità per eventi cardiovascolari (infarto e ictus) e la prevalenza di ipertensione e ipercolesterolemia sono in calo. Non è da escludere che questa tendenza possa essere dovuta alla diffusione di nuovi farmaci efficaci nel prevenire e nel controllare queste condizioni.

Numeri da epidemia


A sostenere l'adeguatezza dell'appello lanciato dalle autorità inglesi e, da molto tempo prima, da tutto il mondo clinico, i tanti dati raccolti in studi e ricerche riportati da due ricercatori americani. In primis la diffusione dell'obesità a livello globale in aree in cui prima non esisteva. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il tasso di obesità è triplicato in Giappone (da 0,84% nel 1980 al 2,86% nel 2001) in Brasile (dal 2,4% nel 1974-5 all'8,9% nel 2002-3), in Inghilterra (dal 6,2% nel 1982 al 22,6% nel 1999), negli Stati Uniti (dall'11,5% nel 1990 al 34,1% nel 2004), e nelle Seychelles (dal 4,2% nel 1989 al 15% nel 2004). L'incremento di prevalenza ha interessato le fasce più giovani, bambini e adolescenti: la National Health and Nutrition Examination Survey, un'indagine statunitense, tra il 1976 e il 1980 il 6,5% dei bambini tra 6 e 11 anni era obeso e il 5% tra i 12 e i 17 anni. Nel 2004 la prevalenza è diventata del 9% e del 17%, rispettivamente. La tendenza si riflette anche nei paesi europei, dove la prevalenza in età scolare raggiunge il 35% e il numero di bambini obesi è previsto che arrivi a 1,3 milioni nel 2010. Dati alla mano, anche gli effetti sulla salute rafforzano questa posizione: anche nella popolazione con un peso considerato sano (IMC 22-24,9) esiste un effetto dose risposta tra l'indice di massa corporea e il rischio di sviluppare malattie croniche. I due autori contestano le posizioni scettiche nei confronti di un allarmismo che sembrerebbe giustificato anche in termini di costi sanitari: la maggior parte degli economisti e degli epidemiologi concordano sul potenziale impatto della tendenza all'aumento di peso sul sistema sanitario. A differenza di altre patologie, perchè tale viene considerata l'obesità, non esiste una singola cura risolutiva, ma approcci multidisciplinari che possono essere promossi in modo forte solo con investimenti adeguati del servizio sanitario.

Simona Zazzetta



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