09 aprile 2008
Aggiornamenti e focus
Dalla pancetta all'Alzheimer
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Nell'accezione comune è un rotolo di grasso addominale antistetico (o per alcuni sexy se maschile), per la medicina invece è un fattore che sta emergendo sempre più nella sua pericolosità, in quanto correlato ad accumuli lipidici viscerali ma anche a livello sottocutaneo quale importante fattore di rischio soprattutto cardiovascolare e di diabete. E non basta, l'imputazione più recente è che l'eccesso di grasso addominale si leghi a una maggiore probabilità di sviluppare più in là nel tempo la demenza di Alzheimer, come indica una ricerca: aumento di rischio che riguarderebbe già chi ha troppa "pancia" a quarant'anni e, per aggravare il quadro, esistente anche se si è normopeso, benché più contenuto che in presenza di obesità. Le accuse prima rivolte genericamente all'eccesso di massa corporea (il BMI) sembrano focalizzarsi sempre più a livello distrettuale, come per addome e circonferenza vita, per cui la categoria delle persone che corrono rischi per la salute sarebbe più ampia rispetto a quelle classiche del sovrappeso e dell'obesità total body. Un fatto preoccupante stando ai dati anche italiani sull'obesità addominale: e sempre italiane sono due ricerche recenti, una appena pubblicata, che hanno meglio chiarito la relazione con il rischio di diabete.
L'evidenza più nuova è appunto quella relativa alla demenza. L'ha messa in luce un'analisi longitudinale della Divisione di ricerca Kaiser Permanente di Oakland, California, in cui tra il 1964 e il 1973 si è misurato in 6.583 partecipanti il diametro sagittale addominale (SAD) che è in pratica lo spessore, andando poi a vedere 36 anni più tardi eventuali correlazioni con le diagnosi di demenza. Si sono riscontrati 1.049 casi ed è risultato per i soggetti con SAD più elevato un rischio di demenza 2,7 volte maggiore rispetto a quelli con SAD più basso, modificato di poco aggiungendo il fattore BMI. In particolare negli obesi (BMI >30) con SAD più alto la probabilità di demenza era 3,6 volte maggiore, ma anche nei normopeso (BMI tra 18,5 e 25) era aumentato a 1,9 in presenza di SAD elevato cioè maggiore di 25 centimetri in confronto a SAD sotto questo valore. Importante che queste associazioni sono risultate indipendentemente da altre variabili come ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e poi età, sesso, livello d'istruzione, eccetera. I ricercatori si sono detti sorpresi dell'ampiezza del dato e affermando che il meccanismo resta da chiarire hanno ricordato che il tessuto adiposo viscerale è metabolicamente molto attivo, produce ormoni e sostanze infiammatorie che hanno un ruolo nell'insulino-resistenza, nelle cardiovasculopatie ed evidentemente nel danno cerebrale: tra le sospette la leptina che passa la barriera emato-encefalica e nell'animale indurrebbe neurodegenerazione favorendo il deposito di beta-amiloide.
Era stata d'altronde una ricerca italo-americana pubblicata nel 2007 su Diabetes a dimostrare la relazione causale tra grasso viscerale e infiammazione sistemica, legata in particolare all'interleuchina-6 prodotta dalle cellule adipose che induce la produzione nel fegato della proteina C-reattiva: tutte e due molecole infiammatorie e coinvolte nello sviluppo dell'insulino-resistenza, quindi del diabete tipo 2, e dell'infarto miocardico. In uno studio italiano appena uscito sul Journal of Lipid Research si è poi chiarito che gli adipociti viscerali muoiono (per l'eccesso di lipidi accumulato) prima di quelli sottocutanei, con arrivo più precoce delle cosiddette "coroncine" di macrofagi, cellule-spazzino che innescano processi infiammatori analoghi a quelli del diabete. Questo confermerebbe che rischi per la salute esistono già in persone con sola adiposità centrale e non obese. Da notare che negli Stati Uniti metà degli adulti avrebbe circonferenza vita e addominale in eccesso. Ma l'Italia non è da meno, stando per esempio ai dati appena diffusi da un'indagine dell'Osservatorio Grana Padano condotta con pediatri e medici di famiglia: in risalto quello dell'obesità addominale femminile, presente in un terzo delle donne tra 20 e 50 anni e in metà di quelle da 50 anni in su, cioè più che nella popolazione maschile, e con una prevalenza di adiposità androide o "a mela" che si associa a rischio cardiovascolare, invece che ginoide o "a pera". Se si considera che l'obesità addominale, espressa da un rapporto tra circonferenza vita e altezza oltre la soglia di 0,5, risulta presente nel 44% dei bambini tra 3 e 6 anni e in quasi un terzo tra 7 e 10 anni, è chiaro che tutti dovremmo darci una mossa: anche letterale, perché la sedentarietà è uno dei principali responsabili della situazione attuale.
Elettra Vecchia
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...e inoltre su Dica33:
Grasso metabolicamente molto attivo
L'evidenza più nuova è appunto quella relativa alla demenza. L'ha messa in luce un'analisi longitudinale della Divisione di ricerca Kaiser Permanente di Oakland, California, in cui tra il 1964 e il 1973 si è misurato in 6.583 partecipanti il diametro sagittale addominale (SAD) che è in pratica lo spessore, andando poi a vedere 36 anni più tardi eventuali correlazioni con le diagnosi di demenza. Si sono riscontrati 1.049 casi ed è risultato per i soggetti con SAD più elevato un rischio di demenza 2,7 volte maggiore rispetto a quelli con SAD più basso, modificato di poco aggiungendo il fattore BMI. In particolare negli obesi (BMI >30) con SAD più alto la probabilità di demenza era 3,6 volte maggiore, ma anche nei normopeso (BMI tra 18,5 e 25) era aumentato a 1,9 in presenza di SAD elevato cioè maggiore di 25 centimetri in confronto a SAD sotto questo valore. Importante che queste associazioni sono risultate indipendentemente da altre variabili come ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e poi età, sesso, livello d'istruzione, eccetera. I ricercatori si sono detti sorpresi dell'ampiezza del dato e affermando che il meccanismo resta da chiarire hanno ricordato che il tessuto adiposo viscerale è metabolicamente molto attivo, produce ormoni e sostanze infiammatorie che hanno un ruolo nell'insulino-resistenza, nelle cardiovasculopatie ed evidentemente nel danno cerebrale: tra le sospette la leptina che passa la barriera emato-encefalica e nell'animale indurrebbe neurodegenerazione favorendo il deposito di beta-amiloide.
Adiposità addominale al femminile
Era stata d'altronde una ricerca italo-americana pubblicata nel 2007 su Diabetes a dimostrare la relazione causale tra grasso viscerale e infiammazione sistemica, legata in particolare all'interleuchina-6 prodotta dalle cellule adipose che induce la produzione nel fegato della proteina C-reattiva: tutte e due molecole infiammatorie e coinvolte nello sviluppo dell'insulino-resistenza, quindi del diabete tipo 2, e dell'infarto miocardico. In uno studio italiano appena uscito sul Journal of Lipid Research si è poi chiarito che gli adipociti viscerali muoiono (per l'eccesso di lipidi accumulato) prima di quelli sottocutanei, con arrivo più precoce delle cosiddette "coroncine" di macrofagi, cellule-spazzino che innescano processi infiammatori analoghi a quelli del diabete. Questo confermerebbe che rischi per la salute esistono già in persone con sola adiposità centrale e non obese. Da notare che negli Stati Uniti metà degli adulti avrebbe circonferenza vita e addominale in eccesso. Ma l'Italia non è da meno, stando per esempio ai dati appena diffusi da un'indagine dell'Osservatorio Grana Padano condotta con pediatri e medici di famiglia: in risalto quello dell'obesità addominale femminile, presente in un terzo delle donne tra 20 e 50 anni e in metà di quelle da 50 anni in su, cioè più che nella popolazione maschile, e con una prevalenza di adiposità androide o "a mela" che si associa a rischio cardiovascolare, invece che ginoide o "a pera". Se si considera che l'obesità addominale, espressa da un rapporto tra circonferenza vita e altezza oltre la soglia di 0,5, risulta presente nel 44% dei bambini tra 3 e 6 anni e in quasi un terzo tra 7 e 10 anni, è chiaro che tutti dovremmo darci una mossa: anche letterale, perché la sedentarietà è uno dei principali responsabili della situazione attuale.
Elettra Vecchia
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