Per la salute ci vuole fegato

20 aprile 2007
Aggiornamenti e focus

Per la salute ci vuole fegato



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Non va bene mangiarsi il fegato, dice la saggezza popolare. Fuori di metafora, oggi diversi nemici attentano alla salute della centrale metabolica dell’organismo: tanto che in Italia ci sarebbero circa dieci milioni di persone con un fegato non nella norma. Il problema è che di questi non più del 25% lo sa, e c’è chi non collabora evitando fattori nocivi, o chi è in terapia ma la interrompe. Per questo il tema del V Congresso FADE (Fondazione amici dell’epatologia) di Milano è la responsabilità della propria salute. “ Non solo il medico ma anche il malato dev’essere responsabile e partecipe nella gestione della malattia e nella difesa della salute” spiega il presidente della Fondazione, Nicola Lo Torto. Alcol, dieta sbagliata, sedentarietà e malattie correlate sono in causa nella degenerazione grassa o steatosi e steatoepatite, valutate in 6-8 milioni di persone; l’altro grande problema sono le epatiti virali, con una stima di un milione di portatori per il virus B e 1,5 milioni per il C. Entrambe le condizioni quando cronicizzano determinano fibrosi e possono sfociare in cirrosi ed epatocarcinoma: sono 20-25mila i decessi annuali per epatopatie in Italia, specie cirrosi e tumore. Le soluzioni però ci sono, terapeutiche (con continui progressi) e non.

Steatosi, alcolica ma non solo


“In generale, nella grande maggioranza dei casi non c’è bisogno di medicine, ma soltanto di un medico che indirizzi a cambiare lo stile di vita” dice Gaetano Ideo, epatologo dell’Ospedale San Giuseppe di Milano. Causa importante di steatosi e sue evoluzioni è l’alcol, per il quale c’è anche una predisposizione genetica, ma soprattutto “sociale” , con una tendenza oggi al consumo precoce, persino tra gli adolescenti incapaci di reggere questo carico tossico. Spesso però la steatosi non è alcolica, ma dovuta a iperalimentazione, obesità (c’è nel 50-90% di chi è sovrappeso-obeso), diabete tipo 2 (nel 50-70%), colesterolo o trigliceridi alti (nel 30-70%). La steatosi è un campanello d’allarme dell’aterosclerosi e un componente della sindrome metabolica, inoltre fa peggiorare l’infezione da virus epatitici. Quindi occorrono dieta, esercizio fisico ed eventuali farmaci; è bene controllare il peso e i valori di trigliceridi e colesterolo, annualmente le transaminasi (enzimi-spia della salute del fegato), sottoporsi con minore frequenza a ecografia epatica. Indipendentemente dalla causa, alcol o altro compresi i virus, quando s’instaura la fibrosi per valutarla si ricorre alla biopsia epatica, ora c’è anche un esame non invasivo con una sonda esterna in corrispondenza del fegato.

Antivirali e compliance per guarire


Capitolo epatiti virali. Per l’infezione da virus B, dopo il passo fondamentale dell’obbligo vaccinale dal 1991, oggi la terapia della forma cronica è migliorata con farmaci come peginterferon, efficace in circa un terzo dei casi, e poi lamivudina, adefovir e ora entecavir. Per l’epatite C lo standard è oggi interferone peghilato associato a ribavirina, che ottiene guarigioni, cioè eliminazioni del virus del 60%, con punte del 90% per alcuni genotipi virali, rispetto al 30% di soli 5-6 anni fa con solo interferone; tra i farmaci allo studio boceprevir, in monoterapia o con peginterferone. “Durante tutto l’iter dei trattamenti ci dev’essere però il contatto con il paziente, perché la compliance è essenziale per aumentare le possibilità di guarigione” aggiunge Ideo. Risulta invece da un sondaggio FADE che fino al 40-50% dei malati interrompe la terapia: cruciali sono soprattutto i primi tre mesi, se non c’è una riduzione sostenuta del virus la probabilità di guarire cala drasticamente. Si ritorna alla responsabilizzazione nei confronti della malattia e della salute: per favorirla c’è anche un call service FADE, un aiuto telefonico gratuito e anonimo attivo il giovedì dalle 10 alle 13 (899.17.15.17). Per chiudere il capitolo epatiti, viene ricordata l’utilità della vaccinazione contro la B e anche contro la A, per la quale non si viene più tutti in contatto con il virus già da bambini come in passato.

Elettra Vecchia



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