31 marzo 2006
Aggiornamenti e focus
Vaccino promosso a pieni voti in italiano
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Le vaccinazioni sono forse la migliore forma di prevenzione finora escogitata. L'unica premessa è che quando si è provata l'efficacia di un vaccino lo si somministri quanto più a tappeto possibile. I dati che confermano questo concetto sono moltissimi ormai, quasi sempre, però, relativi all'estero. Oggi uno studio condotto a Milano, dall'Istituto di pediatria dell'Università statale, in collaborazione con la Regione Lombardia, non solo colma questo divario, ma porta anche elementi in più. L'oggetto dello studio è la vaccinazione antipneumococcica, cioè quella mirata allo Streptococcus pneumoniae o, appunto, pneumococco. Come dice il nome, è responsabile di infezioni delle vie respiratorie, la polmonite, ma anche di otiti e sinusiti. In particolare, nei bambini, può provocare la meningite e la sepsi, malattie potenzialmente mortali e che, come la polmonite, richiedono l'ospedalizzazione.
Lo studio milanese, come ha spiegato il professor Nicola Principi, direttore dell'Istituito di Pediatria, ha mirato a provare diversi aspetti. Il primo è l'efficacia del vaccino anche nello schema previsto in Italia, basato su tre somministrazioni (a 3,5 e 11 mesi di età) anziché quattro come nel resto del mondo. Il secondo mostrare come vaccinare, oltre a migliorare la salute e la qualità della vita di bimbi e genitori, sia anche conveniente dal punto di vista economico per la collettività. Infatti, uno dei principali ostacoli che si presentano alle vaccinazioni di massa è il costo a carico del servizio sanitario. E' purtroppo inevitabile che i nuovi vaccini abbiano costi superiori (in quanto la preparazione è più complessa, dovendo coprire più famiglie dello stesso batterio). Quindi, per ragioni economiche, in Italia a volte si tende a restringere le vaccinazioni alle fasce a rischio (bambini, per esempio, che soffrono di malattie croniche). Difficile, però, sostenere che sia davvero un risparmio.I risultati dello studio sono stati illustrati a Milano, alla vigilia del Congresso nazionale di antibioticoterapia in età pediatrica. "Allo studio hanno partecipato in totale 1550 bambini; a un gruppo è stato somministrato il vaccino antipneumococcico (PCV7) all'altro no. Il campione è stato poi seguito per due anni" ha spiegato la professoressa Susanna Esposito, prima firmataria dello studio. Il risultato è stato che la frequenza delle infezioni che di solito sono sostenute dal pneumococco è stata significativamente inferiore nei bambini vaccinati. Per esempio, la polmonite: nel gruppo immunizzato, per tutta la durata dello studio, si sono registrati 1,7 episodi di polmonite ogni 100 bambini per anno, in quelli non immunizzati, 4,8. Ma se si esamina la fascia di età da 25 a 30 mesi, la riduzione è davvero vistosa: 1,97 casi contro 10,7. Perché questa differenza? Perché nei bambini più piccoli spesso queste infezioni sono causate più da virus che da batteri, ma quando si tratta di polmoniti batteriche l'effetto c'è ed è appunto vistoso. Non sono soltanto diminuite le polmoniti, però, ma anche le otiti medie, altro disturbo tipico della prima infanzia, nel quale il pneumococco ha un peso non indifferente.
E in aggiunta a questi risultati va tenuta presente la prevenzione delle malattie più gravi, meningite e sepsi. "In Lombardia, dove spesso sono stati riportati episodi di meningite anche mortali, quasi il 40% dei casi è dovuto a pneumococco. Può anche essere considerata un'evenienza rara, ma anche un ridotto numero di casi mortali, se prevenibili, non può essere trascurato" ha ricordato il professor Vittorio Carreri, presidente lombardo della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, fino al 2003 responsabile della prevenzione per la Lombardia.Quanto all'aspetto economico, l'analisi è stata condotta tenendo presenti soltanto i costi diretti, cioè quelli legati a ricoveri, visite, accessi al pronto soccorso e prescrizioni di farmaci. Considerando le prestazioni di cui non ha avuto bisogno, ogni bambino vaccinato ha portato un risparmio netto di 15 euro. Se poi si considerassero anche i costi indiretti (assenze dal lavoro dei genitori, spese per recarsi dal medico eccetera) il bilancio salirebbe ulteriormente. D'altra parte basta un dato dello studio a chiarire questo aspetto: sempre nella fascia da 25 a 30 mesi, i bambini vaccinati hanno ricevuto 85 cicli di antibiotici per 100 bambini/anno, quelli non vaccinati 108.Insomma buone notizie, grazie a uno studio che, caso piuttosto raro, ha visto la collaborazione di chi deve investire in salute, la Regione, e chi deve dimostrare l'efficacia delle prestazioni (l'Università). Quindi perché non trarne le conseguenze? Per ora il vaccino è raccomandato, e quindi somministrato gratuitamente, soltanto ai bambini a rischio: eppure, se ci si pensa, le vaccinazioni sono nate per chi è sano e vuole restarlo. "Qualche regione ha già provveduto" conclude Carreri. "Per esempio la Sicilia".
Maurizio Imperiali
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Meno polmoniti, ma non soltanto
Lo studio milanese, come ha spiegato il professor Nicola Principi, direttore dell'Istituito di Pediatria, ha mirato a provare diversi aspetti. Il primo è l'efficacia del vaccino anche nello schema previsto in Italia, basato su tre somministrazioni (a 3,5 e 11 mesi di età) anziché quattro come nel resto del mondo. Il secondo mostrare come vaccinare, oltre a migliorare la salute e la qualità della vita di bimbi e genitori, sia anche conveniente dal punto di vista economico per la collettività. Infatti, uno dei principali ostacoli che si presentano alle vaccinazioni di massa è il costo a carico del servizio sanitario. E' purtroppo inevitabile che i nuovi vaccini abbiano costi superiori (in quanto la preparazione è più complessa, dovendo coprire più famiglie dello stesso batterio). Quindi, per ragioni economiche, in Italia a volte si tende a restringere le vaccinazioni alle fasce a rischio (bambini, per esempio, che soffrono di malattie croniche). Difficile, però, sostenere che sia davvero un risparmio.I risultati dello studio sono stati illustrati a Milano, alla vigilia del Congresso nazionale di antibioticoterapia in età pediatrica. "Allo studio hanno partecipato in totale 1550 bambini; a un gruppo è stato somministrato il vaccino antipneumococcico (PCV7) all'altro no. Il campione è stato poi seguito per due anni" ha spiegato la professoressa Susanna Esposito, prima firmataria dello studio. Il risultato è stato che la frequenza delle infezioni che di solito sono sostenute dal pneumococco è stata significativamente inferiore nei bambini vaccinati. Per esempio, la polmonite: nel gruppo immunizzato, per tutta la durata dello studio, si sono registrati 1,7 episodi di polmonite ogni 100 bambini per anno, in quelli non immunizzati, 4,8. Ma se si esamina la fascia di età da 25 a 30 mesi, la riduzione è davvero vistosa: 1,97 casi contro 10,7. Perché questa differenza? Perché nei bambini più piccoli spesso queste infezioni sono causate più da virus che da batteri, ma quando si tratta di polmoniti batteriche l'effetto c'è ed è appunto vistoso. Non sono soltanto diminuite le polmoniti, però, ma anche le otiti medie, altro disturbo tipico della prima infanzia, nel quale il pneumococco ha un peso non indifferente.
Vaccinare è un buon affare
E in aggiunta a questi risultati va tenuta presente la prevenzione delle malattie più gravi, meningite e sepsi. "In Lombardia, dove spesso sono stati riportati episodi di meningite anche mortali, quasi il 40% dei casi è dovuto a pneumococco. Può anche essere considerata un'evenienza rara, ma anche un ridotto numero di casi mortali, se prevenibili, non può essere trascurato" ha ricordato il professor Vittorio Carreri, presidente lombardo della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica, fino al 2003 responsabile della prevenzione per la Lombardia.Quanto all'aspetto economico, l'analisi è stata condotta tenendo presenti soltanto i costi diretti, cioè quelli legati a ricoveri, visite, accessi al pronto soccorso e prescrizioni di farmaci. Considerando le prestazioni di cui non ha avuto bisogno, ogni bambino vaccinato ha portato un risparmio netto di 15 euro. Se poi si considerassero anche i costi indiretti (assenze dal lavoro dei genitori, spese per recarsi dal medico eccetera) il bilancio salirebbe ulteriormente. D'altra parte basta un dato dello studio a chiarire questo aspetto: sempre nella fascia da 25 a 30 mesi, i bambini vaccinati hanno ricevuto 85 cicli di antibiotici per 100 bambini/anno, quelli non vaccinati 108.Insomma buone notizie, grazie a uno studio che, caso piuttosto raro, ha visto la collaborazione di chi deve investire in salute, la Regione, e chi deve dimostrare l'efficacia delle prestazioni (l'Università). Quindi perché non trarne le conseguenze? Per ora il vaccino è raccomandato, e quindi somministrato gratuitamente, soltanto ai bambini a rischio: eppure, se ci si pensa, le vaccinazioni sono nate per chi è sano e vuole restarlo. "Qualche regione ha già provveduto" conclude Carreri. "Per esempio la Sicilia".
Maurizio Imperiali
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