31 marzo 2006
Aggiornamenti e focus
Vaccini per risparmiare
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Per ogni dollaro speso in vaccini contro una malattia, se ne risparmiano 24 necessari a curare la stessa patologia. Basterebbe questo dato per rendere la vaccinazione un intervento sanitario primario e, invece, le vaccinazioni non sono una priorità, in particolare nei paesi in via di sviluppo. A ribadire questo dato sono stati gli esperti riunitisi a San Marino in occasione dei 50 anni dell'"Istituto di Sicurezza Sociale" locale. E' stata l'occasione per un convegno sui sistemi sanitari, con una sessione espressamente dedicata al tema dei vaccini. Molti gli autorevoli interventi tra cui quelli di Guido Grandi, responsabile dell'unità biochimica e di biologia molecolare di Chiron Vaccines e di Fabrizio Pregliasco, ricercatore dell'Università di Milano.
I numeri innanzitutto. Nelle nazioni occidentali è stato dimostrato l'effetto positivo dell'uso dei vaccini come pratica di prevenzione. Si è quasi riusciti a eradicare malattie come il tetano, la varicella o il morbillo, che prima potevano essere addirittura mortali. Nonostante questo permangono situazioni scottanti come quella dei paesi in via di sviluppo. In zone come l'Africa sub-Sahariana dove un bambino riceve in media meno della metà delle vaccinazioni dei suoi coetanei dei paesi industrializzati, il 40% muore per malattie che potrebbero essere sconfitte se ci fossero investimenti in tal senso. Ogni anno le vaccinazioni salvano tre milioni di persone e 750 mila bambini dalla morte, e il proseguimento del programma, istituito nel 1974 dall'OMS per diffondere i vaccini e colmare il gap tra paesi industrializzati e in via di sviluppo, ha fatto diminuire la mortalità per malattie infettive del 7,5% negli ultimi anni. Ma anche i dati economici colpiscono. Il costo annuale per immunizzare milioni di bimbi contro le sei infezioni più diffuse è pari alla spesa giornaliera per la salute negli Stati Uniti. Per meno di 20 dollari un bambino può essere vaccinato e con 3-4 milioni di dollari l'anno si possono proteggere 120-125 milioni di piccoli. Eppure, nonostante gli evidenti benefici economici e sociali, le vaccinazioni non sono ancora considerate uno dei più importanti interventi che il settore pubblico sanitario possa offrire ai cittadini. Com'è possibile? Una risposta la dà Guido Grandi secondo il quale "quello dei vaccini potrebbe essere definito un mercato suicida. Il farmaco viene usato ogni volta che si sta male, mentre il vaccino va fatto solo una volta e protegge a lungo, spesso per sempre." Non c'è bisogno di essere dei nobel dell'economia per capire che si tratta di un costo altissimo (il costo di produzione di un vaccino può arrivare a un miliardo di euro) per un ritorno non altrettanto elevato. Ma il vantaggio, come sottolinea Grandi, sta nei costi indiretti, quelli cioè che si spenderebbero in cure mediche. Dal punto di vista sociale, invece, è illuminante un'osservazione di Pregliasco sui medici italiani. Ebbene, ha sottolineato il virologo, solo un medico su quattro si vaccina contro l'influenza, pur consigliando spesso ai pazienti la vaccinazione. E la situazione non è molto migliore per i farmacisti e gli infermieri. Un fatto che, prima di tutto, rende gli operatori sanitari potenziali untori verso i propri pazienti. In più se proprio quelle che dovrebbero essere le sentinelle sociali della vaccinazione non si vaccinano...Urge cambiare rotta sottolineano gli esperti, "perché i vaccini offriranno sempre maggiori opportunità di salute non solo dal punto di vista preventivo, scongiurando malattie, ma anche sul fronte delle cure, attraverso nuovi vaccini terapeutici".
Marco Malagutti
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I benefici della vaccinazione
I numeri innanzitutto. Nelle nazioni occidentali è stato dimostrato l'effetto positivo dell'uso dei vaccini come pratica di prevenzione. Si è quasi riusciti a eradicare malattie come il tetano, la varicella o il morbillo, che prima potevano essere addirittura mortali. Nonostante questo permangono situazioni scottanti come quella dei paesi in via di sviluppo. In zone come l'Africa sub-Sahariana dove un bambino riceve in media meno della metà delle vaccinazioni dei suoi coetanei dei paesi industrializzati, il 40% muore per malattie che potrebbero essere sconfitte se ci fossero investimenti in tal senso. Ogni anno le vaccinazioni salvano tre milioni di persone e 750 mila bambini dalla morte, e il proseguimento del programma, istituito nel 1974 dall'OMS per diffondere i vaccini e colmare il gap tra paesi industrializzati e in via di sviluppo, ha fatto diminuire la mortalità per malattie infettive del 7,5% negli ultimi anni. Ma anche i dati economici colpiscono. Il costo annuale per immunizzare milioni di bimbi contro le sei infezioni più diffuse è pari alla spesa giornaliera per la salute negli Stati Uniti. Per meno di 20 dollari un bambino può essere vaccinato e con 3-4 milioni di dollari l'anno si possono proteggere 120-125 milioni di piccoli. Eppure, nonostante gli evidenti benefici economici e sociali, le vaccinazioni non sono ancora considerate uno dei più importanti interventi che il settore pubblico sanitario possa offrire ai cittadini. Com'è possibile? Una risposta la dà Guido Grandi secondo il quale "quello dei vaccini potrebbe essere definito un mercato suicida. Il farmaco viene usato ogni volta che si sta male, mentre il vaccino va fatto solo una volta e protegge a lungo, spesso per sempre." Non c'è bisogno di essere dei nobel dell'economia per capire che si tratta di un costo altissimo (il costo di produzione di un vaccino può arrivare a un miliardo di euro) per un ritorno non altrettanto elevato. Ma il vantaggio, come sottolinea Grandi, sta nei costi indiretti, quelli cioè che si spenderebbero in cure mediche. Dal punto di vista sociale, invece, è illuminante un'osservazione di Pregliasco sui medici italiani. Ebbene, ha sottolineato il virologo, solo un medico su quattro si vaccina contro l'influenza, pur consigliando spesso ai pazienti la vaccinazione. E la situazione non è molto migliore per i farmacisti e gli infermieri. Un fatto che, prima di tutto, rende gli operatori sanitari potenziali untori verso i propri pazienti. In più se proprio quelle che dovrebbero essere le sentinelle sociali della vaccinazione non si vaccinano...Urge cambiare rotta sottolineano gli esperti, "perché i vaccini offriranno sempre maggiori opportunità di salute non solo dal punto di vista preventivo, scongiurando malattie, ma anche sul fronte delle cure, attraverso nuovi vaccini terapeutici".
Marco Malagutti
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