12 dicembre 2008
Aggiornamenti e focus
Serotonina cruciale per l'osso
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La serotonina è conosciuta soprattutto come sostanza che nel cervello è coinvolta nella regolazione dell'umore, della fame e del sonno ma, tra le altre molteplici funzioni, agisce sulla muscolatura viscerale e sulla secrezione gastrica. Anzi la maggior parte di questo neurotrasmettitore, ben il 95%, è prodotta nell'intestino nel tratto duodenale (da cellule dette enterocromaffini): ed è proprio in sede intestinale che si è forse individuato un suo ruolo chiave in un processo apparentemente lontano, il rimodellamento osseo. Una ricerca, studiando due rare forme di rimodellamento squilibrato su base genetica, avrebbe individuato per la serotonina intestinale un'azione centrale in questo continuo bilanciamento tra costruzione e decostruzione del tessuto osseo, che per esempio è alterato dopo la menopausa, ed è quindi causa dell'osteoporosi post-menopausale. Ed è ipoteticamente a nuove soluzioni terapeutiche contro questa condizione che ricerche di questo genere fanno pensare. Tra l'altro è abbastanza recente la dimostrazione che i recettori per la serotonina sono espressi nelle cellule del rimodellamento osseo cioè osteoblasti e osteoclasti, che rispettivamente fanno e distruggono il tessuto, e negli osteociti.
Il fatto che la serotonina agisca a livello cerebrale e sia prodotta in quantità nell'intestino rimanda a quella teoria del secondo cervello, detto appunto intestinale, proposta da alcuni anni e poi rafforzata da diversi elementi. Ma il fronte della nuova ricerca potrebbe offrire una spiegazione anche ad altre osservazioni, per esempio il riscontro di osteoporosi nei malati di autismo che hanno alti livelli ematici di serotonina, e soprattutto il rischio di osteoporosi che di recente è stato imputato all'uso cronico dei farmaci antidepressivi SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), che quindi aumentano i livelli extracellulari della sostanza. Veniamo al lavoro dei ricercatori della Columbia University, pubblicato sulla rivista Cell. Gli autori stavano studiando due rare malattie genetiche umane causate da mutazioni del gene Lrp5, già identificato come regolatore del rimodellamento osseo, in una delle quali c'è una perdita di funzione e una forte riduzione della costruzione di nuovo osso (pseudoglioma osteoporotico), mentre nell'altra c'è un'attivazione che porta una sindrome con all'opposto un eccesso di massa ossea. Cercando di delucidare sperimentalmente il ruolo di Lrp5 hanno scoperto che nelle ossa di topi con deficit del gene c'era un aumento di attività dell'enzima idrossilasi 1 del triptofano (Tph1) che limita la produzione di serotonina nell'intestino a partire dal triptofano, aminoacido cioè pezzo di costruzione delle proteine. Si è poi dimostrato che diminuendo i livelli di serotonina nel sangue dei topi Lrp5-deficitari si normalizzava la formazione del tessuto osseo, e che con l'inattivazione di Lrp5 intestino-specifico ma non osso-specifico si riduceva la neoformazione. Inoltre in femmine di topo con asportazione delle ovaie, situazione che simula il calo ormonale della menopausa, l'attivazione di Lrp5 intestino-specifico, o l'inattivazione di Tph1 aumentavano la massa ossea e prevenivano la perdita del tessuto. In altri termini accendendo o spegnendo come un interruttore la produzione di serotonina nell'intestino si poteva controllare la produzione di tessuto osseo: spegnendo il rilascio intestinale del neurotrasmettitore si preveniva nell'animale l'osteoporosi, la serotonina agisce cioè come inibitore della formazione di osso. E, come visto, spegnendo il neurotrasmettitore nelle ossa non c'era effetto; le due malattie genetiche si dovrebbero quindi considerare più di origine intestinale che ossea. Questo rimanda anche alla questione degli antidepressivi SSRI, anche se siamo ancora a ricerche sull'animale ed è tutto da stabilire un loro eventuale coinvolgimento in questo meccanismo suggerito sperimentalmente. Lo stesso vale per l'osteoporosi umana; se si trovassero riscontri si potrebbe pensare per ipotesi a sostanze inibitrici della serotonina intestinale per aumentare la massa ossea.
Viviana Zanardi
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Spegnendo o accendendo si controlla il processo
Il fatto che la serotonina agisca a livello cerebrale e sia prodotta in quantità nell'intestino rimanda a quella teoria del secondo cervello, detto appunto intestinale, proposta da alcuni anni e poi rafforzata da diversi elementi. Ma il fronte della nuova ricerca potrebbe offrire una spiegazione anche ad altre osservazioni, per esempio il riscontro di osteoporosi nei malati di autismo che hanno alti livelli ematici di serotonina, e soprattutto il rischio di osteoporosi che di recente è stato imputato all'uso cronico dei farmaci antidepressivi SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), che quindi aumentano i livelli extracellulari della sostanza. Veniamo al lavoro dei ricercatori della Columbia University, pubblicato sulla rivista Cell. Gli autori stavano studiando due rare malattie genetiche umane causate da mutazioni del gene Lrp5, già identificato come regolatore del rimodellamento osseo, in una delle quali c'è una perdita di funzione e una forte riduzione della costruzione di nuovo osso (pseudoglioma osteoporotico), mentre nell'altra c'è un'attivazione che porta una sindrome con all'opposto un eccesso di massa ossea. Cercando di delucidare sperimentalmente il ruolo di Lrp5 hanno scoperto che nelle ossa di topi con deficit del gene c'era un aumento di attività dell'enzima idrossilasi 1 del triptofano (Tph1) che limita la produzione di serotonina nell'intestino a partire dal triptofano, aminoacido cioè pezzo di costruzione delle proteine. Si è poi dimostrato che diminuendo i livelli di serotonina nel sangue dei topi Lrp5-deficitari si normalizzava la formazione del tessuto osseo, e che con l'inattivazione di Lrp5 intestino-specifico ma non osso-specifico si riduceva la neoformazione. Inoltre in femmine di topo con asportazione delle ovaie, situazione che simula il calo ormonale della menopausa, l'attivazione di Lrp5 intestino-specifico, o l'inattivazione di Tph1 aumentavano la massa ossea e prevenivano la perdita del tessuto. In altri termini accendendo o spegnendo come un interruttore la produzione di serotonina nell'intestino si poteva controllare la produzione di tessuto osseo: spegnendo il rilascio intestinale del neurotrasmettitore si preveniva nell'animale l'osteoporosi, la serotonina agisce cioè come inibitore della formazione di osso. E, come visto, spegnendo il neurotrasmettitore nelle ossa non c'era effetto; le due malattie genetiche si dovrebbero quindi considerare più di origine intestinale che ossea. Questo rimanda anche alla questione degli antidepressivi SSRI, anche se siamo ancora a ricerche sull'animale ed è tutto da stabilire un loro eventuale coinvolgimento in questo meccanismo suggerito sperimentalmente. Lo stesso vale per l'osteoporosi umana; se si trovassero riscontri si potrebbe pensare per ipotesi a sostanze inibitrici della serotonina intestinale per aumentare la massa ossea.
Viviana Zanardi
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