20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Claudicatio intemittens
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E' una delle non molte malattie ancora chiamate in latino: claudicatio intermittens, ovvero zoppia intermittente. In altre parole si tratta di una manifestazione dolorosa, solitamente localizzata al polpaccio, che compare dopo un certo periodo che si cammina, ed è per questo che l'altra denominazione, meno scientifica, è malattia delle vetrine. Potrebbe somigliare all'effetto delle varici o di una flebite, ma in questo caso le vene non c'entrano: sono in gioco le arterie, e va detto subito che nella stragrande maggioranza dei casi è dovuta all'aterosclerosi, cioè alla formazione della placca aterosclerotica sulla parete dell'arteria. Placca che, in tempi più o meno lunghi, conduce all'ostruzione del vaso. Di conseguenza, la claudicatio intermittens, salvo casi abbastanza limitati, è sempre indizio di una situazione di sofferenza più complessiva delle arterie.
La diagnosi di questo disturbo è prevalentemente clinica, si basa cioè sulla storia del paziente e l'analisi dei sintomi. La principale manifestazione è un dolore al polpaccio, e meno frequentemente alla coscia e al gluteo, che si acuisce con l'esercizio e si attenua col riposo; la sensazione può essere simile a quella di un crampo e può accompagnarsi a un'impressione di debolezza della gamba. A volte ci sono spasmi e la comparsa dei sintomi è tanto più rapida quanto più intenso è lo sforzo. Sforzo che è comunque necessario: se il dolore compare semplicemente perché si resta in piedi è più probabile che si tratti di un problema venoso. Un altro elemento che consente di distinguere la claudicatio intermittens da altri disturbi muscoloscheletrici o neurologici è la rapida scomparsa dei sintomi se si interrompe l'esercizio: in linea di massima un minuto.
Di indagini strumentali non c'è quindi una grande necessità, se non a scopo di conferma, soprattutto nella localizzazione. Il test più vecchio, ma comunque affidabilissimo , è il rapporto tra la pressione arteriosa massima misurata alla caviglia e quella misurata al braccio Se il valore è uguale o superiore a 0,95, la circolazione arteriosa alle estremità è normale, se è inferiore è probabile l'ostruzione. Più recentemente per valutare il flusso arterioso si è ricorsi anche a tecniche radiologiche con mezzo di contrasto come l'arteriografia oppure, grazie a sostanze traccianti, anche alla visualizzazione delle arterie durante il movimento.
Il dolore insorge perché il muscolo, non più adeguatamente ossigenato e nutrito dal flusso arterioso (compromesso più o meno gravemente dall'ostruzione) accumula sostanze tossiche, in pratica lo stesso meccanismo che conduce ai crampi da fatica ma enormemente accelerato. A seconda della localizzazione del dolore è possibile stabilire quale arteria o segmento sono compromessi:
La terapia
Date le premesse, la cura della claudicatio intermittens è la stessa che si attua nei pazienti che hanno una forte probabilità di infarto o ictus: niente fumo, riduzione dei grassi alimentari, terapia con farmaci antitrombotici (dall'aspirina a basso dosaggio in su). Non va comunque trascurato il ruolo della terapia fisica riabilitativa. Infatti, la revisione degli studi pubblicati al riguardo conferma che un buon programma di esercizio, meglio sotto la guida di uno specialista, è in grado rallentare la comparsa dei sintomi e di attenuarli. In media, la capacità di camminare aumenta del 150%, e si hanno miglioramenti significativi anche a confronto con la terapia antiaggregante e la chirurgia. Quest'ultima viene di norma riservata ai casi più gravi. Inizialmente si trattava di veri e propri interventi chirurgici di by-pass dell'arteria compromessa, mentre ora si ricorre più spesso all'angioplastica percutanea. E' lo stesso intervento che si attua sulle coronarie, e consiste nell'inserire attraverso la pelle una piccola sonda dilatabile (palloncino) così da ripristinare il flusso nel vaso. Recenti studi sembrano dimostrare che ancora più efficace è l'applicazione di uno stent. Lo stent è una sorta di manicotto che si posizione dopo aver dilatato l'arteria con la sonda, e che impedisce al vaso di richiudersi.
Maurizio Imperiali
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Sintomi, diagnosi
La diagnosi di questo disturbo è prevalentemente clinica, si basa cioè sulla storia del paziente e l'analisi dei sintomi. La principale manifestazione è un dolore al polpaccio, e meno frequentemente alla coscia e al gluteo, che si acuisce con l'esercizio e si attenua col riposo; la sensazione può essere simile a quella di un crampo e può accompagnarsi a un'impressione di debolezza della gamba. A volte ci sono spasmi e la comparsa dei sintomi è tanto più rapida quanto più intenso è lo sforzo. Sforzo che è comunque necessario: se il dolore compare semplicemente perché si resta in piedi è più probabile che si tratti di un problema venoso. Un altro elemento che consente di distinguere la claudicatio intermittens da altri disturbi muscoloscheletrici o neurologici è la rapida scomparsa dei sintomi se si interrompe l'esercizio: in linea di massima un minuto.
Di indagini strumentali non c'è quindi una grande necessità, se non a scopo di conferma, soprattutto nella localizzazione. Il test più vecchio, ma comunque affidabilissimo , è il rapporto tra la pressione arteriosa massima misurata alla caviglia e quella misurata al braccio Se il valore è uguale o superiore a 0,95, la circolazione arteriosa alle estremità è normale, se è inferiore è probabile l'ostruzione. Più recentemente per valutare il flusso arterioso si è ricorsi anche a tecniche radiologiche con mezzo di contrasto come l'arteriografia oppure, grazie a sostanze traccianti, anche alla visualizzazione delle arterie durante il movimento.
Le cause
Il dolore insorge perché il muscolo, non più adeguatamente ossigenato e nutrito dal flusso arterioso (compromesso più o meno gravemente dall'ostruzione) accumula sostanze tossiche, in pratica lo stesso meccanismo che conduce ai crampi da fatica ma enormemente accelerato. A seconda della localizzazione del dolore è possibile stabilire quale arteria o segmento sono compromessi:
- Dolore al piede: ostruzione del segmento dell'arteria femorale superficiale che corre lungo la tibia
- Dolore al polpaccio: ostruzione dell'arteria femorale superficiale
- Dolore alla coscia: ostruzione del tratto ileo femorale (zona del bacino)
- Dolore al fianco o alla natica: probabile ostruzione dell'aorta inferiore o dei tratti iliaci
La terapia
Date le premesse, la cura della claudicatio intermittens è la stessa che si attua nei pazienti che hanno una forte probabilità di infarto o ictus: niente fumo, riduzione dei grassi alimentari, terapia con farmaci antitrombotici (dall'aspirina a basso dosaggio in su). Non va comunque trascurato il ruolo della terapia fisica riabilitativa. Infatti, la revisione degli studi pubblicati al riguardo conferma che un buon programma di esercizio, meglio sotto la guida di uno specialista, è in grado rallentare la comparsa dei sintomi e di attenuarli. In media, la capacità di camminare aumenta del 150%, e si hanno miglioramenti significativi anche a confronto con la terapia antiaggregante e la chirurgia. Quest'ultima viene di norma riservata ai casi più gravi. Inizialmente si trattava di veri e propri interventi chirurgici di by-pass dell'arteria compromessa, mentre ora si ricorre più spesso all'angioplastica percutanea. E' lo stesso intervento che si attua sulle coronarie, e consiste nell'inserire attraverso la pelle una piccola sonda dilatabile (palloncino) così da ripristinare il flusso nel vaso. Recenti studi sembrano dimostrare che ancora più efficace è l'applicazione di uno stent. Lo stent è una sorta di manicotto che si posizione dopo aver dilatato l'arteria con la sonda, e che impedisce al vaso di richiudersi.
Maurizio Imperiali
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