Dov'è oggi l'emergenza AIDS?

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Dov'è oggi l'emergenza AIDS?



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Di AIDS si muore sempre meno, è vero, ma questo non significa che il problema sia stato debellato, anzi. Lo ha confermato il convegno internazionale "AIDS e lavoro: sfide e risorse" tenutosi a Milano il 31 maggio e organizzato da Lila CEDIUS e CGIL Lombardia. I numeri del resto sono inequivocabili. La mortalità è passata dal 91,4% del 1991 al 9,8% nel 2001, stime incoraggianti che mettono in evidenza come la malattia abbia perso la caratteristica di patologia ad andamento irreversibile. D'altro canto, però, sono circa 37 milioni le persone sieropositive in età adulta e si profilano così nuovi problemi all'orizzonte. Se prima, infatti, la lotta era per la sopravvivenza ora emergono nuovi bisogni: affettivi, di integrazione sociale, familiari.

Un nuovo scenario


Come ha sottolineato Claudia Sala, Responsabile Area Ricerca & Sviluppo di Lila Cedius, sono diversi i fattori intervenuti a modificare il quadro dell'AIDS. Innanzitutto il progresso farmacologico e poi il fatto che le vittime del virus non siano più prevalentemente costituite da individui socialmente marginali. Una delle questioni principali indotte dalla sopravvivenza a lungo termine perciò è l'inserimento o il reinserimento lavorativo o il mantenimento di un lavoro, componenti importanti sia relativamente alla ricostruzione di progetti di vita, sia ai percorsi di reintegrazione sociale delle persone con HIV/AIDS. Stando alle indagini effettuate, la paura del contagio e della convivenza con una persona sieropositiva da parte del datore di lavoro e dei colleghi appare pressoché immutata per effetto sia del persistere del pregiudizio sia del basso livello informativo a proposito del virus. Non solo. Per il datore di lavoro si aggiunge anche il timore di aggravare i costi e di compromettere l'efficienza dell'azienda oltre alle difficoltà a gestire i rapporti tra il lavoratore e gli altri dipendenti. Inoltre le persone ammalate di AIDS, perlomeno in Italia, sommano agli oggettivi handicap fisici una serie di handicap ulteriori che vanno dall'inesperienza lavorativa alla scarsa qualificazione professionale, oltre a una minore capacità di contrattazione nei confronti del datore di lavoro e degli stessi servizi. Le richieste che le persone sieropositive pongono alle associazioni e agli operatori socio-sanitari in merito alla tematica del lavoro non si limitano al semplice supporto all'individuazione di un'occupazione. Nella maggior parte dei casi risulta fondamentale la fase di costruzione dell'autostima e della fiducia in sé.

Quali gli aspetti critici


Secondo i dati presentati al convegno milanese gli aspetti maggiormente critici nell'ambiente di lavoro riguardano:
  • la tutela della salute e il cambio di mansione
  • la compatibilità tra il regime terapeutico e lo svolgimento dell'attività lavorativa
  • la tutela della privacy

Cambio di mansione

Molti lavoratori ammalati di AIDS pur mantenendo la propria capacità di svolgere un'attività lavorativa, richiedono di essere assegnati a mansione differente per incompatibilità con la tutela dello stato di salute e per incapacità a sopportarne i ritmi

Compatibilità tra regime terapeutico e lavoro

Il problema è stato posto dalle nuove terapie farmacologiche. Si tratta di medicine da assumere in modo molto rigido sia nei tempi sia nei modi. Scatta così facilmente un'incompatibilità coi tempi e i modi del lavoro. Può succedere cioè che la pausa pranzo non coincida coi tempi imposti dal regime terapeutico. In più si pone il problema degli effetti collaterali della terapia con le implicazioni non solo fisiche ma spesso anche psicologiche.

Tutela della privacy

La tutela della privacy chiama in causa i possibili controlli effettuati dal datore di lavoro per accertare le condizioni di salute del lavoratore. Una legge, la 675/96, ha rafforzato i meccanismi di tutela della privacy, rivalutando la centralità del principio di autonomia della persona. Ciò nonostante il rischio di accertamenti sanitari illegittimi ed ingiustificati rimane e non solo in via teorica. Si tratta di una questione cruciale sia in tema di preservazione della sfera privata e personale dell'individuo sia per la discriminazione che ne può derivare.

E nel resto d'Europa

Per quanto riguarda le politiche di protezione sociale e l'attività lavorativa per le persone sieropositive si distinguono due scenari: uno riguarda i paesi del Nord, l'altro i paesi del Sud. Se, per esempio, in Inghilterra le persone affette da AIDS preferiscono non entrare nel mondo del lavoro, visto che i proventi derivanti dal sussidio di invalidità costituiscono un'entrata certa e assai più rassicurante di un reingresso nel mondo del lavoro, in Italia, al contrario, i sussidi di invalidità per i sieropositivi a mala pena arrivano ai 200 Euro al mese. In più risultano carenti sia gli strumenti legislativi e operativi sia la soddisfazione dei bisogni formativi. Le molte problematiche comuni, al di là delle differenze di area geografica, hanno, comunque, portato alla definizione di un progetto comune europeo ribattezzato "Back to Work" in cui rientra anche il convegno milanese.

Come ridurre gli ostacoli?

Due i livelli prioritari di intervento individuati da Claudia Sala: uno giuridico-politico, l'altro più propriamente operativo. Dal punto di vista giuridico si rende necessaria la proposta di una modifica della normativa in materia di lavoro, al fine di una più ampia garanzia e di una applicazione più flessibile, la magica flessibilità ma quella vera, a favore dei lavoratori disabili, in modo da estenderne la tutela e rendere le aziende più duttili. Dal punto di vista operativo si auspica l'applicazione di una metodologia di lavoro sinergica ed in rete tra le associazioni di settore, i servizi e le aziende che abitano un dato territorio. Un tentativo degno di nota in questo senso è quello portato avanti dal progetto MATCH nella zona di Milano, presentato, nel corso del convegno, da Claudio Messori, responsabile del Servizio per l'Occupazione dei Disabili. Si tratta cioè di una azione di mediazione, svolta dalle associazioni di settore con le imprese, con un occhio di riguardo alla dimensione psicologica dei soggetti deboli.

Marco Malagutti



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