20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus
Diagnosi e chirurgia
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Quando si parla di diagnosi dell'ulcera si parla ormai di endoscopia, e lo stesso vale per la terapia chirurgica. Quindi la radiografia da una parte e il bisturi tradizionale dall'altra hanno dovuto cedere il passo.
Grazie a questa metodica, che nel caso dello stomaco è battezzata gastroscopia, è possibile valutare approfonditamente lo stato della mucosa, in quanto non solo è possibile visualizzare l'eventuale ulcera che, se di una certa entità, era visibile anche nella lastra, ma di scorgere anche semplicemente i segni iniziali, le piccole emorragie e le alterazioni dell'epitelio indicative, per esempio di una gastrite.
L'esame endoscopico, però, risulta ancora più utile e risolutivo se associato al prelievo di un campione della mucosa gastrica (attuato con l'ausilio di una piccola pinza abbinata all'endoscopio) ciò permette di ottenere, oltre ad una diagnosi attendibile dell'eventuale presenza di H. Pylori, una valutazione ancora più approfondita della mucosa gastrica.
Direttamente nella sala endoscopica, infatti, può essere effettuato il Test dell'ureasi: il campione prelevato viene posto in un brodo o gel contenente urea (composto chimico che si forma nel fegato) ed un indicatore di pH. Questo test permette l'individuazione dell'eventuale presenza dell'H. Pylori, con una sensibilità (capacità di individuare quel che si sta cercando) che varia dall'80% al 100% e con una specificità (n° di risultati veri negativi/n° risultati veri negativi + n° di risultati falsi positivi) dal 95% al 100%. Il vantaggio del test dell'ureasi è rappresentato dalla rapidità; il suo lato negativo, invece, è di poter scoprire solo la presenza o l'assenza del batterio, ma non la sua quantità, ed è per questo che non può mai sostituire altre metodiche, ma solo accompagnarle.
Altro metodo diagnostico è la coltura microbiologica: alcune biopsie gastriche vengono poste in terreni di coltura per favorire la crescita di H. Pylori. Questa tecnica, però, è poco utilizzata perché più lunga e difficile.
L'endoscopia digestiva suscita ancora apprensioni nel paziente, che solo all'idea della sonda si irrigidisce e "suda freddo". Oggi, tuttavia, l'introduzione di tecniche di anestesia ad hoc permette di azzerare completamente il fastidio provocato dagli esami endoscopici, consentendone l'esecuzione del test in regime ambulatoriale (senza ricovero). Inoltre, come già visto sopra, l'endoscopia permette di eseguire biopsie nel corso dell'esame ed è maggiormente affidabile per la scoperta dei crateri (alterazioni alle pareti del duodeno) e per l'identificazione di ulcere gastriche maligne. Tutto questo fa dell'esame endoscopico il metodo di prima scelta nella diagnosi dell'ulcera. Statisticamente, l'esame endoscopico permette di dimostrare la presenza di una lesione organica in più del 50% dei pazienti con sintomatologia dispeptica (difficoltà digestiva).
Una volta effettuato l'accertamento diagnostico (in base ai dati di laboratorio e/o al lavoro del gastroenterologo), si può passare alla terapia, che consiste nella rimozione di eventuali fattori predisponenti (attività di prevenzione del disturbo) e dei fattori causali (in questo caso, è di fondamentale importanza l'accertamento della presenza o meno dell'H. Pylori).
Solo in alcuni casi particolari gli esperti possono ritenere necessaria l'attuazione di tecniche chirurgiche, tra le quali l'endoscopia si trova ancora una volta al primo posto. In caso di emorragie che non regrediscono da sole, infatti, si ricorre all'intervento dell'endoscopia per mezzo di sonda riscaldata, elettrocauterio bipolare, laser fotocoagulante (tutti attrezzi che hanno lo scopo di "sigillare" la perforazione) o tramite l'iniezione di vasocostrittori o sostanze sclerosanti, le stesse utilizzate per "chiudere" le vene varicose ed emorroidi fibrose non complicate.
In altri casi (quelli più seri e rischiosi) il chirurgo può decidere di attuare l'intervento "a cielo aperto", e cioè quando: vi è la profonda perforazione di uno o più organi, vi sono emorragie gravi non ben controllabili o che si ripetono con frequenza e, infine, in presenza di sospetta ulcera gastrica con segni che possono far pensare a un tumore.
La vagotomia, (resezione del nervo vago) oggi quasi del tutto abbandonata, indicata per le ulcere duodenali. Il principio è quello di favorire la guarigione dell'ulcera mediante una marcata riduzione dell'ipersecrezione acida. In pratica, il chirurgo taglia il nervo vago, che regola la mobilità dei visceri, riducendo così "l'iper-lavoro" da parte dello stomaco (che porta, infatti, all'iper-secrezione di acido).
La resezione gastro-duodenale, con la quale si "taglia" letteralmente parte dello stomaco e del duodeno poiché le terapie farmacologiche non hanno dato alcun effetto. E' sicuramente l'intervento più estremo, ormai effettuato solo in casi particolari.
Questi interventi chirurgici, naturalmente, sono molto demolitivi, e non sono privi di conseguenze, per esempio:
dumpyng syndrome, caratterizzata da nausea, diarrea, ipotensione, tachicardia e sudorazione subito dopo aver mangiato;
distensione epigastrica e senso di pienezza dovuti alla difficoltà di svuotamento da parte dello stomaco;
perdita di peso e malassorbimento, a causa del riadattamento dell'organismo a seguito dell'intervento chirurgico.
Non è però il caso di allarmarsi: soluzioni così estreme sono sempre più rare e, con il diffondersi di terapie farmacologiche di grande efficacia, lo saranno sempre di più.
Annapaola Medina
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...e inoltre su Dica33:
Grazie a questa metodica, che nel caso dello stomaco è battezzata gastroscopia, è possibile valutare approfonditamente lo stato della mucosa, in quanto non solo è possibile visualizzare l'eventuale ulcera che, se di una certa entità, era visibile anche nella lastra, ma di scorgere anche semplicemente i segni iniziali, le piccole emorragie e le alterazioni dell'epitelio indicative, per esempio di una gastrite.
L'esame endoscopico, però, risulta ancora più utile e risolutivo se associato al prelievo di un campione della mucosa gastrica (attuato con l'ausilio di una piccola pinza abbinata all'endoscopio) ciò permette di ottenere, oltre ad una diagnosi attendibile dell'eventuale presenza di H. Pylori, una valutazione ancora più approfondita della mucosa gastrica.
Direttamente nella sala endoscopica, infatti, può essere effettuato il Test dell'ureasi: il campione prelevato viene posto in un brodo o gel contenente urea (composto chimico che si forma nel fegato) ed un indicatore di pH. Questo test permette l'individuazione dell'eventuale presenza dell'H. Pylori, con una sensibilità (capacità di individuare quel che si sta cercando) che varia dall'80% al 100% e con una specificità (n° di risultati veri negativi/n° risultati veri negativi + n° di risultati falsi positivi) dal 95% al 100%. Il vantaggio del test dell'ureasi è rappresentato dalla rapidità; il suo lato negativo, invece, è di poter scoprire solo la presenza o l'assenza del batterio, ma non la sua quantità, ed è per questo che non può mai sostituire altre metodiche, ma solo accompagnarle.
Altro metodo diagnostico è la coltura microbiologica: alcune biopsie gastriche vengono poste in terreni di coltura per favorire la crescita di H. Pylori. Questa tecnica, però, è poco utilizzata perché più lunga e difficile.
L'endoscopia digestiva suscita ancora apprensioni nel paziente, che solo all'idea della sonda si irrigidisce e "suda freddo". Oggi, tuttavia, l'introduzione di tecniche di anestesia ad hoc permette di azzerare completamente il fastidio provocato dagli esami endoscopici, consentendone l'esecuzione del test in regime ambulatoriale (senza ricovero). Inoltre, come già visto sopra, l'endoscopia permette di eseguire biopsie nel corso dell'esame ed è maggiormente affidabile per la scoperta dei crateri (alterazioni alle pareti del duodeno) e per l'identificazione di ulcere gastriche maligne. Tutto questo fa dell'esame endoscopico il metodo di prima scelta nella diagnosi dell'ulcera. Statisticamente, l'esame endoscopico permette di dimostrare la presenza di una lesione organica in più del 50% dei pazienti con sintomatologia dispeptica (difficoltà digestiva).
Una volta effettuato l'accertamento diagnostico (in base ai dati di laboratorio e/o al lavoro del gastroenterologo), si può passare alla terapia, che consiste nella rimozione di eventuali fattori predisponenti (attività di prevenzione del disturbo) e dei fattori causali (in questo caso, è di fondamentale importanza l'accertamento della presenza o meno dell'H. Pylori).
Solo in alcuni casi particolari gli esperti possono ritenere necessaria l'attuazione di tecniche chirurgiche, tra le quali l'endoscopia si trova ancora una volta al primo posto. In caso di emorragie che non regrediscono da sole, infatti, si ricorre all'intervento dell'endoscopia per mezzo di sonda riscaldata, elettrocauterio bipolare, laser fotocoagulante (tutti attrezzi che hanno lo scopo di "sigillare" la perforazione) o tramite l'iniezione di vasocostrittori o sostanze sclerosanti, le stesse utilizzate per "chiudere" le vene varicose ed emorroidi fibrose non complicate.
In altri casi (quelli più seri e rischiosi) il chirurgo può decidere di attuare l'intervento "a cielo aperto", e cioè quando: vi è la profonda perforazione di uno o più organi, vi sono emorragie gravi non ben controllabili o che si ripetono con frequenza e, infine, in presenza di sospetta ulcera gastrica con segni che possono far pensare a un tumore.
Gli interventi più importanti sono:
La vagotomia, (resezione del nervo vago) oggi quasi del tutto abbandonata, indicata per le ulcere duodenali. Il principio è quello di favorire la guarigione dell'ulcera mediante una marcata riduzione dell'ipersecrezione acida. In pratica, il chirurgo taglia il nervo vago, che regola la mobilità dei visceri, riducendo così "l'iper-lavoro" da parte dello stomaco (che porta, infatti, all'iper-secrezione di acido).
La resezione gastro-duodenale, con la quale si "taglia" letteralmente parte dello stomaco e del duodeno poiché le terapie farmacologiche non hanno dato alcun effetto. E' sicuramente l'intervento più estremo, ormai effettuato solo in casi particolari.
Questi interventi chirurgici, naturalmente, sono molto demolitivi, e non sono privi di conseguenze, per esempio:
dumpyng syndrome, caratterizzata da nausea, diarrea, ipotensione, tachicardia e sudorazione subito dopo aver mangiato;
distensione epigastrica e senso di pienezza dovuti alla difficoltà di svuotamento da parte dello stomaco;
perdita di peso e malassorbimento, a causa del riadattamento dell'organismo a seguito dell'intervento chirurgico.
Non è però il caso di allarmarsi: soluzioni così estreme sono sempre più rare e, con il diffondersi di terapie farmacologiche di grande efficacia, lo saranno sempre di più.
Annapaola Medina
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