Xeloda 60 compresse rivestite con film 150 mg

18 novembre 2024
Farmaci - Xeloda

Xeloda 60 compresse rivestite con film 150 mg


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Xeloda 60 compresse rivestite con film 150 mg è un medicinale dispensabile al pubblico con ricetta medica lim. da rinnovare di volta in volta rilasciata da centri osp.o da specialista internista, oncologo, radioterapista (classe A), a base di capecitabina, appartenente al gruppo terapeutico Antineoplastici antimetaboliti. E' commercializzato in Italia da AVAS Pharmaceuticals S.r.l.


INDICE SCHEDA



INFORMAZIONI GENERALI


TITOLARE:

Cheplapharm Arzneimittel GmbH

CONCESSIONARIO:

AVAS Pharmaceuticals S.r.l.

MARCHIO

Xeloda

CONFEZIONE

60 compresse rivestite con film 150 mg

FORMA FARMACEUTICA
compresse rivestite

PRINCIPIO ATTIVO
capecitabina

GRUPPO TERAPEUTICO
Antineoplastici antimetaboliti

CLASSE
A

RICETTA
medicinale dispensabile al pubblico con ricetta medica lim. da rinnovare di volta in volta rilasciata da centri osp.o da specialista internista, oncologo, radioterapista

PREZZO
80,34 €


CONFEZIONI DISPONIBILI IN COMMERCIO


Confezioni e formulazioni di Xeloda disponibili in commercio:


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INDICAZIONI TERAPEUTICHE


A cosa serve Xeloda? Perchè si usa?


Xeloda è indicato:
  • per la terapia adiuvante nei pazienti sottoposti a chirurgia per carcinoma del colon di stadio III (Dukes C) (vedere paragrafo 5.1).
  • per il trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico (vedere paragrafo 5.1).
  • per il trattamento di prima linea del carcinoma gastrico avanzato in associazione a un regime a base di platino (vedere paragrafo 5.1).
  • in associazione a docetaxel (vedere paragrafo 5.1) per il trattamento di pazienti con carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico dopo fallimento della chemioterapia citotossica. La precedente terapia deve avere incluso un'antraciclina.
  • come monoterapia per il trattamento di pazienti con carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico dopo fallimento di un regime chemioterapico contenente taxani e un'antraciclina o per i quali non è indicata un'ulteriore terapia con antracicline.


CONTROINDICAZIONI


Quando non dev'essere usato Xeloda?


  • Anamnesi di reazioni gravi o inattese alla terapia con fluoropirimidine.
  • Ipersensibilità alla capecitabina o ad uno qualsiasi degli eccipienti o al fluorouracile.
  • Deficit totale noto di diidropirimidina deidrogenasi (DPD) (vedere paragrafo 4.4).
  • Durante la gravidanza e l'allattamento.
  • Nei pazienti affetti da forme gravi di leucopenia, neutropenia o trombocitopenia.
  • Nei pazienti con grave compromissione della funzione epatica.
  • Nei pazienti con grave compromissione della funzione renale (clearance della creatinina inferiore a 30 mL/min).
  • Trattamento recente o concomitante con brivudina (vedere paragrafi 4.4 e 4.5 per le interazioni farmacologiche).
  • Se esistono controindicazioni ad uno qualsiasi dei medicinali nel regime di associazione, tale medicinale non deve essere utilizzato.


AVVERTENZE E PRECAUZIONI D'USO


Cosa serve sapere prima di prendere Xeloda?


Tossicità limitanti la dose

Le tossicità che limitano la dose comprendono diarrea, dolore addominale, nausea, stomatite e sindrome mano-piede (reazione cutanea mano-piede, eritrodisestesia palmo-plantare). La maggior parte delle reazioni avverse è reversibile e non necessita di interruzione permanente della terapia, anche se può rendersi necessaria una sospensione o riduzione dei dosaggi.

Diarrea

I pazienti con diarrea grave devono essere attentamente monitorati e, in caso di disidratazione, devono essere loro somministrati liquidi ed elettroliti. Possono essere somministrati trattamenti antidiarroici standard (ad es. loperamide). Per diarrea di grado 2 secondo i Criteri Comuni di Tossicità del NCIC si intende un incremento da 4 a 6 scariche al giorno o scariche notturne, per diarrea di grado 3 un incremento da 7 a 9 scariche al giorno o incontinenza e malassorbimento, e per diarrea di grado 4 un incremento ≥10 scariche al giorno o diarrea molto emorragica o necessità di supporto parenterale. Se necessario si deve effettuare una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2).

Disidratazione

La disidratazione deve essere prevenuta o corretta quando insorge. I pazienti con anoressia, astenia, nausea, vomito o diarrea possono rapidamente andare incontro a disidratazione. La disidratazione può causare insufficienza renale acuta, specialmente in pazienti con una preesistente compromissione della funzionalità renale o quando la capecitabina viene somministrata in associazione a medicinali nefrotossici noti. L'insufficienza renale acuta secondaria a disidratazione potrebbe essere potenzialmente fatale. Se si verifica disidratazione di grado 2 (o superiore), il trattamento con capecitabina deve essere immediatamente interrotto e la disidratazione corretta. Il trattamento non deve essere ripreso finché il paziente non è stato reidratato e ogni causa precipitante corretta o controllata. Modifiche della dose devono essere effettuate per l'evento avverso precipitante secondo necessità (vedere paragrafo 4.2).

Sindrome mano-piede

Sindrome mano-piede (nota anche come reazione cutanea mano-piede o eritrodisestesia palmo- plantare o eritema delle estremità indotto da chemioterapia). La sindrome mano-piede di grado 1 è definita come intorpidimento, disestesia/parestesia, formicolio, edema o eritema indolori delle mani e/o dei piedi e/o fastidio che non impedisce il normale svolgimento delle attività del paziente.

La sindrome mano-piede di grado 2 è definita come eritema ed edema dolorosi alle mani e/o ai piedi e/o fastidio che influisce sullo svolgimento delle attività quotidiane del paziente.

La sindrome mano-piede di grado 3 è definita come desquamazione umida, ulcerazione, formazione di vesciche e forti dolori alle mani e/o ai piedi e/o grave fastidio che rende impossibile l'attività lavorativa del paziente o lo svolgimento delle attività quotidiane. Una persistente o severa sindrome mano-piede (Grado 2 o superiore) può portare alla perdita delle impronte digitali che può incidere nell'identificazione del paziente. Se dovesse verificarsi sindrome mano-piede di grado 2 o 3, sospendere la somministrazione di capecitabina fino alla risoluzione o alla riduzione dell'intensità dei sintomi al grado 1. A seguito della manifestazione della sindrome mano-piede di grado 3, le dosi successive di capecitabina devono essere diminuite. Quando capecitabina e cisplatino sono utilizzati in associazione, non è raccomandato l'uso della vitamina B6 (piridoxina) per il trattamento sintomatico o di profilassi secondaria della sindrome mano-piede, in quanto casi pubblicati hanno dimostrato che può ridurre l'efficacia di cisplatino. Ci sono alcune evidenze che dexpantenolo è efficace per la profilassi della sindrome mano-piede in pazienti trattati con Xeloda.

Cardiotossicità

La terapia con fluoropirimidine è stata associata a cardiotossicità, comprendente infarto del miocardio, angina, aritmia, shock cardiogeno, morte improvvisa e alterazioni elettrocardiografiche (inclusi casi molto rari di prolungamento dell'intervallo QT). Tali reazioni avverse possono verificarsi più comunemente nei pazienti con precedente anamnesi di coronaropatia. In pazienti che assumevano capecitabina sono stati segnalati aritmia cardiaca (comprendente fibrillazione ventricolare, torsione di punta e bradicardia), angina pectoris, infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e cardiomiopatia. In caso di pazienti con anamnesi di cardiopatia, aritmia e angina pectoris significative occorre prestare particolare cautela (vedere paragrafo 4.8).

Ipo- o ipercalcemia

Durante il trattamento con capecitabina sono stati segnalati casi di ipo- o ipercalcemia. In caso di pazienti con pre-esistente storia di ipo- o ipercalcemia occorre prestare particolare cautela (vedere paragrafo 4.8).

Malattie del sistema nervoso centrale o periferico

I pazienti affetti da malattie del sistema nervoso centrale o periferico, per esempio metastasi cerebrale o neuropatia, devono essere considerati con cautela (vedere paragrafo 4.8).

Diabete mellito o disturbi elettrolitici

I pazienti affetti da diabete mellito o disturbi elettrolitici, vista la possibilità di aggravamento durante il trattamento con capecitabina, devono essere considerati con cautela.

Anticoagulanti cumarino-derivati

In uno studio sull'interazione con la somministrazione di una singola dose di warfarin, si è registrato un significativo incremento dell'AUC media (+57%) di S-warfarin. Questi dati suggeriscono un'interazione, probabilmente dovuta all'inibizione dell'isoenzima 2C9 del citocromo P450 da parte della capecitabina. I pazienti che assumono anticoagulanti orali cumarino-derivati insieme a capecitabina devono essere monitorati regolarmente per l'eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (INR o tempo di protrombina) e la dose degli anticoagulanti deve essere aggiustata di conseguenza (vedere paragrafo 4.5).

Brivudina

Brivudina non deve essere somministrata in concomitanza con capecitabina. A seguito di questa interazione tra farmaci sono stati segnalati casi fatali. È necessario attendere almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con brivudina e l'inizio della terapia con capecitabina. Il trattamento con brivudina può essere iniziato 24 ore dopo l'ultima dose di capecitabina (vedere paragrafi 4.3 e 4.5). In caso di somministrazione accidentale di brivudina ai pazienti in trattamento con capecitabina, misure efficaci per ridurre la tossicità di capecitabina devono essere adottate. Si raccomanda il ricovero immediato in ospedale. È necessario istituire tutte le misure opportune a prevenire infezioni sistemiche e disidratazione.

Compromissione della funzione epatica

In assenza di dati sulla sicurezza e l'efficacia in pazienti con compromissione della funzione epatica, l'utilizzo di capecitabina deve essere attentamente monitorato in pazienti con disfunzione epatica da lieve a moderata, indipendentemente dalla presenza o dall'assenza di metastasi del fegato. La somministrazione di capecitabina deve essere interrotta se si verificano aumenti della bilirubina, correlati al trattamento, maggiori di 3,0 x LSN o aumenti delle aminotransferasi epatiche (ALT, AST), correlati al trattamento, maggiori di 2,5 x LSN. Il trattamento con capecitabina in monoterapia può essere ripreso quando la bilirubina si riduce a £3,0 x LSN o le aminotransferasi epatiche si riducono

a £2,5 x LSN.

Compromissione della funzione renale

L'incidenza di reazioni avverse di grado 3 o 4 in pazienti affetti da moderata compromissione della funzione renale (clearance della creatinina pari a 30-50 mL/min) è maggiore rispetto alla popolazione globale (vedere paragrafi 4.2 e 4.3).

Deficit di diidropirimidina deidrogenasi (DPD):

L'attività della DPD è limitante la velocità nel catabolismo del 5-fluorouracile (vedere paragrafo 5.2). I pazienti con deficit di DPD sono pertanto a maggior rischio di tossicità correlata alle fluoropirimidine, incluse per esempio stomatite, diarrea, mucosite, neutropenia e neurotossicità.

La tossicità correlata al deficit di DPD generalmente si manifesta durante il primo ciclo di trattamento o dopo l'aumento della dose.

Deficit completo di DPD

Il deficit completo di DPD è raro (0,01-0,5% dei caucasici). I pazienti con deficit completo di DPD sono ad alto rischio di tossicità in grado di mettere in pericolo la vita o essere fatali e non devono essere trattati con Xeloda (vedere paragrafo 4.3).

Deficit parziale di DPD

Si stima che il deficit parziale di DPD colpisca il 3-9% della popolazione caucasica. I pazienti con deficit parziale di DPD sono a maggior rischio di tossicità severa e in grado di mettere in pericolo la vita. Deve essere presa in considerazione una dose iniziale ridotta per limitare questa tossicità. Il deficit di DPD deve essere considerato un parametro di cui tenere conto insieme ad altre misure di routine per la riduzione della dose. La riduzione della dose iniziale può influire sull'efficacia del trattamento. In assenza di tossicità grave, le dosi successive possono essere aumentate con un attento monitoraggio.

Analisi di determinazione del deficit di DPD

Prima dell'inizio del trattamento con Xeloda si raccomanda l'analisi per la determinazione del fenotipo e/o del genotipo, nonostante le incertezze relative alle metodologie ottimali di analisi. Occorre prendere in considerazione le linee guida cliniche applicabili.

Caratterizzazione genotipica del deficit di DPD

L'analisi pre-trattamento della determinazione di mutazioni rare del gene DPYD può identificare i pazienti con deficit di DPD.

Le quattro varianti di DPYD c.1905+1G>A [detta anche DPYD*2A], c.1679T>G [DPYD*13], c.2846A>T e c.1236G>A/HapB3 possono causare un'assenza completa o la riduzione dell'attività enzimatica della DPD. Altre varianti rare potrebbero essere altresì associate a un maggior rischio di tossicità severa o in grado di mettere in pericolo la vita.

Certe mutazioni omozigoti o eterozigoti composte del locus genico DPYD (per es. combinazioni delle quattro varianti con almeno un allele di c.1905+1G>A o c.1679T>G) causano l'assenza completa o quasi completa dell'attività enzimatica della DPD.

I pazienti con alcune varianti eterozigoti di DPYD (incluse le varianti c.1905+1G>A, c.1679T>G, c.2846A>T e c.1236G>A/HapB3) hanno un maggior rischio di tossicità severa quando trattati con fluoropirimidine.

La frequenza del genotipo eterozigote c.1905+1G>A nel gene DPYD nei pazienti caucasici è di circa 1%, 1,1% per la variante c.2846A>T, 2,6-6,3% per la variante c.1236G>A/HapB3 e 0,07-0,1% per la variante c.1679T>G.

I dati sulla frequenza delle quattro varianti di DPYD in popolazioni diverse da quella caucasica sono limitati. Al momento, le quattro varianti di DPYD (c.1905+1G>A, c.1679T>G, c.2846A>T e c.1236G>A/HapB3) sono considerate praticamente assenti nelle popolazioni di origine africana (afro- americana) o asiatica.

Caratterizzazione fenotipica del deficit di DPD

Per la caratterizzazione fenotipica del deficit di DPD, si raccomanda la misurazione dei livelli ematici pre-trattamento del substrato endogeno della DPD, l'uracile (U) nel plasma.

Concentrazioni elevate di uracile pre-trattamento sono associate a un maggior rischio di tossicità. Nonostante le incertezze relative alle soglie di uracile che definiscono il deficit completo e parziale di DPD, un livello ematico di uracile ≥16 ng/mL e <150 ng/mL va considerato indicativo di deficit parziale di DPD e associato ad un maggior rischio di tossicità delle fluoropirimidine. Un livello ematico di uracile ≥150 ng/mL va considerato indicativo di deficit completo di DPD ed associato ad un rischio di tossicità delle fluoropirimidine in grado di mettere in pericolo la vita o fatale.

Complicanze oftalmologiche

I pazienti devono essere attentamente monitorati per complicanze oftalmologiche come cheratite e disturbi corneali, soprattutto se hanno una precedente storia di disturbi agli occhi. Il trattamento dei disturbi oculari deve essere iniziato in maniera clinicamente appropriata.

Reazioni cutanee gravi

Xeloda può indurre reazioni cutanee gravi, quali sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica. Nei pazienti che manifestano una reazione cutanea grave durante il trattamento con Xeloda, si deve procedere all'interruzione permanente di questo medicinale.

Lattosio

I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit totale di lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.

Sodio

Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per compressa , cioè essenzialmente ‘senza sodio'.

Le compresse di Xeloda non devono essere frantumate né tagliate. In caso di esposizione del paziente o di colui che lo assiste a compresse di Xeloda frantumate o tagliate, potrebbero manifestarsi reazioni avverse al farmaco (vedere paragrafo 4.8).


INTERAZIONI


Quali farmaci, principi attivi o alimenti possono interagire con l'effetto di Xeloda?


Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.

Interazioni con altri medicinali

Brivudina

È stata riportata un'interazione clinicamente significativa tra brivudina e le fluoropirimidine (per es. capecitabina, 5-Fluorouracile, tegafur) dovuta all'inibizione della diidropirimidina deidrogenasi da parte di brivudina. Questa interazione, che comporta un aumento della tossicità delle fluoropirimidine, è potenzialmente fatale. Per questo motivo, brivudina non deve essere somministrata in concomitanza con capecitabina (vedere paragrafi 4.3 e 4.4). È necessario attendere almeno 4 settimane tra la fine del trattamento con brivudina e l'inizio della terapia con capecitabina. Il trattamento con brivudina può essere iniziato 24 ore dopo l'ultima dose di capecitabina.

Substrati del citocromo P-4502C9

Oltre agli studi su warfarin, non sono stati condotti altri studi formali di interazione tra capecitabina e altri substrati di CYP2C9. Occorre esercitare la debita cautela nel somministrare capecitabina insieme ai substrati di 2C9 (ad esempio la fenitoina). Vedere anche interazione con anticoagulanti cumarino- derivati e paragrafo 4.4.

Anticoagulanti cumarino-derivati

In pazienti trattati contemporaneamente con capecitabina e anticoagulanti cumarino-derivati, come per esempio warfarin e fenprocumone, sono state riferite alterazioni dei parametri della coagulazione e/o emorragie. Tali reazioni si sono verificate in un arco di tempo compreso tra qualche giorno e diversi mesi dall'inizio della terapia con capecitabina e, in alcuni casi, entro un mese dall'interruzione della terapia con capecitabina. In uno studio clinico sull'interazione farmacocinetica, dopo la somministrazione di una singola dose di 20 mg di warfarin, il trattamento con capecitabina ha incrementato del 57% l'AUC di S-warfarin con un aumento del 91% del valore di INR. Poiché il metabolismo di R-warfarin non è stato alterato, questi dati suggeriscono che la capecitabina riduce l'isoenzima 2C9 ma non ha effetti sugli isoenzimi 1A2 e 3A4. I pazienti che assumono anticoagulanti cumarino-derivati in concomitanza con capecitabina devono essere monitorati regolarmente per l'eventuale verificarsi di alterazioni dei parametri della coagulazione (PT o INR) e il dosaggio degli anticoagulanti deve essere aggiustato di conseguenza.

Fenitoina

Durante l'uso concomitante di capecitabina e fenitoina sono stati registrati incrementi delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina, con conseguente comparsa di sintomi da intossicazione da fenitoina in singoli casi. I pazienti che assumono fenitoina in concomitanza con capecitabina devono essere monitorati regolarmente per l'eventuale verificarsi di incremento delle concentrazioni plasmatiche di fenitoina.

Acido folinico/acido folico

Uno studio sull'associazione di capecitabina e acido folinico ha mostrato che l'acido folinico non ha effetti significativi sulla farmacocinetica di capecitabina e dei suoi metaboliti. Tuttavia, l'acido folinico produce effetti sulla farmacodinamica di capecitabina la cui tossicità può risultare incrementata dall'acido folinico: la dose massima tollerata (MTD) di capecitabina in monoterapia a regimi intermittenti è 3.000 mg/m2 al giorno, mentre quando la capecitabina era associata ad acido folinico (30 mg p.o. due volte al giorno) la dose massima tollerata scendeva a soltanto 2.000 mg/m2 al giorno. L'incremento di tossicità può essere rilevante quando si passa da 5-FU/LV ad un regime a base di capecitabina. A causa della somiglianza tra l'acido folinico e l'acido folico la tossicità incrementata può anche essere rilevante con l'integrazione di acido folico nel trattamento di deficit da folati.

Antiacidi

È stato studiato l'effetto di un antiacido contenente idrossido di alluminio e idrossido di magnesio sulla farmacocinetica della capecitabina. Si è verificato un lieve aumento delle concentrazioni plasmatiche della capecitabina e di un metabolita (5'-DFCR); non si è verificato alcun effetto sui 3 metaboliti principali (5'-DFUR, 5-FU e FBAL).

Allopurinolo

Sono state osservate interazioni del 5-FU con allopurinolo, con possibile diminuzione dell'efficacia del 5-FU. Si deve evitare l'uso concomitante di allopurinolo e capecitabina.

Interferone alfa

La dose massima tollerata (MTD) di capecitabina è risultata pari a 2.000 mg/m2 al giorno quando assunta in associazione a interferone alfa-2a (3 MUI/m2 al giorno), rispetto a 3.000 mg/m2 al giorno quando capecitabina era somministrata da sola.

Radioterapia

La dose massima tollerata (MTD) di capecitabina in monoterapia utilizzando il regime intermittente è di 3.000 mg/m2 al giorno mentre, quando combinata con radioterapia per il carcinoma del retto, la dose massima tollerata (MTD) di capecitabina è 2.000 mg/m2 al giorno, usando o una somministrazione continua o una somministrazione giornaliera da lunedì a venerdì in concomitanza al ciclo di trattamento radioterapico di 6 settimane.

Oxaliplatino

Non si è verificata alcuna differenza clinicamente significativa nell'esposizione alla capecitabina o ai suoi metaboliti, platino libero o platino totale quando la capecitabina è stata somministrata in associazione a oxaliplatino o in associazione a oxaliplatino e bevacizumab.

Bevacizumab

Non si è verificato alcun effetto clinicamente significativo del bevacizumab sui parametri farmacocinetici della capecitabina o dei suoi metaboliti in presenza di oxaliplatino.

Interazione con il cibo

In tutti gli studi clinici i pazienti erano stati informati di dover assumere capecitabina nei 30 minuti successivi al pasto. Poiché gli attuali dati relativi alla sicurezza e all'efficacia si basano sulla somministrazione del medicinale con cibo, si raccomanda di somministrare capecitabina con il cibo. La somministrazione con il cibo diminuisce la percentuale di assorbimento di capecitabina (vedere paragrafo 5.2).


SOVRADOSAGGIO


Cosa fare se avete preso una dose eccessiva di Xeloda?


Le manifestazioni di sovradosaggio acuto includono nausea, vomito, diarrea, mucosite, irritazione gastrointestinale ed emorragie, nonché depressione del midollo osseo. La gestione clinica del sovradosaggio deve avvenire tramite terapia convenzionale e intervento medico di supporto al fine di correggere le manifestazioni cliniche presenti e di prevenire eventuali possibili complicanze delle stesse.


GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO


E' possibile prendere Xeloda durante la gravidanza e l'allattamento?


Donne in età fertile /Contraccezione in uomini e donne

Alle donne in età fertile va consigliato di evitare una gravidanza durante il trattamento con capecitabina. In caso di gravidanza durante il trattamento con capecitabina, la paziente dovrà essere informata relativamente al rischio potenziale per il feto. Durante il trattamento e per 6 mesi dopo l'ultima dose di capecitabina deve essere utilizzato un metodo contraccettivo efficace.

In base ai risultati sulla tossicità genetica, durante il trattamento e per 3 mesi dopo l'ultima dose di capecitabina i pazienti maschi con partner di sesso femminile in età fertile devono utilizzare metodi contraccettivi efficaci.

Gravidanza

Non sono stati effettuati studi con capecitabina su donne in gravidanza; si può tuttavia ritenere che capecitabina, se somministrata a donne in stato di gravidanza, possa provocare danni al feto. In studi sulla tossicità a livello della riproduzione svolti sugli animali, la somministrazione di capecitabina ha provocato letalità embrionale e teratogenicità. Questi risultati sono gli effetti attesi dei derivati della fluoropirimidina. Capecitabina è controindicata in gravidanza.

Allattamento

Non è noto se capecitabina sia escreta nel latte materno. Non sono stati condotti studi per valutare l'impatto di capecitabina sulla produzione di latte o la sua presenza nel latte materno. Nel latte del topo durante il periodo dell'allattamento sono state rinvenute notevoli quantità di capecitabina e dei suoi metaboliti. Poiché il rischio di potenziale danno al lattante non è noto, l'allattamento deve essere sospeso durante il trattamento con capecitabina e per 2 settimane dopo l'ultima dose.

Fertilità

Non vi sono dati su Xeloda e sul suo impatto sulla fertilità. Gli studi registrativi di Xeloda hanno incluso donne in età fertile e uomini solo se disponibili ad utilizzare per tutta la durata dello studio e per un periodo successivo ragionevole un metodo contraccettivo adeguato per evitare la gravidanza. Negli studi sugli animali sono stati osservati effetti sulla fertilità (vedere paragrafo 5.3).


GUIDA DI VEICOLI E USO DI MACCHINARI


Effetti di Xeloda sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchinari


Capecitabina influenza in modo lieve o moderato la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Capecitabina può indurre capogiri, stato di affaticamento e nausea.


PRINCIPIO ATTIVO


Xeloda 150 mg compresse rivestite con film.

Ogni compressa rivestita con film contiene 150 mg di capecitabina.

Xeloda 500 mg compresse rivestite con film.

Ogni compressa rivestita con film contiene 500 mg di capecitabina.

Eccipiente(i) con effetti noti:

Xeloda 150 mg compresse rivestite con film.

Ogni compressa rivestita con film da 150 mg contiene 15,6 mg di lattosio anidro.

Xeloda 500 mg compresse rivestite con film.

Ogni compressa rivestita con film da 500 mg contiene 52 mg di lattosio anidro.

Per l'elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.


ECCIPIENTI


Nucleo della compressa:

lattosio anidro,

croscarmellosa sodica,

ipromellosa (3 mPa.s),

cellulosa microcristallina,

magnesio stearato.

Rivestimento della compressa:

ipromellosa,

biossido di titanio,

ossido di ferro giallo,

ossido di ferro rosso,

talco.


SCADENZA E CONSERVAZIONE


Scadenza: 36 mesi

Non conservare a temperatura superiore ai 30°C, conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dall'umidità.


NATURA E CONTENUTO DEL CONTENITORE


Blister in PVC/PVDC.

Xeloda 150 mg compresse rivestite con film.

Confezione da 60 compresse rivestite con film (6 blister da 10 compresse).

Xeloda 500 mg compresse rivestite con film.

Confezione da 120 compresse rivestite con film (12 blister da 10 compresse).


PATOLOGIE CORRELATE


Data ultimo aggiornamento: 22/10/2024

Nota: Nel contenuto della scheda possono essere presenti dei riferimenti a paragrafi non riportati.

Fonte: CODIFA - L'informatore farmaceutico



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