27 gennaio 2022
Interviste, #appuntidisalute, Video
Covid-19, Andreoni (Simit): i monoclonali sono una risorsa
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«Questa nuova ondata di contagi sta raggiungendo il picco massimo di circolazione, effetto anche delle festività. Resta però un elemento di rischio: l'apertura delle scuole e di alcune attività». Parla così a Sanità33 Massimo Andreoni, Professore Ordinario di Malattie Infettive della facoltà di Medicina e Chirurgia e Direttore Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive dell'Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Direttore U.O.C. Malattie Infettive Policlinico Tor Vergata e Direttore Scientifico, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT).
Secondo l'esperto, l'impatto dell'apertura delle scuole sui contagi si vedrà a breve, «per ora, stiamo superando la vetta, ci stiamo avvicinando alla 'pianura', però, avremo comunque una coda sugli alti numeri dei decessi che avvengono sempre due o tre settimane dopo il caso che si è determinato», spiega. Andreoni si è poi soffermato sul bagaglio di esperienza che ci portiamo da questa pandemia. «In questi mesi abbiamo capito quali farmaci effettivamente servono per il trattamento del covid», dichiara. Porta l'esempio dei cortisonici, «abbiamo imparato che non vanno dati in maniera precoce, solo quando inizia a sopraggiungere un'insufficienza respiratoria e c'è bisogno di ossigeno. Questo è stato un grande passo avanti - continua - perché per molto tempo abbiamo viaggiato a vista, senza sapere esattamente come utilizzare i farmaci». Quello che però Andreoni considera come conquista più importante riguarda i monoclonali e gli antivirali per os. «Entrambi hanno come scopo principale non far progredire la malattia, quindi, devono essere dati precocemente. Si sono dimostrati estremamente attivi, fino all' 80%, nel bloccare l'evoluzione della malattia, un problema sostanziale per evitare che gli ospedali vadano in affanno».
La necessità di somministrarli in maniera precoce comporta «problemi organizzativi di non poco conto», aggiunge l'esperto, perché «si tratta di pazienti che non hanno necessità di ospedalizzazione e hanno dei fattori di rischio per la progressione di malattia. Per i monoclonali bisogna organizzare in ospedale l'assunzione perché sono dati per infusione endovenosa in una singola somministrazione. Per gli antivirali per os, invece, i pazienti vengono in ospedale solo a ritirarli».
Il trattamento precoce per l'infezione è uno dei punti chiave e la variante omicron ha creato non pochi problemi su questo fronte. «I monoclonali sono dei farmaci per definizione molto selettivi - chiarisce Andreoni -. Dei monoclonali che abbiamo, soltanto uno funziona sulla variante omicron, e quindi abbiamo dovuto, in corso d'opera, aggiustare la terapia. Nel nostro ospedale sequenziamo il virus prima di somministrare il farmaco stesso per capire se effettivamente il paziente è positivo a omicron oppure a delta e, in funzione di questo, somministriamo il monoclonale».
Il direttore della Simit ha anticipato anche, «un grande passo in avanti in termini terapeutici», cioè, «si sta discutendo sulla possibilità di utilizzare sia questi monoclonali che i farmaci antivirali orali anche in profilassi, cioè in prevenzione dell'infezione». Per Andreoni, «potrebbero essere somministrati per prevenire l'infezione in soggetti che abbiano avuto un contatto ad alto rischio per la progressione della malattia. Una somministrazione estremamente precoce per impedire l'avvenire dell'infezione stessa sarebbe un ulteriore passo avanti molto importante».
Fonte: Sanità33
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Secondo l'esperto, l'impatto dell'apertura delle scuole sui contagi si vedrà a breve, «per ora, stiamo superando la vetta, ci stiamo avvicinando alla 'pianura', però, avremo comunque una coda sugli alti numeri dei decessi che avvengono sempre due o tre settimane dopo il caso che si è determinato», spiega. Andreoni si è poi soffermato sul bagaglio di esperienza che ci portiamo da questa pandemia. «In questi mesi abbiamo capito quali farmaci effettivamente servono per il trattamento del covid», dichiara. Porta l'esempio dei cortisonici, «abbiamo imparato che non vanno dati in maniera precoce, solo quando inizia a sopraggiungere un'insufficienza respiratoria e c'è bisogno di ossigeno. Questo è stato un grande passo avanti - continua - perché per molto tempo abbiamo viaggiato a vista, senza sapere esattamente come utilizzare i farmaci». Quello che però Andreoni considera come conquista più importante riguarda i monoclonali e gli antivirali per os. «Entrambi hanno come scopo principale non far progredire la malattia, quindi, devono essere dati precocemente. Si sono dimostrati estremamente attivi, fino all' 80%, nel bloccare l'evoluzione della malattia, un problema sostanziale per evitare che gli ospedali vadano in affanno».
La necessità di somministrarli in maniera precoce comporta «problemi organizzativi di non poco conto», aggiunge l'esperto, perché «si tratta di pazienti che non hanno necessità di ospedalizzazione e hanno dei fattori di rischio per la progressione di malattia. Per i monoclonali bisogna organizzare in ospedale l'assunzione perché sono dati per infusione endovenosa in una singola somministrazione. Per gli antivirali per os, invece, i pazienti vengono in ospedale solo a ritirarli».
Il trattamento precoce per l'infezione è uno dei punti chiave e la variante omicron ha creato non pochi problemi su questo fronte. «I monoclonali sono dei farmaci per definizione molto selettivi - chiarisce Andreoni -. Dei monoclonali che abbiamo, soltanto uno funziona sulla variante omicron, e quindi abbiamo dovuto, in corso d'opera, aggiustare la terapia. Nel nostro ospedale sequenziamo il virus prima di somministrare il farmaco stesso per capire se effettivamente il paziente è positivo a omicron oppure a delta e, in funzione di questo, somministriamo il monoclonale».
Il direttore della Simit ha anticipato anche, «un grande passo in avanti in termini terapeutici», cioè, «si sta discutendo sulla possibilità di utilizzare sia questi monoclonali che i farmaci antivirali orali anche in profilassi, cioè in prevenzione dell'infezione». Per Andreoni, «potrebbero essere somministrati per prevenire l'infezione in soggetti che abbiano avuto un contatto ad alto rischio per la progressione della malattia. Una somministrazione estremamente precoce per impedire l'avvenire dell'infezione stessa sarebbe un ulteriore passo avanti molto importante».
Fonte: Sanità33
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