03 dicembre 2010
Aggiornamenti e focus
Antibiotici, un patrimonio da proteggere
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Ogni anno fino a 400mila pazienti sono colpiti da infezioni che mostrano una resistenza più o meno estesa agli antibiotici. Basta già questo dato per spiegare perché il 18 novembre si sia celebrata la Giornata europea degli antibiotici, dedicata quest'anno alla promozione di un uso prudente di questi farmaci in ambito ospedaliero con l'obiettivo di ricordare che un uso inappropriato degli antibiotici può esporre i pazienti all'aggressione di batteri che i farmaci non riescono più a uccidere.
Il tema è di particolare attualità: la spiccata antibioticoresistenza mostrata in questi ultimi anni da alcuni batteri che abitualmente "risiedono" nelle strutture ospedaliere europee è ormai diventato motivo di forte preoccupazione. Un esempio particolarmente significativo di tale fenomeno è dato dalla Klebsiella pneumoniae, un batterio che evidenzia una particolare tenacia agli antibiotici di ultima linea come i carbapenemi. Casi di infezione da klebsiella sono ormai segnalati in tutti i paesi dell'Unione mentre in Grecia si può già parlare di radicamento dell'infezione. Un altro esempio è lo Saphylococcus aureus resistente alla meticillina, o l'enterococco, resistente alla vancomicina. Non sono scenari da sottovalutare, perché le infezioni con antibioticoresistenza si traducono in un aumento della morbilità e della mortalità, ritardano l'avvio di terapie antibiotiche appropriate (con maggiori rischi per il paziente) e soprattutto riducono le opzioni terapeutiche a disposizione. Quest'ultima è l'eventualità più allarmante: se il fenomeno dovesse crescere ancora, c'è il serio rischio che le autorità sanitarie non dispongano più di farmaci con cui aggredire i batteri più resistenti.
Per arginare il fenomeno è dunque necessario contrastare il cattivo uso degli antibiotici, termine indicante un'ampia casistica che va dall'uso sproporzionato di questi farmaci (anche quando non ce ne sarebbe bisogno) alla somministrazione prolungata oltre il necessario o interrotta troppo precocemente. Sono raccomandazioni che valgono particolarmente per l'Italia, dove si registra il più alto consumo di antibiotici e più alto tasso antibioticoresistenza in Europa, preceduta solo da Grecia e Cipro. A dirlo sono i dati diffusi dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), cifre e numeri che messi a confronto con quelli dell'Ecdc (European centre for disease control) disegnano una mappa con luci e ombre. A proposito del già citato staphylococcus aureus meticillino-resistente, per esempio, i casi segnalati risultano in diminuzione in Europa ma stabili in Italia, con una frequenza (37%) che invita a mantenere alta l'attenzione. Notizie migliori per il pneumococco (streptococcus pneumoniae): grazie al diffondersi della vaccinazione peumococcica nei bambini, in tutti i paesi europei che fanno profilassi è in calo la circolazione dei ceppi più antibiotico-resistenti. Resta invece ancora grave la minaccia proveniente dai batteri Gram-negativi (un ampio raggruppamento di microrganismi che possono essere normali componenti della flora intestinale), in aumento in tutta Europa, Italia compresa.
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Il tema è di particolare attualità: la spiccata antibioticoresistenza mostrata in questi ultimi anni da alcuni batteri che abitualmente "risiedono" nelle strutture ospedaliere europee è ormai diventato motivo di forte preoccupazione. Un esempio particolarmente significativo di tale fenomeno è dato dalla Klebsiella pneumoniae, un batterio che evidenzia una particolare tenacia agli antibiotici di ultima linea come i carbapenemi. Casi di infezione da klebsiella sono ormai segnalati in tutti i paesi dell'Unione mentre in Grecia si può già parlare di radicamento dell'infezione. Un altro esempio è lo Saphylococcus aureus resistente alla meticillina, o l'enterococco, resistente alla vancomicina. Non sono scenari da sottovalutare, perché le infezioni con antibioticoresistenza si traducono in un aumento della morbilità e della mortalità, ritardano l'avvio di terapie antibiotiche appropriate (con maggiori rischi per il paziente) e soprattutto riducono le opzioni terapeutiche a disposizione. Quest'ultima è l'eventualità più allarmante: se il fenomeno dovesse crescere ancora, c'è il serio rischio che le autorità sanitarie non dispongano più di farmaci con cui aggredire i batteri più resistenti.
Per arginare il fenomeno è dunque necessario contrastare il cattivo uso degli antibiotici, termine indicante un'ampia casistica che va dall'uso sproporzionato di questi farmaci (anche quando non ce ne sarebbe bisogno) alla somministrazione prolungata oltre il necessario o interrotta troppo precocemente. Sono raccomandazioni che valgono particolarmente per l'Italia, dove si registra il più alto consumo di antibiotici e più alto tasso antibioticoresistenza in Europa, preceduta solo da Grecia e Cipro. A dirlo sono i dati diffusi dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), cifre e numeri che messi a confronto con quelli dell'Ecdc (European centre for disease control) disegnano una mappa con luci e ombre. A proposito del già citato staphylococcus aureus meticillino-resistente, per esempio, i casi segnalati risultano in diminuzione in Europa ma stabili in Italia, con una frequenza (37%) che invita a mantenere alta l'attenzione. Notizie migliori per il pneumococco (streptococcus pneumoniae): grazie al diffondersi della vaccinazione peumococcica nei bambini, in tutti i paesi europei che fanno profilassi è in calo la circolazione dei ceppi più antibiotico-resistenti. Resta invece ancora grave la minaccia proveniente dai batteri Gram-negativi (un ampio raggruppamento di microrganismi che possono essere normali componenti della flora intestinale), in aumento in tutta Europa, Italia compresa.
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