15 dicembre 2010
Interviste
Cure palliative, assistenza domicliare per pochi
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La prima indagine realizzata in Italia sull'assistenza domiciliare ai malati terminali non offre certo un quadro incoraggiante. I dati, resi noti in queste ultime settimane, arrivano quasi in concomitanza con l'agognata Legge 38 che definisce le disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Il dottor Pierangelo Lora Aprile, responsabile dell'area Cure Palliative della Società italiana di medicina generale (Simg), spiega i punti salienti della ricerca.
Gli interventi sanitari, sociali e assistenziali per i pazienti terminali sono garantiti anche a domicilio?
Le cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della persona malata dovrebbero essere a carico di un'equipe specialistica composta dal medico di medicina generale, da uno specialista con esperienze nel campo delle Cure Palliative e da una figura infermieristica. L'indagine condotta dalle Società italiane di medicina generale e di cure palliative, in collaborazione col Ministero della Salute e con l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Na.S.), dimostra però che questo standard ottimale di assistenza viene raggiunto solo in pochissime realtà.
Assistenza domiciliare per pochi quindi?
In buona sostanza il servizio viene garantito da equipe multi-professionali solo a cittadini residenti in circa il 40% delle Asl, soprattutto nelle Regioni del Nord. Il restante 60% risiede in Asl dove non sono stati individuati centri dedicati. Mentre in ben 20 Asl, che servono più di6 milioni di residenti, c'è il deserto: non c'è, insomma, nessun tipo di servizio. Al Sud, sono concentrate le Asl in cui il servizio è sostenuto esclusivamente dai Medici di medicina generale, che rappresentano quindi gli unici riferimenti per l'assistenza al malato in fase terminale di malattia e alla sua famiglia.
Questi problemi sono dovuti ai costi?
Il problema è organizzativo e richiede il potenziamento immediato dei servizi di assistenza domiciliare. Vi sarebbe anche la sostenibilità economica. Oggi le famiglie fanno fronte di tasca loro a un costo che può raggiungere i 3.000 euro mensili. Con una programmazione centralizzata, sarebbero invece sufficienti soli 8 euro all'anno della quota capitaria che lo Stato destina a ogni cittadino - ovvero 1.700 euro ogni 12 mesi - per assicurare figure professionali specializzate per assistere il malato a casa sua fino agli ultimi giorni.
Oltre i pazienti oncologici, a quali altri sarebbe destinata quest'assistenza domiciliare?
L'intervento dell'equipe appare particolarmente appropriato per i malati affetti da patologie non oncologiche a evoluzione infausta, in particolare nelle fasi terminali, come nell'insufficienza cardiaca, insufficienza renale, insufficienza epatica, broncopatia cronico ostruttiva, malattie del motoneurone, morbo di Parkinson, di Huntington, di Alzheimer e nel caso di Hiv/Aids. La presa in carico è necessario soprattutto nel momento di scegliere se iniziare o meno trattamenti di supporto vitale o nelle scelte terapeutiche più appropriate, sempre nel rispetto dell'autonomia del malato.
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...e inoltre su Dica33:
Gli interventi sanitari, sociali e assistenziali per i pazienti terminali sono garantiti anche a domicilio?
Le cure palliative e di terapia del dolore al domicilio della persona malata dovrebbero essere a carico di un'equipe specialistica composta dal medico di medicina generale, da uno specialista con esperienze nel campo delle Cure Palliative e da una figura infermieristica. L'indagine condotta dalle Società italiane di medicina generale e di cure palliative, in collaborazione col Ministero della Salute e con l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Age.Na.S.), dimostra però che questo standard ottimale di assistenza viene raggiunto solo in pochissime realtà.
Assistenza domiciliare per pochi quindi?
In buona sostanza il servizio viene garantito da equipe multi-professionali solo a cittadini residenti in circa il 40% delle Asl, soprattutto nelle Regioni del Nord. Il restante 60% risiede in Asl dove non sono stati individuati centri dedicati. Mentre in ben 20 Asl, che servono più di6 milioni di residenti, c'è il deserto: non c'è, insomma, nessun tipo di servizio. Al Sud, sono concentrate le Asl in cui il servizio è sostenuto esclusivamente dai Medici di medicina generale, che rappresentano quindi gli unici riferimenti per l'assistenza al malato in fase terminale di malattia e alla sua famiglia.
Questi problemi sono dovuti ai costi?
Il problema è organizzativo e richiede il potenziamento immediato dei servizi di assistenza domiciliare. Vi sarebbe anche la sostenibilità economica. Oggi le famiglie fanno fronte di tasca loro a un costo che può raggiungere i 3.000 euro mensili. Con una programmazione centralizzata, sarebbero invece sufficienti soli 8 euro all'anno della quota capitaria che lo Stato destina a ogni cittadino - ovvero 1.700 euro ogni 12 mesi - per assicurare figure professionali specializzate per assistere il malato a casa sua fino agli ultimi giorni.
Oltre i pazienti oncologici, a quali altri sarebbe destinata quest'assistenza domiciliare?
L'intervento dell'equipe appare particolarmente appropriato per i malati affetti da patologie non oncologiche a evoluzione infausta, in particolare nelle fasi terminali, come nell'insufficienza cardiaca, insufficienza renale, insufficienza epatica, broncopatia cronico ostruttiva, malattie del motoneurone, morbo di Parkinson, di Huntington, di Alzheimer e nel caso di Hiv/Aids. La presa in carico è necessario soprattutto nel momento di scegliere se iniziare o meno trattamenti di supporto vitale o nelle scelte terapeutiche più appropriate, sempre nel rispetto dell'autonomia del malato.
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