25 maggio 2011
Interviste
Tumore prostata, sessualità a rischio con la chirurgia
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Una delle possibili vie di trattamento del tumore della prostata è l'intervento chirurgico di prostatectomia radicale. La procedura consiste nell'asportazione della ghiandola prostatica e successivo ricongiungimento della vescica urinaria all'uretra (anastomosi vescico uretrale). I rischi associati all'interessamento di strutture delicate dell'apparato uro-genitale maschile, li spiega a Dica33, Giuseppe Martorana, urologo e presidente della Società italiana di urologia oncologica (Siuro).
Che cosa significa oggi per un uomo sottoporsi a un intervento del genere?
L'aspetto più critico della chirurgia oncologica in campo urologico è conciliare la radicalità chirurgica del tumore con la conservazione della funzione sessuale e urinaria. Una volta si poneva meno questa scelta, poiché a differenza di oggi, il tumore della prostata, veniva scoperto nel paziente anziano. Oggi invece, con la diagnosi precoce, questo tumore, che può essere considerato analogo al tumore mammario delle donne, viene più spesso diagnosticato in uomini tra i 49 e i 60 anni. Si tratta, quindi, per lo più di pazienti attivi, lavorativamente e sessualmente, e la radicalità della chirurgia deve confrontarsi con il rischio di compromettere la funzione sessuale e urinaria.
In che cosa è cambiata la chirurgia?
L'approccio chirurgico è cambiato. Oggi si dà molta importanza anche agli aspetti psicologici e quindi il paziente deve essere bene informato su ciò che può accadere dopo l'intervento. Ma mentre prima l'incontinenza urinaria e la perdita della funzione sessuale, sequele legate alla chirurgia, erano inevitabili, oggi stanno diventando più controllabili, in particolare l'incontinenza. Prima la cosa più importante era la rimozione del tumore e quindi la chirurgia interveniva rimuovendo il fascio di nervi e vasi sanguigni legati alla prostata, deputati al controllo dell'erezione, facendo inevitabilmente perdere la funzione sessuale. Oggi, però, per un paziente ancora attivo diventa difficile da accettare una chirurgia radicale che toglie la funzione sessuale e urinaria e grazie all'evoluzione delle tecniche e l'introduzione di nuove tecnologie è diventato possibile conservare i nervi. La laparoscopia si è evoluta grazie alla robotica e l'urologo può limitare molto le sequele dell'intervento.
Quindi oggi è possibile mantenere le funzioni sessuali dopo l'intervento?
Con le tecniche nerve sparing, cioè che risparmiano i nervi, si può preservare la funzione sessuale ma dipende da alcuni fattori. Innanzitutto se c'è l'indicazione per poterlo fare, e questo dipende da quanto precoce è la diagnosi. Infatti, per esempio, se il tumore non è in stadio avanzato e non è molto esteso, si può tentare di risparmiare i nervi, ma se il tumore è esteso o ha già raggiunto il fascio neurovascolare bisogna rimuovere tutto e quindi anche i nervi. In questi casi tale funzione viene persa e il paziente va incontro a impotenza. La funzione urinaria dipende invece dalla fase ricostruttiva dell'intervento in cui si ripristina lo sfintere urinario.
È possibile recuperarle con la riabilitazione post-operatoria?
Bisogna distinguere. Se durante l'intervento non è stato possibile preservare i nervi il paziente perde la sua funzione sessuale e l'erezione può essere indotta e mantenuta con l'iniezione nei corpi cavernosi del pene di farmaci vasoattivi. Se, invece, è stato possibile procedere con tecnica nerve sparing, la riabilitazione della funzione sessuale, è affidata ad ambulatori andrologici e prevede una terapia medica basata sulla somministrazione di farmaci per la disfunzione erettile. Va precisato che il recupero non è garantito, dipende dal livello di attività sessuale che c'era prima dell'intervento e anche dall'età, perché un paziente giovane può rispondere bene anche dopo un paio di mesi. In ogni caso, poiché la chirurgia prevede la rimozione delle vescicole seminali, il paziente diventa sterile. Per quanto riguarda la funzionalità urinaria la riabilitazione è affidata ad ambulatori di urodinamica che si occupano della rieducazione dei muscoli del piano perineale.
Simona Zazzetta
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