10 gennaio 2013
Aggiornamenti e focus
Medico-paziente: prescrizioni più efficaci con ascolto e fiducia
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Nell'armamentario terapeutico di ogni medico c'è una risorsa che oggi non è sfruttata come potrebbe, ma in molti casi può fare la differenza sul piano clinico con un costo molto modesto: è la comunicazione, che secondo un ampio studio americano condotto su pazienti diabetici può aumentare del 4-6% l'aderenza alle terapie. Lo studio è stato condotto da Neda Ratanawongsa e colleghi dell'Università di San Francisco, in California, ed è apparso sugli Jama internal medicine. I ricercatori hanno interpellato circa 9.400 pazienti, reclutati dal Diabetes study of Northern California, che nell'anno precedente avevano assunto ipoglicemizzanti orali, antipertensivi o ipocolesterolemizzanti, sottoponendoli a un questionario con domande sulla qualità della comunicazione con il curante e sul livello di fiducia riposta nelle sue capacità. Il risultato dei questionari è stato poi analizzato alla luce dell'aderenza alle terapie, misurata in base alla regolarità con cui ciascun paziente chiedeva una nuova prescrizione: «Il 30% dei pazienti non stava assumendo i farmaci nel modo in cui i loro medici intendevano» spiegaRatanawongsa, che lavora presso il Center for Vulnerable Populations del San Francisco General hospital. «I tassi di mancata adesione alle terapie erano più bassi, del 4-6 %, nei pazienti soddisfatti del livello di ascolto da parte del proprio medico e del grado di coinvolgimento nelle decisioni, che esprimevano anche una maggior fiducia in lui». In particolare, l'associazione più forte tra buona comunicazione e migliore adesione alle terapie è stata osservata nei pazienti in terapia con farmaci ipoglicemizzanti orali. «Un aspetto unico dello studio è la scoperta che l'adesione alle terapie è migliore se il medico ha stabilito una relazione di fiducia con il paziente e considera prioritaria la qualità della comunicazione, anche quando essa non è focalizzata specificamente sull'adesione alle terapie» ha commentato Andrew Karter, ricercatore della Kaiser Permanente Division of Research e co-autore della ricerca.
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