09 gennaio 2017
Interviste
Un supporto per i familiari dei malati di cancro: come affrontare stress e fatica
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Quando qualcuno viene colpito da un tumore, tutta la famiglia riceve un contraccolpo, più o meno forte. L'impegno che viene messo nel supporto della persona cara e nella gestione quotidiana della nuova situazione è spesso pesante e difficile da affrontare dal punto di vista pratico e da quello psicologico.
La famiglia del malato oncologico, che da tempo viene coinvolta dagli specialisti come soggetto attivo nella sua cura per accrescere le probabilità di guarigione e di avere la migliore qualità della vita possibile, oggi è divenuta anche oggetto di attenzioni, perché è sempre più chiaro che anche familiari che si spendono per un congiunto malato - i cosiddetti caregiver, nel termine inglese oggi comunemente in uso - hanno spesso bisogno di aiuto, come è emerso dal recente convegno dal titolo Malattia: una questione di famiglia. La famiglia da soggetto che cura ad oggetto di cura, tenuto all'Istituto dei tumori di Milano nell'ambito di un progetto sostenuto con i fondi Otto per Mille della Chiesa Valdese promosso dall'Associazione "A casa lontani da casa" con il patrocinio del Comune di Milano e della Regione Lombardia.
Dica33 ne ha parlato con Claudia Borreani, responsabile della struttura di psicologia clinica dello storico Istituto di Via Venezian e dell'ambulatorio dedicato proprio alle famiglie dei malati oncologici.
Dottoressa Borreani, perché un ambulatorio dedicato alle famiglie dei malati di cancro?
«Per un malato oncologico il coinvolgimento della famiglia può essere importantissimo, e infatti tradizionalmente si presta attenzione alla famiglia, nell'ottica di rispondere al meglio alle esigenze del malato, per aumentare le probabilità di guarigione fornendo ogni tipo di supporto. Questo compito di alleato dell'équipe medica e infermieristica, però, può essere molto faticoso, stressante e carico di emozioni che spesso covano a lungo, perché ci si sente in dovere di essere forti.
Noi oggi sappiamo che con alcuni di questi familiari è importante fermarsi a parlare con calma, perché alle volte basta la semplice domanda "come stai?" per scatenare un pianto liberatorio che lascia emergere emozioni represse, che pensavano in un certo senso di non avere il diritto di esprimere. Questa situazione è emersa inizialmente lavorando con le famiglie ospitate a Milano dalle associazioni, venute all'Istituto dei tumori per migliorare le prospettive di guarigione. Essere anche lontani da casa rappresenta ovviamente per queste famiglie un motivo di stress e fatica ulteriore, ma non c'è voluto molto per capire che anche in condizioni meno "scomode" alcuni familiari hanno bisogno di essere incoraggiati a chiedere aiuto anche per se stessi».
Che intervento offrite ai familiari dei malati che si rivolgono all'ambulatorio?
«Il tipo di intervento può variare in base alle situazioni. In generale il primo incontro ci permette di fare una valutazione preliminare, al termine della quale si valuta insieme agli interessati se e come proseguire. Il nostro obiettivo è quello di dare ascolto e supporto nella gestione delle difficoltà incontrate nell'assistere il malato, proporre - quando è il caso - interventi di sostegno emotivo, favorire il confronto con altri familiari che si trovano in una situazione analoga. Anche fornire consigli e informazioni pratiche può essere molto utile.
Per molti è rassicurante, e motivo di serenità, sapere di avere un numero di telefono da chiamare in caso di necessità. Per esempio ci sono famiglie che vengono da molto lontano che investono emotivamente moltissimo in questo viaggio della speranza: quando la malattia del loro familiare non ha prospettive di guarigione, è molto difficile per loro accettare l'idea di passare alle cure palliative. Negli ultimi anni è anche più frequente che in passato una situazione molto difficile, in cui un adulto si trova a comunicare la propria diagnosi ai genitori anziani, ed è molto preoccupato dell'effetto che l'annuncio avrà su di loro. Poi c'è chi decide di non dire niente a nessuno, e in quel caso ovviamente noi rispettiamo la sua volontà».
C'è qualche segnale che deve spingere un familiare a consultarvi?
«I segnali possono essere diversi. Per esempio noi lavoriamo anche con medici e infermieri perché valutino per esempio il livello di stress, con uno strumento semplice chiamato il "termometro dello stress". In generale, se un familiare di un malato oncologico ha il dubbio di poter beneficiare di un incontro l'invito è a contattarci per fissare eventualmente una visita. L'ambulatorio è all'Istituto nazionale dei tumori di Milano situato presso la Struttura di Psicologia Clinica (Blocco G - Piano 3B), ed è aperto il lunedì e il giovedì, dalle 9:00 alle 13:00. Per fissare un appuntamento (chiamando il numero 02.23902800) occorre essere familiari di un malato oncologico - anche se in cura presso un'altra struttura - e avere l'impegnativa del medico di famiglia».
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