Il legame tra anoressia e sport agonistico

11 luglio 2018
Aggiornamenti e focus

Il legame tra anoressia e sport agonistico



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È difficile stimare la reale prevalenza di disturbi alimentari/anoressia nelle atlete o nelle adolescenti che praticano sport a livello agonistico. La ragione è semplice: le ragazze negano questa patologia, non ne parlano a nessuno ed è di conseguenza difficile creare un'alleanza con il terapeuta. Ma negli ultimi anni l'attenzione su questo trend è cresciuta.

Categorie ed età a rischio


Le ricerche più recenti affermano che le atlete hanno un rischio potenziale di sviluppare un disturbo alimentare pari al 18-20% rispetto al 5-9% dei soggetti che non praticano attività sportiva agonistica. I maschi hanno una minore prevalenza di comportamenti alimentari disturbati rispetto alle femmine ma è sempre maggiore rispetto ai non atleti.
I disturbi sono molto cresciuti tra i 15 e i 19 anni. E la fascia tra i 12 e i 16 anni è considerata l'età a rischio: in questa 'forchetta' vi è un aumento dell'incidenza dell'anoressia di 10 volte superiore rispetto a tutte le altre età della vita.

Gli sport “a rischio”


Ma quali sono gli sport chiamati in causa? "Sono quelli che enfatizzano un corpo magro e snello" spiega Anna Peloso, neuropsichiatra infantile Città della salute e della Scienza di Torino. "Sport per i quali è richiesta l'appartenenza ad una determinata classe di peso o che attribuiscono un'enfasi importante al peso basso per ottenere vantaggi competitivi  ma anche per ottenere un giudizio positivo sull'aspetto fisico in generale".

"A partire dal 2007 - continua Anna Peloso - sono state individuate le discipline a rischio. Sono sport di resistenza, ma pure la ginnastica artistica, persino giochi di squadra come la pallavolo. O ancora sport dove l'abbigliamento per la competizione rivela la forma del corpo o quando una forma corporea pre puberale favorisce il risultato nella competizione".


Attività agonistica precoce

Bisogna fare attenzione inoltre alla scelta troppo precoce, intorno ai 7-8 anni, di un'attività sportiva agonistica. Spiega Anna Peloso: "Durante la pubertà il corpo può svilupparsi in modo non conforme rispetto alla disciplina sportiva che è stata scelta. Le ragazzine possono percepire i cambiamenti corporei, rispetto alle proporzioni o all'aumento di peso, come qualcosa che influisce negativamente sulle prestazioni sportive. Ne consegue una forte insoddisfazione per il proprio corpo fino ad arrivare al desiderio di impedire il cambiamento e adottare dei comportamenti alimentari disfunzionali o patologici".

Inoltre, nel tempo, le atlete ragazzine possono percepire il successo di una migliore prestazione, associata alla perdita di peso, come una spinta a persistere nella riduzione del peso per ottenere risultati sempre migliori. Perché sono perfezioniste: sono molto esigenti con se stesse.


I fattori di rischio

Tra i fattori di rischio sicuramente il perfezionismo, l'eccessiva compiacenza, la disponibilità a essere come gli altri desiderano o s'immaginano che noi siamo. Tratti ansiosi, ossessivi. E poi il timore del fallimento, di una valutazione negativa. E ancora: l'insoddisfazione dell'immagine del proprio corpo e la difficoltà nella comprensione, nel contatto e nella gestione delle proprie emozioni. Ma anche l'ambiente è sotto accusa. Quando vi sono pressioni sulla perdita di peso o critiche sull'aspetto fisico che arrivano dai pari ma pure dagli adulti.


Carla De Meo



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