31 ottobre 2019
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Otto domande sul tumore al collo dell’utero
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Il virus HPV causa sempre il cancro al collo dell'utero?
No, solo in una piccolissima percentuale di casi il virus HPV, o papilloma virus, causa il tumore al collo dell'utero. Esistono, infatti, più di 100 sottotipi diversi del virus e solo alcuni di essi (quelli ad alto rischio) sono in grado di stimolare la trasformazione delle cellule del collo dell'utero, dando origine a un tumore. Fino a poco tempo fa erano considerati pericolosi soprattutto i tipi 16 e 18, responsabili del 75% circa dei casi di tumore al collo dell'utero. Gli esperti, ultimamente, si sono resi conto che anche il tipo 45 è pericoloso: è la principale causa di adenocarcinoma, il più aggressivo dei tumori della cervice uterina. L'HPV è un molto diffuso: si calcola che 8 persone su 10 vi entrino in contatto almeno una volta nel corso della vita.
Questo virus provoca sempre conseguenze per la salute?
Fortunatamente no. Nel 90% dei casi il virus viene eliminato spontaneamente. In altri casi, invece, l'HPV può manifestarsi con i condilomi, piccole escrescenze di colore rosso-rosato o biancastro, che compaiono sui genitali e per la loro forma vengono comunemente chiamate "creste di gallo". Non causano perdite, ma solo un leggero prurito o bruciore. Sono molto contagiose e si possono contrarre tramite i rapporti sessuali e anche usando servizi igienici infetti.
Come si trasmette l'HPV?
Il virus non si trasmette attraverso il sangue o altri fluidi, come lo sperma, ma per contatto diretto. La trasmissione è comune perché le lesioni causate dall'HPV spesso non compaiono o, se compaiono, non vengono notate (raramente la malattia causa dolore). Per contrarre il papilloma virus è sufficiente anche un solo rapporto sessuale o contatto intimo, nel caso in cui esso sia presente nelle zone esterne dei genitali. Il preservativo in questo caso, a differenza di quanto accade per le altre malattie sessualmente trasmissibili, non mette del tutto al riparo dai rischi di contagio perché non copre tutte le zone genitali. Utilizzarlo rimane, comunque, un comportamento molto utile.
Questo tumore può essere prevenuto?
In un certo senso sì. Da qualche tempo, infatti, è disponibile un vaccino efficace contro i tipi 16 e 18 del virus HPV, i due tipi responsabili della maggior parte dei casi di tumore del collo dell'utero riscontrati in Europa. Il vaccino è preventivo e non terapeutico, per cui non è efficace se l'infezione è già presente. Il periodo ideale per sottoporsi alla vaccinazione è quello della preadolescenza, tra 9 e 13 anni. Infatti, solitamente le ragazzine di questa età non hanno ancora avuto rapporti sessuali, quindi non sono state esposte al virus. In Italia, tutte le dodicenni possono sottoporsi gratuitamente alla vaccinazione. Tuttavia, il vaccino è efficace a livello preventivo anche per le donne di età compresa tra 14 e 26 anni. Per quanto riguarda le donne di età superiore a 30 anni, per ora non esistono dati precisi in merito alla sua utilità.
Per diagnosticare il tumore al collo dell'utero è sempre sufficiente il Pap test?
In linea generale sì. Tuttavia, per avere un quadro più dettagliato della situazione, lo specialista può richiedere anche un esame più approfondito, la colposcopia. Questa indagine si basa sull'utilizzo del colposcopio, uno strumento (da inserire per via vaginale) costituito da un sistema ottico e di illuminazione. È dotato anche di una sorta di microscopio che permette di studiare i tessuti della cervice (collo dell'utero) esterna e della prima porzione della cervice interna, ingrandendoli e consentendo in tal modo di eseguire biopsie mirate sull'eventuale lesione. La colposcopia è di facile esecuzione, dura in genere 10-15 minuti e provoca un modesto fastidio.
Che cosa è il test per l'HPV?
Si tratta di un esame che permette di scoprire la presenza di alterazioni cellulari provocate dal virus HPV. Si chiama digene HPV Test ed è stato approvato dalla FDA, l'ente americano che si occupa della regolamentazione dei farmaci. Funziona come il Pap test: lo specialista preleva delicatamente dal collo dell'utero un campione di cellule, che vengono poi analizzate in laboratorio. Grazie alle sofisticate tecnologie impiegate riesce, però, a identificare la presenza dei ceppi 16, 18 e 45 prima ancora che le cellule del collo dell'utero presentino modificazioni visibili al Pap test. È consigliato alle donne di età >30 anni, in combinazione con il Pap test, indagine, quest'ultima, che può rilevare cellule anormali, ma non direttamente la presenza dell'HPV.
L'HPV potrebbe causare tumori anche alla bocca?
Non si hanno ancora certezze in merito. Secondo uno studio americano, buona parte dei casi giovanili di tumore alla bocca potrebbe dipendere dall'HPV. In effetti, questo virus può essere trasmesso anche attraverso un rapporto orale: in linea teorica, se la lingua, le labbra o altre parti della bocca entrano in contatto con genitali infetti possono ammalarsi a loro volta. Considerando che questo virus causa lesioni infiammatorie che possono anche degenerare (come accade nei genitali) e che il tumore alla bocca parte proprio da lesioni infiammatorie, si può ipotizzare che vi sia un legame tra le due malattie. Servono, però, ulteriori conferme. Invece, vi sono già molte evidenze sul ruolo dell'HPV nello sviluppo di tumori alla laringe e probabilmente all'orofaringe (cioè la gola).
L'intervento chirurgico di asportazione del tumore è invasivo?
Non sempre. La tecnica varia a seconda dell'età. In generale, durante l'età fertile la cura è di tipo conservativo. Si demolisce, cioè, solo la parte malata, salvando il resto dell'utero per non compromettere la possibilità di avere figli. Fino a qualche anno fa si eseguivano interventi in anestesia generale, con i quali si asportava una parte dell'utero a forma di cono. Si mettevano, poi, punti di sutura per evitare emorragie e per ricostruire la cervice. Il periodo di convalescenza era di circa un mese. Oggi sono diffuse operazioni ancora meno aggressive. Grazie alle nuove tecnologie, in particolare ai bisturi elettrici fatti ad ansa, è possibile togliere solo la zona malata, senza dover necessariamente asportare tutta la sezione a forma di cono. Così il tessuto tolto è minore e la guarigione è più rapida (circa una settimana).
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No, solo in una piccolissima percentuale di casi il virus HPV, o papilloma virus, causa il tumore al collo dell'utero. Esistono, infatti, più di 100 sottotipi diversi del virus e solo alcuni di essi (quelli ad alto rischio) sono in grado di stimolare la trasformazione delle cellule del collo dell'utero, dando origine a un tumore. Fino a poco tempo fa erano considerati pericolosi soprattutto i tipi 16 e 18, responsabili del 75% circa dei casi di tumore al collo dell'utero. Gli esperti, ultimamente, si sono resi conto che anche il tipo 45 è pericoloso: è la principale causa di adenocarcinoma, il più aggressivo dei tumori della cervice uterina. L'HPV è un molto diffuso: si calcola che 8 persone su 10 vi entrino in contatto almeno una volta nel corso della vita.
Questo virus provoca sempre conseguenze per la salute?
Fortunatamente no. Nel 90% dei casi il virus viene eliminato spontaneamente. In altri casi, invece, l'HPV può manifestarsi con i condilomi, piccole escrescenze di colore rosso-rosato o biancastro, che compaiono sui genitali e per la loro forma vengono comunemente chiamate "creste di gallo". Non causano perdite, ma solo un leggero prurito o bruciore. Sono molto contagiose e si possono contrarre tramite i rapporti sessuali e anche usando servizi igienici infetti.
Come si trasmette l'HPV?
Il virus non si trasmette attraverso il sangue o altri fluidi, come lo sperma, ma per contatto diretto. La trasmissione è comune perché le lesioni causate dall'HPV spesso non compaiono o, se compaiono, non vengono notate (raramente la malattia causa dolore). Per contrarre il papilloma virus è sufficiente anche un solo rapporto sessuale o contatto intimo, nel caso in cui esso sia presente nelle zone esterne dei genitali. Il preservativo in questo caso, a differenza di quanto accade per le altre malattie sessualmente trasmissibili, non mette del tutto al riparo dai rischi di contagio perché non copre tutte le zone genitali. Utilizzarlo rimane, comunque, un comportamento molto utile.
Questo tumore può essere prevenuto?
In un certo senso sì. Da qualche tempo, infatti, è disponibile un vaccino efficace contro i tipi 16 e 18 del virus HPV, i due tipi responsabili della maggior parte dei casi di tumore del collo dell'utero riscontrati in Europa. Il vaccino è preventivo e non terapeutico, per cui non è efficace se l'infezione è già presente. Il periodo ideale per sottoporsi alla vaccinazione è quello della preadolescenza, tra 9 e 13 anni. Infatti, solitamente le ragazzine di questa età non hanno ancora avuto rapporti sessuali, quindi non sono state esposte al virus. In Italia, tutte le dodicenni possono sottoporsi gratuitamente alla vaccinazione. Tuttavia, il vaccino è efficace a livello preventivo anche per le donne di età compresa tra 14 e 26 anni. Per quanto riguarda le donne di età superiore a 30 anni, per ora non esistono dati precisi in merito alla sua utilità.
Per diagnosticare il tumore al collo dell'utero è sempre sufficiente il Pap test?
In linea generale sì. Tuttavia, per avere un quadro più dettagliato della situazione, lo specialista può richiedere anche un esame più approfondito, la colposcopia. Questa indagine si basa sull'utilizzo del colposcopio, uno strumento (da inserire per via vaginale) costituito da un sistema ottico e di illuminazione. È dotato anche di una sorta di microscopio che permette di studiare i tessuti della cervice (collo dell'utero) esterna e della prima porzione della cervice interna, ingrandendoli e consentendo in tal modo di eseguire biopsie mirate sull'eventuale lesione. La colposcopia è di facile esecuzione, dura in genere 10-15 minuti e provoca un modesto fastidio.
Che cosa è il test per l'HPV?
Si tratta di un esame che permette di scoprire la presenza di alterazioni cellulari provocate dal virus HPV. Si chiama digene HPV Test ed è stato approvato dalla FDA, l'ente americano che si occupa della regolamentazione dei farmaci. Funziona come il Pap test: lo specialista preleva delicatamente dal collo dell'utero un campione di cellule, che vengono poi analizzate in laboratorio. Grazie alle sofisticate tecnologie impiegate riesce, però, a identificare la presenza dei ceppi 16, 18 e 45 prima ancora che le cellule del collo dell'utero presentino modificazioni visibili al Pap test. È consigliato alle donne di età >30 anni, in combinazione con il Pap test, indagine, quest'ultima, che può rilevare cellule anormali, ma non direttamente la presenza dell'HPV.
L'HPV potrebbe causare tumori anche alla bocca?
Non si hanno ancora certezze in merito. Secondo uno studio americano, buona parte dei casi giovanili di tumore alla bocca potrebbe dipendere dall'HPV. In effetti, questo virus può essere trasmesso anche attraverso un rapporto orale: in linea teorica, se la lingua, le labbra o altre parti della bocca entrano in contatto con genitali infetti possono ammalarsi a loro volta. Considerando che questo virus causa lesioni infiammatorie che possono anche degenerare (come accade nei genitali) e che il tumore alla bocca parte proprio da lesioni infiammatorie, si può ipotizzare che vi sia un legame tra le due malattie. Servono, però, ulteriori conferme. Invece, vi sono già molte evidenze sul ruolo dell'HPV nello sviluppo di tumori alla laringe e probabilmente all'orofaringe (cioè la gola).
L'intervento chirurgico di asportazione del tumore è invasivo?
Non sempre. La tecnica varia a seconda dell'età. In generale, durante l'età fertile la cura è di tipo conservativo. Si demolisce, cioè, solo la parte malata, salvando il resto dell'utero per non compromettere la possibilità di avere figli. Fino a qualche anno fa si eseguivano interventi in anestesia generale, con i quali si asportava una parte dell'utero a forma di cono. Si mettevano, poi, punti di sutura per evitare emorragie e per ricostruire la cervice. Il periodo di convalescenza era di circa un mese. Oggi sono diffuse operazioni ancora meno aggressive. Grazie alle nuove tecnologie, in particolare ai bisturi elettrici fatti ad ansa, è possibile togliere solo la zona malata, senza dover necessariamente asportare tutta la sezione a forma di cono. Così il tessuto tolto è minore e la guarigione è più rapida (circa una settimana).
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