19 luglio 2021
Interviste, Speciale Leucemia
Nuova terapia per il linfoma diffuso a grandi cellule B: intervista all'ematologo Zinzani
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Il linfoma diffuso a grandi cellule B (diffuse large B-cell lymphomas, DLBCL) è una malattia rara e rappresenta circa un terzo di tutti i linfomi non-Hodgkin dell'adulto. In Italia circa 4.400 persone l'anno ricevono una diagnosi di questa malattia. Circa il 35% dei pazienti non risponde al primo trattamento con chemioterapia, ma è in arrivo una nuova combinazione terapeutica che può essere risolutiva per molti di loro. Abbiamo chiesto a Pier Luigi Zinzani, Professore Ordinario di Ematologia, Istituto di Ematologia "Seràgnoli" Università di Bologna e IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, di spiegarci di più di questa forma tumorale e della nuova cura.
Il linfoma diffuso a grandi cellule B è il tipo più comune di linfoma non-Hodgkin negli adulti in tutto il mondo ed è caratterizzato da masse in rapida crescita di cellule B maligne nei linfonodi, nella milza, nel fegato, nel midollo osseo o in altri organi. È una malattia aggressiva con circa un paziente su tre che non risponde alla terapia iniziale o sviluppa recidive successivamente. Il 95% dei pazienti con diagnosi di linfoma diffuso a grandi cellule B è sottoposto a una prima linea di trattamento con chemioterapia. Ma si osserva che circa il 35% presenta una malattia in ricaduta o refrattaria dopo terapia di prima linea. Solo pochi di questi sono eleggibili per una seconda linea di chemioterapia o per il trapianto autologo di cellule staminali: questo dipende dalle condizioni generali del paziente e dall'età. Il linfoma diffuso a grandi cellule B può comparire a qualsiasi età, ma è più frequente nell'età adulta e in quella anziana, con una media di insorgenza attorno ai 64 anni.
Alla diagnosi può essere presente una sintomatologia linfoma-correlata: febbre sudorazioni profuse notturne, calo ponderale. Inoltre, spesso si riscontrano linfoadenomegalie a rapida crescita e a distribuzione asimmetrica. Le lesioni linfonodali possono crescere fino a determinare masse di grandi dimensioni, con fenomeni di compressione degli organi adiacenti.
Quali novità terapeutiche ci sono per questa malattia?
Il Comitato per i Medicinali per Uso umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per i Medicinali ha emesso un parere positivo raccomandando l'autorizzazione all'immissione in commercio condizionale di tafasitamab in combinazione con lenalidomide, seguito da tafasitamab in monoterapia, per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivato o refrattario e non idonei al trapianto autologo di cellule staminali.
Perché si tratta di un passo fondamentale per i pazienti?
L'opinione positiva del CHMP su tafasitamab è un passo fondamentale verso la risposta ad un bisogno di terapia ad oggi non soddisfatto per il 30-40% dei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato o refrattario che non rispondono alla terapia iniziale o che sviluppano successivamente recidive. Dopo il parere positivo del comitato, il prossimo passo è l'approvazione da parte dell'EMA, prevista per fine agosto- settembre 2021, a cui seguirà l'approvazione da parte di AIFA.
Di che tipo di terapia si tratta?
È una combinazione di un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l'antigene CD19 (tafasitamab), a cui viene associato un farmaco, che rientra nella classe dei farmaci immunomodulanti o immunomodulatori (lenalidomide), quindi non è una chemioterapia, ma una terapia immunologica. Il trattamento è molto ben tollerato. I risultati dello studio L-MIND hanno confermato a tre anni di follow up una risposta obiettiva pari al 57.5% di cui il 40% di risposte complete e il 17.5% di risposte parziali. Si tratta di dati importanti e peculiari per questo setting di pazienti se si va a comparare con le scelte terapeutiche finora disponibili.
Chiara Romeo
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Cos’è il linfoma diffuso a grandi cellule B e quante persone colpisce in Italia?
Il linfoma diffuso a grandi cellule B è il tipo più comune di linfoma non-Hodgkin negli adulti in tutto il mondo ed è caratterizzato da masse in rapida crescita di cellule B maligne nei linfonodi, nella milza, nel fegato, nel midollo osseo o in altri organi. È una malattia aggressiva con circa un paziente su tre che non risponde alla terapia iniziale o sviluppa recidive successivamente. Il 95% dei pazienti con diagnosi di linfoma diffuso a grandi cellule B è sottoposto a una prima linea di trattamento con chemioterapia. Ma si osserva che circa il 35% presenta una malattia in ricaduta o refrattaria dopo terapia di prima linea. Solo pochi di questi sono eleggibili per una seconda linea di chemioterapia o per il trapianto autologo di cellule staminali: questo dipende dalle condizioni generali del paziente e dall'età. Il linfoma diffuso a grandi cellule B può comparire a qualsiasi età, ma è più frequente nell'età adulta e in quella anziana, con una media di insorgenza attorno ai 64 anni.
Come si manifesta e come avviene la diagnosi?
Alla diagnosi può essere presente una sintomatologia linfoma-correlata: febbre sudorazioni profuse notturne, calo ponderale. Inoltre, spesso si riscontrano linfoadenomegalie a rapida crescita e a distribuzione asimmetrica. Le lesioni linfonodali possono crescere fino a determinare masse di grandi dimensioni, con fenomeni di compressione degli organi adiacenti.
Quali novità terapeutiche ci sono per questa malattia?
Il Comitato per i Medicinali per Uso umano (CHMP) dell'Agenzia Europea per i Medicinali ha emesso un parere positivo raccomandando l'autorizzazione all'immissione in commercio condizionale di tafasitamab in combinazione con lenalidomide, seguito da tafasitamab in monoterapia, per il trattamento di pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) recidivato o refrattario e non idonei al trapianto autologo di cellule staminali.
Perché si tratta di un passo fondamentale per i pazienti?
L'opinione positiva del CHMP su tafasitamab è un passo fondamentale verso la risposta ad un bisogno di terapia ad oggi non soddisfatto per il 30-40% dei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato o refrattario che non rispondono alla terapia iniziale o che sviluppano successivamente recidive. Dopo il parere positivo del comitato, il prossimo passo è l'approvazione da parte dell'EMA, prevista per fine agosto- settembre 2021, a cui seguirà l'approvazione da parte di AIFA.
Di che tipo di terapia si tratta?
È una combinazione di un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro l'antigene CD19 (tafasitamab), a cui viene associato un farmaco, che rientra nella classe dei farmaci immunomodulanti o immunomodulatori (lenalidomide), quindi non è una chemioterapia, ma una terapia immunologica. Il trattamento è molto ben tollerato. I risultati dello studio L-MIND hanno confermato a tre anni di follow up una risposta obiettiva pari al 57.5% di cui il 40% di risposte complete e il 17.5% di risposte parziali. Si tratta di dati importanti e peculiari per questo setting di pazienti se si va a comparare con le scelte terapeutiche finora disponibili.
Chiara Romeo
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