Salute mentale, adolescenti a rischio

10 gennaio 2023
Interviste

Salute mentale, adolescenti a rischio



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Tra le conseguenze della pandemia, la crescita del disagio psichico tra gli adolescenti. L'intervista a Stefano Vicari, docente di Neuropsichiatria infantile presso il dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica dell'Università Cattolica di Roma, e responsabile neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza presso l'Ospedale Bambino Gesù.

Gli effetti della pandemia si sono estesi alla salute mentale, e i ragazzi ne sono stati particolarmente colpiti. Che cosa è successo esattamente?

Soprattutto in seguito alla seconda ondata, tra il 2020 e 2021, sono nettamente aumentati i disturbi dell'umore tra i giovani; i casi di ansia e depressione sono raddoppiati, ed è aumentata la depressione associata all'autolesionismo; almeno due ragazzi su tre che arrivano al ricovero presentano una storia di autolesionismo. Il fenomeno riguarda maggiormente le ragazze; il sesso femminile presenta un rischio superiore di sviluppare un disturbo di salute mentale. Con la pandemia la disparità di genere si è ulteriormente amplificata, anche se era già presente.

Che tipo di riscontro ha avuto nella sua attività clinica abituale?

L'Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, presso il quale svolgo la mia attività clinica, è il polo maggiore d'Europa e registra ogni anno un milione e mezzo di accessi di pazienti tra 0 e 18 anni. Al pronto soccorso accedono anche bambini e adolescenti con problemi di tipo psichiatrico; si tratta ovviamente di un osservatorio molto particolare, che vede soprattutto casi in emergenza, con un quadro clinico particolarmente complesso.

Nel corso del 20/21 gli accessi presso il nostro centro sono cresciuti del 40%; ma l'emergenza psichiatrica dei minori è un problema antico, che Covid-19 ha amplificato. Nel periodo pandemico, infatti, si è verificato un incremento più marcato di una tendenza già avviata da almeno dieci anni: dal 2011 a oggi, le richieste di visite psichiatriche in emergenza sono aumentate di 11 volte, passando dalle 150 del 2011 alle oltre 1.800 del 2021.

In generale, che cosa ha determinato questo aumento?

Le malattie mentali hanno una origine multifattoriale, frutto della concorrenza di diverse cause. Il primo fattore di rischio è di tipo genetico, ossia la familiarità: avere un parente di primo grado con un disturbo mentale aumenta le probabilità di svilupparlo.

Il rischio genetico, tuttavia, si modula con fattori ambientali. In particolare contano gli aspetti legati alla gestione delle emozioni, e allo stile educativo, e alle relazioni. Ma il fattore di rischio più noto e più importante è l'uso di sostanze, molto aumentato anche tra i giovanissimi, e mi riferisco ai cannabinoidi.

Vi sono altri fattori di rischio?

Altri fattori riguardano la tendenza all'isolamento, che produce delle alterazioni a livello mentale, alla base poi di deviazioni strutturali e comportamentali, e la deprivazione di sonno. L'uso della tecnologia, che interferisce con il sonno e, talvolta, con lo sviluppo di relazioni positive "in presenza", è un elemento particolarmente critico. Tutto questo ha avuto un incremento fisiologico negli ultimi anni, ma è stato ampiamente accelerato da Covid-19.

Quali sono stati gli aspetti più determinanti durante la pandemia?

In primo luogo l'aumento dello stress, sia a livello individuale per la paura di ammalarsi, anche da parte dei ragazzi, o di far ammalare i familiari e le persone anziane, sia a livello collettivo, favorito dalle immagini in TV e dalla preoccupazione presente in famiglia. I ragazzi appartenenti a famiglie dove il livello di ansia e preoccupazione per la situazione era più elevato, sono stati maggiormente penalizzati. E poi è mancata la pratica di attività fisica.

In che modo l'assenza della scuola ha contribuito?

Certamente ha avuto importanti conseguenze; i ragazzi che hanno avuto più problemi sono stati quelli che non hanno potuto frequentare con regolarità la scuola, che rappresenta fattore protettivo della salute mentale in quanto garantisce relazioni, scambi e confronto con il gruppo dei pari.

È possibile individuare altri fattori protettivi?

Uno studio molto interessante ha mostrato alcuni aspetti che hanno svolto un ruolo protettivo rispetto al rischio di sviluppare un disturbo psichiatrico in seguito alla pandemia: vivere in spazi grandi, avere la possibilità di stare all'aperto, riuscire a praticare un'attività fisica, anche minima, avere modo di proseguire l'attività scolastica, svolgere un lavoro cognitivo (in particolare leggere almeno due ore al giorno) e vivere in una famiglia con fratelli, con i quali poter costruire delle relazioni positive.

Quali sono le strade che una famiglia con un adolescente con disturbo mentale può percorrere?

Bisogna prendere atto dell'esistenza di una grave carenza assistenziale, nonostante l'aumento esponenziale della richiesta di aiuto. Dal punto di vista psichiatrico, per i minori si assiste a un depauperamento dell'offerta in termini di assistenza sanitaria; molte regioni non hanno strutture o posti letto dedicati, ed è molto difficile la presa in carico di questi pazienti. Non a caso l'ambito della neuropsichiatria infantile è enormemente privatizzato.

La pandemia ha fatto comprendere, ancora di più chiaramente, che la salute mentale non riguarda solo gli adulti, ma a questa constatazione non è seguito nessun tipo di intervento politico, mirato a risolvere e sostenere la cura di questo segmento della popolazione che, tuttora, resta trascurato.

Quali sono i segnali da non trascurare?

I disturbi del sonno e dall'alimentazione sono segnali di malessere; quando un ragazzo comincia a soffrire dal punto di vista mentale mette in atto una serie di comportamenti autolesivi, dorme e mangia male, inoltre tende a chiudersi e isolarsi, trascura ciò che in precedenza era fonte di piacere.


Stefania Cifani


fonte: Punto Effe




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