Il microbioma si condivide con parenti e amici

06 febbraio 2023
Aggiornamenti e focus

Il microbioma si condivide con parenti e amici



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I componenti del microbioma orale e intestinale provengono dalle interazioni sociali. È quanto dimostra uno studio internazionale coordinato dal gruppo di ricerca di Nicola Segata, professore del Dipartimento di Biologia cellulare, computazionale e integrata Cibio dell'Università di Trento e dell'Istituto Europeo di Oncologia, e pubblicato online su "Nature".

In altri termini, oltre alla trasmissione madre-neonato alla nascita, un'altra fonte decisiva dei microbi che influiscono (positivamente o negativamente) sulla salute dell'organismo è costituita dalle persone con le quali si vive a stretto contatto. Si apre così la prospettiva di capire come si trasmettano le specie microbiche associate al rischio di malattie non infettive, quali patologie cardiovascolari, diabete, cancro e altre patologie. 

Diciotto le istituzioni e i centri di ricerca coinvolti a livello mondiale. La prima autrice dello studio è Mireia Valles-Colomer, ricercatrice post-doc del SegataLab di UniTrento. Si tratta dello studio più imponente compiuto finora sulla trasmissione del microbioma. I ricercatori, infatti, hanno analizzato più di 9mila campioni di feci e di saliva raccolti da persone in 20 paesi di tutti i continenti che sono state incluse nel progetto che aveva lo scopo di individuare come i batteri del microbioma si trasmettessero tra generazioni (trasmissione verticale) e tra persone che vivono a stretto contatto, come partner, figli, o amici (trasmissione orizzontale).

La ricerca ha confermato e definito in modo più accurato che la prima trasmissione del microbioma intestinale avviene alla nascita ed è duraturo, tanto che il bagaglio di batteri del microbioma sano ereditati dalla madre è riconoscibile anche fino agli 80 anni di età. Dall'analisi emerge, inoltre, che nella popolazione adulta un altro canale di trasmissione dei microbi sono le persone con cui si hanno relazioni strette.

Il gruppo ha poi evidenziato che il microbioma orale si trasmette in modo nettamente diverso da quello intestinale. I batteri presenti nella saliva si trasmettono infatti ancora più frequentemente, soprattutto in modo orizzontale, e tanto maggiore quanto più tempo le persone passano insieme.

«Abbiamo trovato prove di un'ampia condivisione del microbioma intestinale e orale collegata al tipo di relazione e allo stile di vita» spiega Valles-Colomer, che ha tracciato la trasmissione di oltre 800 specie di batteri. «I risultati suggeriscono che le interazioni sociali modellano effettivamente la composizione dei microbiomi. Abbiamo anche scoperto che certi batteri, soprattutto quelli che sopravvivono meglio al di fuori dei nostri corpi, sono trasmessi molto più spesso degli altri. Tra questi ci sono alcuni microbi di cui sappiamo molto poco, tanto che non hanno ancora un nome. Ciò ci spinge a studiarli meglio perché abbiamo ancora molte domande senza risposta sui meccanismi di trasmissione del microbioma da persona a persona e su come questo influisca sulla salute».

Sono soprattutto le persone con le quali viviamo a stretto contatto a essere le fonti dei nostri microbiomi in età adulta, ribadisce Segata. «La durata di interazioni come per esempio la convivenza di studenti o partners, sono, a grandi linee, proporzionali con la quantità di batteri scambiati. In molti casi, però, i batteri possono trasmettersi tra individui che hanno interazioni superficiali e occasionali» specifica. «La trasmissione del microbioma ha implicazioni importanti per la nostra salute poiché alcune patologie non trasmissibili (come le malattie cardiovascolari, il diabete o il cancro) sono riconducibili in parte a una composizione alterata del microbioma.

Avere dimostrato che il microbioma umano è altamente trasmissibile potrebbe portare a considerare alcune di queste malattie (normalmente considerate non trasmissibili) come - almeno in una piccola parte - malattie trasmissibili. Approfondire le conoscenze sulla trasmissione del microbioma può quindi far progredire la comprensione dei fattori di rischio di queste malattie e aprire, in prospettiva, la possibilità di ridurne tale rischio con terapie che agiscano sul microbioma o sulle sue componenti trasmissibili».


fonte: Doctor33


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