22 luglio 2015
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Il virus Hiv arretra in ragazza sieropositiva. L'esperto: non affrettare conclusioni
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Una ragazza nata sieropositiva nel 1996, che aveva interrotto i trattamenti antiretrovirali ben 12 anni fa, mostra ancora una regressione dal virus Hiv: l'annuncio è stato dato lunedì, alla conferenza della International aids society (Ias) a Vancouver, dai medici dell'Institut Pasteur di Parigi.
«Dodici anni, è straordinario» ha dichiarato Jean-François Delfraissy, direttore dell'Agenzia nazionale francese per la ricerca sull'Aids e le epatiti virali (Anrs) e dell'Istituto di microbiologia e malattie infettive di Parigi «anche nello studio Visconti, che riunisce adulti trattati subito dopo aver contratto l'infezione e che continuano a controllarla nonostante l'interruzione del trattamento, solo un paziente ha una durata di remissione superiore, 13 anni». Ma nel caso presentato a Vancouver si tratta di un'interruzione che si è verificata su una bambina e non si era mai osservata una remissione di così lungo periodo per pazienti in età pediatrica.
L'eccezionalità dell'annuncio è riconosciuta anche da Giampiero Carosi, professore emerito di Infettivologia dell'Università di Brescia: «Se la bambina è stata trattata dalla nascita per sei anni di fila senza mai interrompere la terapia è un caso interessante perché è la prima volta che si ha una negativizzazione così lunga. L'ipotesi più probabile è che la carica virale, già molto bassa, possa essersi azzerata del tutto».
I medici curanti però avvertono: la ragazza non è guarita, ma il suo organismo è in grado di controllare la replicazione del virus, che resta comunque presente.
Carosi raccomanda di non trarre conclusioni affrettate riguardo a "possibili novità" sui farmaci: «La bambina era stata trattata dal 1996, quando c'erano ancora i primi farmaci efficaci, che sono poi stati molto migliorati negli anni successivi». È però rassicurante che ormai la trasmissione del virus dalle madri ai neonati sia sempre più rara: «Oggi le donne sieropositive vanno messe in trattamento con la terapia triplice continuata e i bambini trattati fino a escludere che si siano infettati; 18 anni fa questo non si faceva».
Renato Torlaschi
Fonte: Doctor33
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