28 settembre 2015
Interviste
Le slot “umane” che ci invogliano a perdere di più
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Chi gioca alle slot machines tende spesso a interagire con la macchinetta mangiasoldi come se fosse qualcosa di più e di diverso da un apparecchio elettronico programmato per restituire solo una percentuale di quello che viene puntato, e proprio a causa di questo meccanismo rimane invischiato più a lungo in un'attività che alla lunga è sempre perdente. La conferma dei pericoli che si corrono quando si decide di "buttare qualche spicciolo" nelle slot machines, che da qualche anno costituiscono parte dell'arredo di molti bar, viene da uno studio realizzato al dipartimento di Psicologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Dica33 ne ha parlato con Paolo Riva, che ha condotto insieme a Simona Sacchi e Marco Brambilla la ricerca da poco pubblicata sulla rivista Journal of experimental psychology: applied.
Da dove è partito il vostro studio?
«L'idea è venuta prendendo il caffè al bar sotto casa, dove campeggia una slot machine decorata in modo molto colorito, con volti femminili e occhi ammiccanti, chiamata "La rivincita di Cheope". Il bar è da tempo uno dei luoghi di socialità primaria per gli italiani, e da quando le slot machines sono state legalizzate fanno spesso parte del panorama della nostra vita quotidiana, con un effetto molto pericoloso, soprattutto su chi è più vulnerabile. Questo tipo di giochi, grazie anche all'esposizione cronica pervasiva, agisce su quelle che possiamo chiamare "trappole del pensiero"».
Quindi chi rimane agganciato alle slot machines lo fa perché rimane vittima di queste "trappole del pensiero"?
«I meccanismi sono più d'uno: noi ci siamo concentrati sulla tendenza comune a tutti gli esseri ad attribuire spesso caratteristiche umane (intenzioni, libero arbitrio, coscienza, emozioni) anche agli animali, alle macchine o ai fenomeni naturali. Per verificare se questa tendenza ha un effetto sulle abitudini di gioco abbiamo condotto 5 studi tra loro complementari, con il coinvolgimento complessivo di oltre 400 soggetti, tra giocatori abituali e non giocatori. Nel primo studio è stato chiesto a un gruppo di non giocatori (la cui spesa media settimanale alle slot era pari a zero) e a un gruppo di giocatori abituali (la cui spesa media settimanale alle slot era di oltre 100 euro) di valutare una serie di caratteristiche che possono essere attribuite alle slot machine, dichiarando il proprio grado di accordo o disaccordo su affermazioni come: "Le slot machine agiscono secondo le proprie intenzioni" e "La slot machine può decidere di premiarmi ogni volta che vuole". Questo studio ha mostrato che il gruppo dei giocatori abituali tende spontaneamente, in una misura maggiore di oltre il 50 per cento rispetto all'altro gruppo, a percepire la macchina da gioco come un essere dotato di volontà».
Quindi i giocatori abituali attribuiscono alla slot machine un'identità?
«In un certo senso sì. Anche se magari razionalmente i giocatori abituali sanno che l'andamento delle giocate è casuale (e che il gestore vince sempre una fetta delle somme puntate), a causa di questo meccanismo finiscono più o meno consapevolmente per attribuire un'intenzionalità, e quindi una sfida, alla quale non riescono a resistere.
Nei successivi quattro esperimenti abbiamo infatti osservato che nei test basta modificare il testo di presentazione della slot machine per influenzare il successivo comportamento di gioco. Il testo presentato a metà dei partecipanti era emotivo e con un alto grado di antropomorfizzazione ("Quando si gioca alle slot machine online non si deve ricorrere ad alcuna strategia in particolare. Ricorda che la slot machine può decidere se farti vincere o perdere quando vuole lei") mentre quello presentato all'altra metà più razionale ("Quando si gioca alle slot machine online non si deve ricorrere ad alcuna strategia in particolare. Ricorda che la slot machine è regolata da un algoritmo matematico pre-programmato per erogare un certo numero di vincite e di perdite"). Dopo la lettura di queste brevi righe i partecipanti sono stati invitati a giocare a una slot machine online, mentre un programma nascosto contava il numero di giocate effettuate. I partecipanti sono stati lasciati liberi di interagire con la slot machine a piacimento, prima di proseguire con le fasi successive del test.
I risultati hanno mostrato che i partecipanti esposti alla descrizione antropomorfa della slot machine hanno giocato di più, per un incremento medio del 45 per cento del numero di giocate rispetto al gruppo esposto alla descrizione non antropomorfa, e hanno perso molto di più».
C'è una strategia per non cadere in queste trappole del pensiero?
«Purtroppo no. Questi meccanismi agiscono soprattutto sulle persone più isolate dal punto di vista delle relazioni sociali, e a poco serve la spiegazione razionale. Però è importante prendere atto che non esiste una versione "buona" di questi giochi: il solo fatto che siano presenti nei bar costituisce un pericolo. Io sono convinto che toglierle dai bar sarebbe un primo passo importante da fare, anche se non sarebbe la soluzione, perché esistono anche altri modi, soprattutto online».
Fabio Turone
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