03 giugno 2016
Aggiornamenti e focus
Una vita piena di impegni per una mente più in forma
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Quante volte ci siamo lamentati della nostra agenda troppo piena di impegni? Spesso si hanno talmente tante cose da fare in una giornata da non sapere nemmeno da quale incominciare e da non avere il tempo materiale per portare a termine tutti gli impegni. Uno studio statunitense da poco pubblicato sulla rivista Frontiers in Aging Neuroscience potrebbe però spingere chi si lamenta a rivedere le proprie posizioni.
«Dai nostri risultati emerge che avere una giornata carica di impegni si associa a migliori prestazioni cognitive» spiega Sara Festini, ricercatrice presso il Center for Vital Longevity alla Università del Texas di Dallas e autrice della ricerca che ha coinvolto 330 uomini e donne di età compresa tra 50 e 89 anni ai quali è stato chiesto di indicare quanto "impegnate" fossero le loro giornate.
«Le discussioni e le lamentele relative ai troppi impegni quotidiani sono all'ordine del giorno, ma solo pochi studi hanno valutato in modo concreto il rapporto tra un'agenda piena e la salute» aggiunge la ricercatrice che assieme i colleghi ha voluto colmare questa lacuna e capire se gli effetti dei troppi impegni sull'organismo fossero diversi a seconda dell'età. Come spiegano i ricercatori, infatti, essere molto impegnati potrebbe avere un significato più positivo per gli anziani che si sentirebbero così ancora utili, ma avere un significato negativo per i più giovani. In particolare, gli autori dello studio si sono concentrati sull'impatto cerebrale dei tanti impegni valutandolo attraverso test specifici per misurare le capacità cognitive.
«Già in passato alcune ricerche hanno dimostrato che rimanere attivi dal punto di vista fisico, mentale e sociale aiuta la mente a mantenersi attiva negli anni e a tenere alla larga alcuni tipi di demenza» continua Festini che poi aggiunge: «E i risultati del nostro lavoro confermano questi dati: chi ha una vita più impegnata ha anche risultati migliori nei test cognitivi, in particolare in quelli che riguardano la memoria di lavoro, quella episodica e la velocità nell'elaborare informazioni». «E non ci sono differenze legate all'età, al reddito o all'origine etnica» concludono gli autori.
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