Ortoressia: quando il cibo diventa un’ossessione

01 agosto 2016
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Ortoressia: quando il cibo diventa un’ossessione



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Tutti noi possiamo beneficiare di modifiche salutari apportate alla dieta alimentare e allo stile di vita, comprese le nostre abitudini sportive, ma per alcuni l'impegno al "comportamento sano" può degenerare in una vera e propria ossessione che prende il nome di ortoressia, descritta come "una malattia mascherata da una virtù".

Ortoressia nervosa è un termine coniato nel 1997 dal dottor Steven Bratman che non solo ha coniato il termine, ma fu anche il primo malato con diagnosi di ortoressia.

Ma l'ortoressia è un vero e proprio disturbo? Vediamo alcuni criteri diagnostici. Nel Dsm - 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) pubblicato nel 1952, per la prima volta viene riconosciuta l'ortoressia come disturbo alimentare distinguibile da una normale attenzione verso gli aspetti salutari del cibo se questo è causa di una significativa perdita di peso o di una significativa carenza nutrizionale.

Nel 2016 Thom Dunn, e Steven Bratman della Università del Colorado, in un articolo pubblicato sulla rivista Eating Behaviors hanno proposto formali criteri diagnostici per l'ortoressia nervosa, che si possono riassumere nell'attenzione ossessiva al mangiare "sano" - con dettagli che possono variare a seconda dell'area geografica, della cultura, ecc - accompagnata da un esagerato stress emotivo in relazione alle scelte alimentari percepite come insalubri. Ad essa si aggiunge un comportamento compulsivo riguardo alle pratiche dietetiche agli integratori alimentari, ai digiuni purificanti e disintossicanti.

Autostima eccessivamente subordinata al rispetto del comportamento alimentare autodefinito sano. Col tempo si può assistere all'eliminazione di interi gruppi di alimenti in una escalation che normalmente conduce alla perdita di peso (che resta comunque una conseguenza e non un obiettivo primario). La violazione delle regole alimentari autoimposte provoca una paura esagerata di ammalarsi accompagnata da ansia e vergogna.

Come conseguenze del comportamento compulsivo vengono individuate la malnutrizione, la grave perdita di peso e altre complicazioni mediche derivanti dalla dieta, diffuso disagio intrapersonale, compromissione del funzionamento sociale lavorativo e di altre aree importanti della vita personale.

Accanto a questa problematica, negli ultimi anni è balzata all'attenzione degli psicologi la cosiddetta "sindrome da overtraining". Secondo le rilevazioni di Monica Monaco, psicologa autrice di Sport no stop: «Sempre più conosciuto e promosso come metodo naturale di supporto alla salute, sia in termini di prevenzione che di intervento per ridurre numerose problematiche fisiche, psicologiche e sociali, lo sport può anche diventare un'ossessione dannosa per la salute stessa come dimostrano i numerosi casi di quella che viene definita comunemente, ma talvolta anche impropriamente, come "dipendenza dallo sport"».

Monaco fa inoltre presente, in uno dei suoi scritti, «la frequente presenza di anoressia e bulimia nervosa associate alla "pratica fisica dipendente" e alimentate dalle stesse motivazioni di controllo del peso e dell'aspetto fisico che si pongono alla base dell'exercise addiction, soprattutto nelle donne.

Negli uomini le motivazioni alla base della "dipendenza sportiva", se legate al controllo dell'immagine corporea, portano più spesso a mostrare il problema della cosiddetta "anoressia inversa", ossia quella paura patologica, tipica di alcuni bodybuilders, di diventare troppo magri, deboli e sottosviluppati dal punto di vista muscolare.Ciò che appare comune è la presenza di un comportamento di iper-controllo dell'alimentazione associato alla dipendenza da esercizio fisico».

Maria Elena Capitanio



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