Che cosa rende rischioso l'intervento

06 aprile 2005
Aggiornamenti e focus

Che cosa rende rischioso l'intervento



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Gli interventi sull'intestino rimangono piuttosto delicati, malgrado i molti progressi sia in campo operatorio - basti pensare alle tecniche endoscopiche, sia in fatto di preparazione all'intervento e profilassi antibiotica. Ciononostante gli interventi dovuti a tumori del colon-retto sia a diverticoli intestinali scontano una mortalità successiva all'intervento pari al 5-6% e complicanze non mortali nel 20-40%. Questo dicono gli studi, soprattutto statunitensi. Però al di là del dato crudo complessivo, non si hanno indicazioni utili: per esempio, chi è più esposto a complicanze, quali sono le circostanze che rendono più rischioso l'intervento. Scoprire questi aspetti, e quindi rendere più fondata la scelta se procedere o meno, sono stati gli scopio di uno studio multicentrico condotto in Francia.

L'età ha sempre il suo peso


La ricerca ha interessato tutti i pazienti sottoposti a intervento tradizionale o per via endoscopica per tumori colorettali o diverticoli in un periodo di 4 mesi (da giugno a settembre 2002) in 81 centri ospedalieri. In totale sono stati raccolti più di 1400 pazienti, per il 70% operati a causa di un tumore e per il resto a causa di diverticoli. I pazienti selezionati sono stati seguiti per tre mesi dall'intervento. 48 persone sono morte durante il ricovero (3,9%) e 42 entro 30 giorni dall'intervento (3,4%). Le cause della morte durante il ricovero sono state, in ordine di frequenza, lo shock settico, il tumore stesso ormai giunto in fase terminale, , l'arresto cardiaco, la broncopolmonite, l'insufficienza respiratoria acuta, l'infarto, l'insufficienza multuipla di organo. I fattori di rischio associati alla morte perioperatoria erano parecchi, 28 per la precisione, ma solo 4 agivano indipendentemente: il fatto che l'intervento sia stato condotto d'urgenza, la perdita recente di oltre il 10% del peso corporeo (segno di un aggravamento della malattia) e l'età superiore a 70 anni. In pratica, in presenza di due di queste condizioni il rischio di morte è pari al 9%, con tre sale al 20% e quando sono presenti tutte e quattro raggiunge il 50%. La presenza di un solo fattore di rischio non influenza eccessivamente l'esito dell'intervento.Per quanto riguarda la morbidità post-operatoria, ha interessato il 35% dei pazienti. In assoluto le complicanze più frequenti (oltre il 10%) erano a carico del cuore e del sistema respiratorio, a seguire quelle che interessavano la ferita chirurgica e quelle a carico dell'intestino. Lo studio ha anche dimostrato che la degenza era più lunga in caso di intervento per tumore, con la sola eccezione dei centri privati, dove il ricovero era più breve anche in questo caso (e ci sarebbe molto da discutere se questo sia un bene). I fattori di rischio associati alle complicanze non mortali erano: la contaminazione del peritoneo, la presenza di una malattia cardiorespiratoria o neurologica, l'età superiore a 70 anni, l'ipoalbuminemia e una durata dell'intervento superiore a 2 ore.

Curare l'alimentazione


In questo studio, dunque, la mortalità è inferiore a quella più spesso segnalata nella letteratura, mentre le complicanze non mortali sono piuttosto frequenti. Tuttavia va tenuto presente che si tratta di dati ricavati dalla casistica standard, e non da gruppi di pazienti selezionati e operati in centri di alta specializzazione. Gli autori giungo difatti ad alcune conclusioni utili. Innanzitutto non conta molto la causa dell'intervento: tumori o diverticoli presentano più o meno gli stessi rischi. L'età pesa sempre, così come è molto importante lo stato nutrizionale del paziente: sia la perdita di peso di più del 10% sia l'ipoalbuminemia sono segni piuttosto certi di malnutrizione, un aspetto che il chirurgo deve ben valutare. Non sembra nemmeno, ai fini della mortalità, che la tecnica impiegata cambi la frequenza, che resta simile sia con l'intervento tradizionale sia con quello laparoscopico o mini-invasivo. Dei fattori di rischio identificati, gli unici che dipendono non dal paziente ma dall'operatore sono la durata dell'intervento e la contaminazione del peritoneo. In conclusione, sono i pazienti anziani e quelli malati a rischiare di più, però una maggiore attenzione all'alimentazione nella fase precedente all'intervento potrebbe ridurre tutte le complicanze, mortali e non.

Maurizio Imperiali



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