Proteggere i cuori diabetici

20 maggio 2005
Aggiornamenti e focus

Proteggere i cuori diabetici



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Sono molti gli studi clinici che hanno dimostrato un forte legame tra il diabete e le malattie cardiovascolari, i pazienti hanno il doppio, se non i quadruplo, delle probabilità di andare incontro a un evento cardiaco: l'80% dei decessi tra i pazienti diabetici è dovuto proprio a malattie cardiovascolari. Ma è anche un problema di informazione, perché due terzi dei diabetici sono completamente all'oscuro di essere a rischio di complicanze cardiovascolari.L'associazione tra diabete di tipo 2 e malattie vascolari è spiegata da alcuni aspetti del quadro clinico di tali soggetti. Spesso si presenta anche la sindrome metabolica, nonché dislipidemie e obesità. Di questo e altro si è discusso durante il XV congresso dell'Associazione Medici Diabetologi tenutosi a Genova.

Cuori a rischio


Il profilo lipidico diventa quindi un elemento critico che va controllato con particolare attenzione, per poter pensare di incidere sulla mortalità. Nei pazienti diabetici sono stati osservati livelli elevati di colesterolo LDL, il cosiddetto cattivo, accompagnati da alti livelli di trigliceridi e bassi livelli di colesterolo HDL, cosiddetto buono. In questa condizione è molto probabile che si instaurino processi infiammatori, per altro poco contrastati dall'azione protettiva dell'HDL, che interessano le pareti dei vasi fino a evolversi in aterosclerosi e danno vascolare. Con un'aggravante, cioè la qualità delle molecole del colesterolo LDL. È stato dimostrato che ne esistono di diversi tipologie caratterizzate dalla dimensione e dalla densità, quelle più piccole e più dense sono più facilmente ossidabili e in grado di accelerare il processo infiammatorio. Sono proprio queste che nei pazienti diabetici sono presenti in maggior numero.

Lipidi critici


A questo quadro clinico non fa purtroppo fronte un impegno terapeutico adeguato, per lo meno in Italia e per lo meno secondo i dati dello studio EASY, presentato durante il congresso. Sono stati arruolati più di 15 mila pazienti che erano entrati in contatto con ambulatori di cardiologia, di diabetologia e di medicina interna, senza selezione, cioè indipendentemente dal motivo per cui ci andavano. Un terzo dei pazienti è risultato essere diabetico (6835); di età media 63 anni, anche se il 30% superava i 70 anni; erano leggermente in sovrappeso; la pressione massima era un po' più alta della media. Il profilo lipidico apparentemente non sembrava discostarsi di molto dalla media nazionale, anche se i trigliceridi erano più elevati. In realtà secondo le linee guida internazionali chi è considerato a rischio cardiovascolare dovrebbe avere livelli più bassi di quelli trovati nella ricerca. Il 62% dei pazienti diabetici era in terapia con le statine, farmaci usati per controllare il colesterolo, il che significa che più di un terzo non lo era, e in più solo il 29% dei soggetti in cura raggiungeva gli obiettivi di colesterolo indicati dalle linee guida. Nei pazienti ad alto rischio solo il 27% ci riusciva nonostante fosse in cura. Vale a dire che il 71% dei pazienti diabetici trattati non lo era in modo adeguato, come pure il 73% di quelli considerati a rischio elevato. "Le ragioni di questo quadro - commenta Antonio Ceriello, docente della Facoltà di Medicina dell'Università di Udine - vanno ricercate nella formazione del medico e nell'aderenza del paziente a cure multiple dal momento che nella maggior parte dei casi si tratta di un paziente che deve già assumere numerosi farmaci."

Formazione e compliance

La tendenza sembra essere quella di rivolgere l'attenzione più al metabolismo glicemico che al profilo lipidico, il che potrebbe essere un errore pagato in termini di mortalità. In questa direzione si può muovere la prevenzione, anche utilizzando molecole quali le statine sulle quali la ricerca è sempre più attiva. Tra questa infatti ne esistono di diversi tipologie tra cui scegliere quella più adatta al caso. Nella fattispecie, la rosuvastatina ha dimostrato di avere un profilo di efficacia che incide, già a basse dosi. In diversi studi (ANDROMEDA, URANUS, CORALL) è stata osservata una riduzione dei livelli di trigliceridi, un aumento dei livelli di colesterolo HDL e una riduzione del colesterolo LDL, in particolare delle molecole piccole e dense, con una conseguente limitazione del processo infiammatorio sui vasi sanguigni.

Simona Zazzetta



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