18 luglio 2003
Aggiornamenti e focus
Un test non basta
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Dato che il diabete causa iperglicemia, un semplice esame del sangue è sufficiente per avere quantomeno il dubbio che vi sia diabete. Quando il metabolismo degli zuccheri è normale, infatti, la glicemia è relativamente stabile: a digiuno la quantità di glucosio nel sangue varia da 60 a 110 mg/dl; il suo livello sale in corrispondenza dei pasti; un'ora dopo non dovrebbe superare i 160 mg/dl; dopo 2 ore torna ai valori a digiuno. Il test della glicemia può essere occasionale, vale a dire condotto in un qualsiasi momento della giornata, oppure effettuato a digiuno, o ancora 2 ore dopo l'ultimo pasto (glicemia postprandiale). Esiste poi la misurazione della glicemia dopo carico di glucosio, detta anche test di intolleranza al glucosio o curva glicemica, che consiste nella somministrazione, a digiuno, di una soluzione acquosa contenente 75 g di glucosio, seguita da 6 prelievi ematici a intervalli regolari, nelle ore successive.
Un altro campanello d'allarme è dato dalla glicosuria: la presenza di glucosio nelle urine. In condizioni normali non si trova glucosio nelle urine, quando invece la glicemia raggiunge valori di 180-200 mg/dl, il rene non riesce più a filtrare tutto il glucosio e lo riversa nelle urine. Tuttavia la glicosuria non è indice certo di diabete perché può essere dovuta anche ad altre cause (per esempio, malattie renali), inoltre non è un esame quantitativo, non è in grado cioè di rivelare in caso di diabete l'entità dello scompenso glicemico.
Quando sono presenti i sintomi caratteristici del diabete: poliuria, continuo stimolo della fame e della sete, perdita di peso inspiegabile e una glicemia occasionale fa segnare un valore superiore o uguale a 200 mg/dl, si pone diagnosi di diabete. Idem se la glicemia a digiuno (almeno 8 ore dall'ultimo pasto) supera i 126 mg/dl.
Quando invece il paziente è asintomatico e l'iperglicemia non è così marcata, si procede con maggior cautela. Esistono, infatti, dei casi in cui i valori glicemici non sono normali, ma nemmeno corrispondenti a quelli del diabete conclamato.
Quando la glicemia a digiuno risulta compresa tra 110 e 126 mg/dl si effettua un secondo esame per confermare la presenza del diabete. Si procede, in questi casi, con il test d'intolleranza al glucosio che viene così interpretato:
Quale diabete
I valori della glicemia consentono di individuare i soggetti diabetici, altri test servono per distinguere tra diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2. Per esempio la ricerca degli anticorpi anti-isole pancreatiche, che sono presenti soltanto nel tipo 1, oppure la ricerca dei corpi chetonici (acetone, acido acetico...) nel sangue e nelle urine, più elevati nel diabete tipo 1 non trattato. In ogni caso, una completa anamnesi e valutazione clinica dei sintomi riferiti dal paziente è spesso sufficiente per indirizzare il medico verso la giusta diagnosi del tipo di diabete.
Chi deve fare il test
Quando non ci siano segni o sintomi particolari, tutti dovrebbero sottoporsi a un test della glicemia dopo i 45 anni; se il risultato è normale, e non intervengono cambiamenti nel frattempo, l'esame può essere ripetuto dopo 3 anni.
Diverso il discorso per i soggetti a rischio, per costoro i controlli dovrebbero essere più ravvicinati. Sono considerati a rischio di sviluppare diabete, di tipo 1 o di tipo 2:
Durante la terapia
L'obiettivo della terapia del diabete mellito (tipo1 e tipo2) è riportare per quanto possibile nella norma i valori della glicemia. Durante la terapia, quindi, è fondamentale controllare costantemente l'andamento della glicemia. A questo scopo, al paziente si raccomanda di misurare da sé il livello di zucchero nel sangue, operazione divenuta molto semplice con l'ausilio dei reflettometri portatili.
Il paziente affetto da diabete tipo 1 dovrebbe controllare la glicemia almeno 3-4 volte al giorno, fino a un massimo di 7 (il che significa il mattino a digiuno e prima e dopo ogni pasto), nel tipo 2 bastano anche due controlli (prima di colazione e dopo), ma è il medico che deve indicare quando e quante volte eseguire le misurazioni. L'autotest della glicemia, comunque, non esclude controlli periodici in laboratorio, e l'esecuzione di altri esami come il dosaggio dell'emoglobina glicosilata o HbA1c. Quest'ultima è la determinazione della quantità di emoglobina che è stata danneggiata dall'iperglicemia, attraverso la reazione di glicosilazione. Di conseguenza, questo test dà un indice fedele del controllo della malattia: quanto più è elevata, tanto meno la glicemia è stata entro valori normali. Il valore soglia è il 7%.
L'automisurazione della glicemia e gli altri esami condotti in corso di terapia, però, hanno anche lo scopo di evitare un'altra condizione pericolosa, frequente nel diabetico, soprattutto se trattato con insulina: l'ipoglicemia, cioè un livello troppo basso di glucosio nel sangue.
Elisa Lucchesini
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Un altro campanello d'allarme è dato dalla glicosuria: la presenza di glucosio nelle urine. In condizioni normali non si trova glucosio nelle urine, quando invece la glicemia raggiunge valori di 180-200 mg/dl, il rene non riesce più a filtrare tutto il glucosio e lo riversa nelle urine. Tuttavia la glicosuria non è indice certo di diabete perché può essere dovuta anche ad altre cause (per esempio, malattie renali), inoltre non è un esame quantitativo, non è in grado cioè di rivelare in caso di diabete l'entità dello scompenso glicemico.
Diabete sì
Quando sono presenti i sintomi caratteristici del diabete: poliuria, continuo stimolo della fame e della sete, perdita di peso inspiegabile e una glicemia occasionale fa segnare un valore superiore o uguale a 200 mg/dl, si pone diagnosi di diabete. Idem se la glicemia a digiuno (almeno 8 ore dall'ultimo pasto) supera i 126 mg/dl.
Quando invece il paziente è asintomatico e l'iperglicemia non è così marcata, si procede con maggior cautela. Esistono, infatti, dei casi in cui i valori glicemici non sono normali, ma nemmeno corrispondenti a quelli del diabete conclamato.
Diabete no
Quando la glicemia a digiuno risulta compresa tra 110 e 126 mg/dl si effettua un secondo esame per confermare la presenza del diabete. Si procede, in questi casi, con il test d'intolleranza al glucosio che viene così interpretato:
- Se il valore a due ore della glicemia da carico è inferiore a 140 mg/dl si ha normale tolleranza al glucosio, non c'è diabete
- Se il valore a due ore della glicemia da carico è compreso tra 140 e 200 mg/dl si ha intolleranza al glucosio, uno stato prediabetico da tenere sotto controllo
- Se il valore a due ore della glicemia da carico è superiore a 200 mg/dl si ha diagnosi provvisoria di diabete, da confermarsi con un secondo test
Quale diabete
I valori della glicemia consentono di individuare i soggetti diabetici, altri test servono per distinguere tra diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2. Per esempio la ricerca degli anticorpi anti-isole pancreatiche, che sono presenti soltanto nel tipo 1, oppure la ricerca dei corpi chetonici (acetone, acido acetico...) nel sangue e nelle urine, più elevati nel diabete tipo 1 non trattato. In ogni caso, una completa anamnesi e valutazione clinica dei sintomi riferiti dal paziente è spesso sufficiente per indirizzare il medico verso la giusta diagnosi del tipo di diabete.
Chi deve fare il test
Quando non ci siano segni o sintomi particolari, tutti dovrebbero sottoporsi a un test della glicemia dopo i 45 anni; se il risultato è normale, e non intervengono cambiamenti nel frattempo, l'esame può essere ripetuto dopo 3 anni.
Diverso il discorso per i soggetti a rischio, per costoro i controlli dovrebbero essere più ravvicinati. Sono considerati a rischio di sviluppare diabete, di tipo 1 o di tipo 2:
- I soggetti obesi, con indice di massa corporea uguale o superiore a 27, o con peso pari o superiore al 120% del peso ideale
- Persone con un consanguineo di primo grado che soffre di diabete
- Le persone che appartengono a etnie ad alto rischio, come gli afro-americani, gli indiani, gli americani
- Le donne cui è stato diagnosticato diabete gestazionale, o che hanno partorito bambini di peso superiore a 4 kg
- Chi soffre d'ipertensione arteriosa
- I soggetti con livelli di colesterolo HDL uguale o inferiore a 35 mg/dl e/o trigliceridemia uguale o superiore a 250 mg/dl
- Persone che in test precedenti hanno mostrato intolleranza glucidica o iperglicemia a digiuno
Durante la terapia
L'obiettivo della terapia del diabete mellito (tipo1 e tipo2) è riportare per quanto possibile nella norma i valori della glicemia. Durante la terapia, quindi, è fondamentale controllare costantemente l'andamento della glicemia. A questo scopo, al paziente si raccomanda di misurare da sé il livello di zucchero nel sangue, operazione divenuta molto semplice con l'ausilio dei reflettometri portatili.
Il paziente affetto da diabete tipo 1 dovrebbe controllare la glicemia almeno 3-4 volte al giorno, fino a un massimo di 7 (il che significa il mattino a digiuno e prima e dopo ogni pasto), nel tipo 2 bastano anche due controlli (prima di colazione e dopo), ma è il medico che deve indicare quando e quante volte eseguire le misurazioni. L'autotest della glicemia, comunque, non esclude controlli periodici in laboratorio, e l'esecuzione di altri esami come il dosaggio dell'emoglobina glicosilata o HbA1c. Quest'ultima è la determinazione della quantità di emoglobina che è stata danneggiata dall'iperglicemia, attraverso la reazione di glicosilazione. Di conseguenza, questo test dà un indice fedele del controllo della malattia: quanto più è elevata, tanto meno la glicemia è stata entro valori normali. Il valore soglia è il 7%.
L'automisurazione della glicemia e gli altri esami condotti in corso di terapia, però, hanno anche lo scopo di evitare un'altra condizione pericolosa, frequente nel diabetico, soprattutto se trattato con insulina: l'ipoglicemia, cioè un livello troppo basso di glucosio nel sangue.
Elisa Lucchesini
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