28 marzo 2008
Aggiornamenti e focus
Se il tipo 2 si regge sull'adipe
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L'idea che trattando chirurgicamente il diabete di tipo 2 associato all'obesità si potesse migliorare il primo problema oltre al secondo è relativamente recente, anche se confortata dalla casistica. Interessante è che questo si ricollega a una possibile nuova visione del diabete tipo 2, con un ruolo prioritario attribuito alle alterazioni del metabolismo lipidico: un rovesciamento di prospettiva che avrebbe ovvie conseguenze rispetto alla prevenzione e soprattutto alle strategie terapeutiche. Invece della tradizionale prospettiva glucocentrica, infatti, in cui l'iperglicemia è l'alterazione primaria causata da una combinazione tra insulino-resistenza associata a obesità e deficit di beta-cellule pancreatiche, si affaccia una nuova visione lipocentrica, dove l'iperglicemia con sottostanti insulino-resistenza e deficit di beta-cellule sarebbe secondaria al trauma metabolico dovuto a un accumulo lipidico ectopico, cioè non nella sede normale. In quest'ipotesi la correzione dell'eccesso glicemico passerebbe per l'eliminazione del sovraccarico lipidico. La teoria viene spiegata su JAMA in un commento intitolato "Reinventare il diabete di tipo 2", nel quale si racconta anche come essa sia tutt'altro che nuova e come coinvolga cambiamenti nello stile di vita occidentale dell'ultimo mezzo secolo.
Il recente studio che ha mostrato perdite di peso dopo bendaggio gastrico associate a remissione della malattia nel 73% di pazienti con diabete tipo 2 e obesità, supporta questa teoria. E concorda con 45 anni di ricerca biochimica e clinica a sostegno del sovraccarico lipidico quale causa sottostante la malattia e altri componenti di quella che viene definita sindrome metabolica. In questo stesso arco temporale si sono verificati in particolare due cambiamenti, in modo più marcato negli Stati Uniti ma con gli altri paesi occidentali in rincorsa, che si ripercuotono sull'equilibrio energetico e predispongono all'accumulo lipidico. Il primo è il graduale abbandono dei pasti in famiglia con ricorso a cibi confezionati e ipercalorici, consumati in libertà (specie negli USA); il secondo è il forte ridimensionamento dell'attività fisica a tutti i livelli della vita quotidiana, accelerato dalle nuove tecnologie, con conseguente brusco calo del dispendio energetico (andrebbe aggiunto il fattore riscaldamento). Già diversi anni fa si era scoperto che nelle persone soprappeso e obese anche con glicemia nella norma i livelli d'insulina erano più alti del normale, il che implica insulino-resistenza, riscontro confermato da vari studi sugli obesi. E' quindi emerso il concetto della relazione tra glicemia e metabolismo lipidico, con teorie che fornivano spiegazioni biochimiche plausibili di un peggioramento del metabolismo glucidico lipido-indotto che può portare a insulino-resistenza. Si sono poi identificati meccanismi d'interferenza degli acidi grassi con l'uptake del glucosio insulino-mediato nel muscolo e nel fegato, e si è mostrato che lipidi ectopici si accumulano nelle isole pancreatiche in parallelo con altri tessuti, con possibile distruzione "lipotossica" di beta-cellule che precipita l'iperglicemia.
Le tappe del possibile percorso lipocentrico verso l'iperglicemia sarebbero, in base ai dati epidemiologici, clinici e metabolici: surplus calorico, iperinsulinemia, aumentata espressione di un fattore stimolante la lipogenesi, aumentata lipogenesi, incremento dell'adiposità, deposito lipidico ectopico, insulino-resistenza, lipotossicità nella beta-cellule, iperglicemia. Uno schema congruente sia con lo squilibrio calorico comportamentale sia con i noti effetti dell'iperalimentazione sulla secrezione insulinica e dell'insulina sull'accumulo delle calorie eccedenti, dapprima come grasso negli adipociti e infine come grasso ectopico in altre cellule quali miociti ed epatociti. La resistenza all'uptake di glucosio insulino-mediato nei tessuti sarebbe così un adattamento compensatorio per evitare ulteriori depositi lipidici, portando il substrato per la lipogenesi fuori dalle cellule epatiche. Quali le implicazioni cliniche della visione lipocentrica? Soprattutto due. Primo, gli individui sovrappeso dovrebbero ridurre l'apporto calorico e aumentare il dispendio per prevenire l'insulino-resistenza e l'iperglicemia, cosa utile anche se non si raggiunge il peso ottimale. Secondo, ci si domanda se sia razionale combattere l'insulino-resistenza nel diabete tipo 2 con obesità senza eliminare l'eccesso calorico che la crea, e se la terapia insulinica intensiva non risulti controproducente peggiorando il sovraccarico lipidico ectopico (forse questa è la causa dell'aumentata mortalità cardiovascolare nel trial ACCORD interrotto perciò quest'anno). In quest'ipotesi, la terapia dovrebbe eliminare il surplus calorico, riducendo quindi l'iperinsulinemia, la lipogenesi e i lipidi ectopici, l'iperglicemia; se questa non cala si aggiungono farmaci anti-diabetici che riducono intake calorico e lipidi ectopici. La chirurgia bariatrica sarebbe forse il modo migliore per eliminare il surplus calorico, infine si dovrebbe ricorrere all'insulina solo se l'iperglicemia persiste nonostante un'aggressiva restrizione dietetica e relativa perdita di peso.
Elettra Vecchia
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Accumulo lipidico ectopico
Il recente studio che ha mostrato perdite di peso dopo bendaggio gastrico associate a remissione della malattia nel 73% di pazienti con diabete tipo 2 e obesità, supporta questa teoria. E concorda con 45 anni di ricerca biochimica e clinica a sostegno del sovraccarico lipidico quale causa sottostante la malattia e altri componenti di quella che viene definita sindrome metabolica. In questo stesso arco temporale si sono verificati in particolare due cambiamenti, in modo più marcato negli Stati Uniti ma con gli altri paesi occidentali in rincorsa, che si ripercuotono sull'equilibrio energetico e predispongono all'accumulo lipidico. Il primo è il graduale abbandono dei pasti in famiglia con ricorso a cibi confezionati e ipercalorici, consumati in libertà (specie negli USA); il secondo è il forte ridimensionamento dell'attività fisica a tutti i livelli della vita quotidiana, accelerato dalle nuove tecnologie, con conseguente brusco calo del dispendio energetico (andrebbe aggiunto il fattore riscaldamento). Già diversi anni fa si era scoperto che nelle persone soprappeso e obese anche con glicemia nella norma i livelli d'insulina erano più alti del normale, il che implica insulino-resistenza, riscontro confermato da vari studi sugli obesi. E' quindi emerso il concetto della relazione tra glicemia e metabolismo lipidico, con teorie che fornivano spiegazioni biochimiche plausibili di un peggioramento del metabolismo glucidico lipido-indotto che può portare a insulino-resistenza. Si sono poi identificati meccanismi d'interferenza degli acidi grassi con l'uptake del glucosio insulino-mediato nel muscolo e nel fegato, e si è mostrato che lipidi ectopici si accumulano nelle isole pancreatiche in parallelo con altri tessuti, con possibile distruzione "lipotossica" di beta-cellule che precipita l'iperglicemia.
Primo obiettivo l'eccesso calorico
Le tappe del possibile percorso lipocentrico verso l'iperglicemia sarebbero, in base ai dati epidemiologici, clinici e metabolici: surplus calorico, iperinsulinemia, aumentata espressione di un fattore stimolante la lipogenesi, aumentata lipogenesi, incremento dell'adiposità, deposito lipidico ectopico, insulino-resistenza, lipotossicità nella beta-cellule, iperglicemia. Uno schema congruente sia con lo squilibrio calorico comportamentale sia con i noti effetti dell'iperalimentazione sulla secrezione insulinica e dell'insulina sull'accumulo delle calorie eccedenti, dapprima come grasso negli adipociti e infine come grasso ectopico in altre cellule quali miociti ed epatociti. La resistenza all'uptake di glucosio insulino-mediato nei tessuti sarebbe così un adattamento compensatorio per evitare ulteriori depositi lipidici, portando il substrato per la lipogenesi fuori dalle cellule epatiche. Quali le implicazioni cliniche della visione lipocentrica? Soprattutto due. Primo, gli individui sovrappeso dovrebbero ridurre l'apporto calorico e aumentare il dispendio per prevenire l'insulino-resistenza e l'iperglicemia, cosa utile anche se non si raggiunge il peso ottimale. Secondo, ci si domanda se sia razionale combattere l'insulino-resistenza nel diabete tipo 2 con obesità senza eliminare l'eccesso calorico che la crea, e se la terapia insulinica intensiva non risulti controproducente peggiorando il sovraccarico lipidico ectopico (forse questa è la causa dell'aumentata mortalità cardiovascolare nel trial ACCORD interrotto perciò quest'anno). In quest'ipotesi, la terapia dovrebbe eliminare il surplus calorico, riducendo quindi l'iperinsulinemia, la lipogenesi e i lipidi ectopici, l'iperglicemia; se questa non cala si aggiungono farmaci anti-diabetici che riducono intake calorico e lipidi ectopici. La chirurgia bariatrica sarebbe forse il modo migliore per eliminare il surplus calorico, infine si dovrebbe ricorrere all'insulina solo se l'iperglicemia persiste nonostante un'aggressiva restrizione dietetica e relativa perdita di peso.
Elettra Vecchia
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