Con la mediterranea niente diabete

06 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Con la mediterranea niente diabete



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L'alimentazione fa parte, a pieno titolo, degli stili di vita, vale a dire di quell'insieme di elementi a cui ogni individuo è esposto quotidianamente e in ogni momento della sua vita, ragion per cui tutto il mondo scientifico, da anni, si batte affinché siano abitudini corrette e salutari. A sostegno di questi precetti, fioccano e si accumulano nel tempo numerose evidenze che continuamente confermano che mangiare in modo equilibrato, fare attività fisica, non fumare, bere moderatamente fa bene alla salute.

Grassi, solo se sani


Da affermazioni che possono interessare la popolazione in generale, si è passati ad analisi più fini che hanno verificato gli effetti della dieta in malattie specifiche, come fattore di rischio e di prevenzione. Tra queste va ricordato il diabete, direttamente collegato al metabolismo di due classi di nutrienti, carboidrati e lipidi. Si tratta di due tipologie di sostanze che possono avere origini diverse (animale o vegetale), ma che sono presenti in qualsiasi dieta, quindi tanto vale scegliere quella che ne propone quantità e qualità adatte a prevenire la patologia diabetica o a migliorare la vita dei diabetici. In questo senso continua a riscuotere consensi, scientificamente supportati, la dieta mediterranea, già consolidata nella prevenzione delle malattie cardiovascolari. L'elevato contenuto di fibre, di grassi vegetali, il consumo moderato di alcool e il basso tenore di acidi grassi trans (TFA) sono i motivi principali dell'effetto protettivo. Va ricordato che i TFA agiscono negativamente sui lipidi del sangue e aumentano il rischio di malattie arterosclerotiche e derivano dall'idrogenazione degli oli vegetali necessaria per il loro indurimento nella produzione delle margarine e dal trattamento termico di oli, grassi e alimenti che contengono acidi grassi insaturi. Tali ingredienti sono presenti in moltissimi prodotti industriali, dai dolciumi ai prodotti da forno confezionati, dalle fette biscottate alle patatine fritte in busta. Il regime alimentare mediterraneo è invece basato su un tenore relativamente alto di grassi, ma tendenzialmente monoinsaturi, per esempio l'olio di oliva, con pochi acidi grassi saturi. Studi su soggetti diabetici hanno dimostrato che una dieta ricca di acidi grassi monoinsaturi migliora il profilo lipidico e il controllo glicemico, suggerendo l'ipotesi che tale regime migliori la sensibilità insulinica.

Il rischio resta basso


Gli effetti su soggetti sani, quindi la capacità di prevenire l'insorgenza del diabete, è stata valutata in una popolazione dell'area mediterranea residente in Spagna. Tramite questionari molto dettagliati sono state raccolte informazioni per circa quattro anni e mezzo sulle abitudini alimentari di oltre 13 mila soggetti tra i 20 e i 90 anni che all'inizio dello studio non presentavano il diabete. L'obiettivo era misurare il grado si aderenza a una dieta di tipo mediterraneo tramite un indice che includeva nove elementi: elevata quantità di acidi grassi monoinsaturi e bassa di saturi, moderato consumo di alcool, elevato consumo di legumi, di cereali, di frutta fresca e secca, di verdura e di pesce, bassa assunzione di carne, di prodotti a base di carne, di latte e latticini. Per ognuno di questi aspetti della dieta mediterranea, osservato quotidianamente veniva assegnato un punto; il questionario proposto all'inizio veniva poi compilato nuovamente nelle visite di monitoraggio successive, mentre altre variabili, come età, sesso, misure antropometriche condizione sociodemografica, abitudini al fumo, attività fisica, uso di farmaci, familiarità con patologie. Escludendo il diabete gestazionale e altri pochi casi che per metodologia non sono stati inclusi nell'analisi, 33 persone hanno sviluppato il diabete su un numero calcolato di quasi 59 mila persone anni. Il primo dato rilevato potrebbe essere fuorviante in quanto, i soggetti con la più alta aderenza alla dieta mediterranea (punteggio >6), con maggiori livelli di attività fisica, avevano all'inizio dello studio una più alta prevalenza di rischi per il diabete: erano più anziani, con un indice di massa corporea più elevato, alto tenore calorico, pressione sanguigna più alta, familiarità per il diabete ed ex fumatori. Tuttavia quando si andava a valutare il rischio di sviluppare diabete rispetto ai livelli di aderenza alla dieta, a parità di età e sesso, si riscontrava un'associazione inversa: un punteggio >6 comportava una riduzione dell'83% del rischio (rischio di incidenza 0,17), e ogni incremento di due punti del grado di aderenza alla dieta, abbassava del 35% il rischio. Il miglioramento degli indici di resistenza insulinica e una minore concentrazione nel sangue di marcatori di infiammazione e di disfunzione endoteliale, segnali predittivi di diabete di tipo 2, riscontrati in altri studi sulla dieta mediterranea e sul consumo di olio di oliva danno una plausibilità biologica ai dati statistici raccolti e ad abitudini sane e tutt'altro che punitive dal punto di vista del palato.

Simona Zazzetta



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