Il giovane diabete trattato a casa

13 ottobre 2004
Aggiornamenti e focus

Il giovane diabete trattato a casa



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Una delle tendenze più forti dell'assistenza degli ultimi anni è trasferire dall'ospedale al territorio la cura delle malattie, soprattutto se croniche. Questo per molti motivi, non ultima la qualità della vita del paziente, che appare ancora più importante se si tratta di bambini.
Tra le malattie croniche più frequenti, e sfortunatamente in aumento, in età pediatrica vi è il diabete tipo 1, cioè quello dovuto all'inadeguata produzione di insulina che va trattato fin da subito con la somministrazione dell'ormone. Normalmente, dopo la diagnosi di diabete, il bambino viene ricoverato per un periodo variabile nel quale si provvede a stabilizzare la situazione e ad avviare la terapia. L'efficacia di questo approccio è stata valutata in una review britannica. In Gran Bretagna, infatti, il ricovero viene fatto di routine mentre, secondo gli autori, è effettivamente necessario se il bambino ha bisogno di fleboclisi per rimediare alla disidratazione conseguente alla malattia, a uno sbilancio degli elettroliti (sodio, potassio eccetera) e per trattare la chetoacidosi. Quindi, a rigore di logica, non sarebbe necessario ricoverare sempre in ospedale il piccolo paziente. Già da anni, dal 1995 per l'esattezza, a Cardiff è stato avviato uno schema di assistenza dopo la diagnosi che può essere applicato a domicilio, sia pure con l'assistenza di un'infermiera specializzata; nello schema Cardiff, se il bambino non presenta chetoacidosi può restare al domicilio e, sotto la supervisione dell'infermiera, i genitori possono loro stessi iniziare la terapia con due iniezioni di insulina mista al giorno, apprendendo contemporaneamente come e quando misurare la glicemia del bambino. L'infermiera si reca a casa del paziente due volte al giorno, in corrispondenza delle iniezioni, solo per i primi giorni, provvedendo anche a istruire i famigliari sul regime dietetico da osservare, sulle precauzioni da prendere e su come fronteggiare eventuali inconvenienti.

Difficoltà più che altro delle strutture


Il sistema ha funzionato bene sul piano clinico, tanto che secondo gli autori dello studio, posto che non vi siano condizioni critiche del bambino, è indifferente quale approccio si scelga. Le difficoltà sorgono però per altri aspetti, a cominciare da quelli sociali e organizzativi. Alcune famiglie, per esempio, possono non essere in grado di assistere il figlio adeguatamente: per ragioni lavorative, per capacità di svolgere atti comunque non indifferenti come praticare un'iniezione. Ma è rilevante anche il peso della situazione geografica e organizzativa. Per esempio, nei centri molto piccoli, è meno probabile che vi siano infermieri adeguatamente formati da poter inviare a domicilio. D'altra parte, per i centri pediatrici di diabetologia cui fa riferimento un'area geografica molto ampia è altrettanto difficile che sia possibile inviare sul territorio un gran numero di operatori, tenendo presenti anche le difficoltà della mobilità urbana. Di conseguenza, dove vi è una certa scarsità di risorse è probabile che il ricovero iniziale resti la scelta più adeguata almeno in termini di rapporto tra costi e benefici. D'altra parte, l'indicazione positiva resta: i genitori che si sentono proporre una soluzione domiciliare possono tranquillamente accettarla: se applicato correttamente questo schema garantisce in ugual misura la salute del piccolo paziente. Senza contare che, prima o poi, della gestione di questa malattia deve farsi carico la famiglia, con un ruolo del centro diabetologico limitato ai controlli periodici e agli adeguamenti dellaterapia in base alle necessità.

Maurizio Imperiali



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