Ghiandola in balia del pancione

24 marzo 2004
Aggiornamenti e focus

Ghiandola in balia del pancione



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La tempesta ormonale che si scatena durante la gravidanza nell'organismo femminile non risparmia neppure la tiroide. E se normalmente le disfunzioni di questa ghiandola sono da 4 a 5 volte più frequenti nelle donne, rispetto agli uomini, durante la gestazione il rischio aumenta ancora di più.
Durante la gestazione, infatti, si verificano molti cambiamenti nel bilancio ormonale tiroideo, in primo luogo si ha un aumento della globulina legante la tiroxina, la proteina che lega gli ormoni tiroidei e li trasporta all'interno del circolo sanguigno, con conseguente riduzione della frazione libera di ormoni. Si verifica, inoltre, un aumento dei livelli di TSH l'ormone prodotto dall'ipofisi che regola l'attività della tiroide, che favorisce l'assorbimento dello iodio, e, infine, la presenza di un enzima, la deiodinasi di tipo 2, nella placenta favorisce il rilascio dello iodio dalla molecola dell'ormone tiroideo.

Un quadro a rischio


Ci sono quindi tutte le premesse per assistere a una stimolazione della tiroide orientata verso un deficit di iodio, che può evolversi in ipotiroidismo con aumento del volume della ghiandola, in particolare nelle aree geografiche povere di iodio. Non è detto che il disturbo si sviluppi in ogni gravidanza, ma vista la frequenza con cui l'ipotiroidismo compare nelle donne, si procede con indagini di laboratorio che verifichino le condizioni iniziali ed eventualmente monitorizzino la funzionalità tiroidea.
Una delle principali cause di ipotiroidismo in gravidanza è la tiroidite autoimmune cronica, tuttavia anche in caso di tiroide funzionante la presenza di anticorpi anti-tiroidei suggerisce un rischio elevato di sviluppare il disturbo nel corso della gestazione, in particolare nel primo trimestre. La ricerca di anticorpi nei primi mesi permette di predire il rischio di aborto o di parto prematuro, probabilmente provocati da una stimolazione anomala del sistema immunitario.

Tiroide iperattiva


Durante la gravidanza l'ipotiroidismo non è l'unico disturbo possibile, infatti può esserci anche una iper-funzionalità. E' un'eventualità più rara ed è associata, nella maggior parte dei casi al morbo di Graves, una patologia che non sempre viene diagnosticata prima della gravidanza. In questi casi non è facile identificare l'ipertiroidismo, soprattutto se leggero o moderato, in quanto i sintomi clinici si confondono con lo stato ipermetabolico (cioè con tutte le funzioni un po' accelerate) di una normale gravidanza. Esistono tuttavia dei segnali ai quali prestare attenzione, per esempio se ci sono parenti stretti con tiroidite autoimmune, se il peso non aumenta, se il vomito è molto frequente. Anche in questo caso indovinare la diagnosi permette quanto meno di sapere in anticipo che il rischio di aborto, di parto prematuro e di basso peso del neonato è più alto.
La forma di ipertiroidismo gestazionale più diffusa, tuttavia, non è di origine autoimmune, né è associata al morbo di Graves; non sempre è clinicamente evidente anche perché nella maggior parte dei casi è transitoria, e, per fortuna, non è associata a esiti negativi della gestazione. La comparsa è direttamente correlata alla stimolazione della ghiandola provocata dall'innalzamento dei livelli della gonadotropina corionica (hCG), tipico delle prime fasi della gravidanza.

Gravidanze serene

Non è detto che in ogni caso sia necessario intervenire con farmaci, ma conoscere e interpretare correttamente eventuali alterazioni del bilancio ormonale tiroideo garantisce una buona conclusione della gestazione. Qualora fosse necessario, alle donne ipotiroidee vengono somministrati integratori di iodio, in caso di ipertiroidismo, invece, si usano farmaci che inibiscono la funzione tiroidea, oppure, se la gravità lo richiede, si procede con un approccio chirurgico. Con benefici sia per la mamma sia per il bambino.

Simona Zazzetta



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