28 settembre 2007
Aggiornamenti e focus
Contraddizioni della 40
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Nel giugno del 2005 i cittadini italiani sono stati chiamati alle urne per decidere se modificare o meno alcune parti della legge 40 approvata nel 2004, che regolamenta la procreazione medicalmente assistita (PMA). Il referendum non raggiunse il quorum e la legge rimase invariata. Prima e dopo si parlò in più occasioni delle possibili contraddizioni a cui si sarebbe andati incontro paventando possibili scenari nei quali norme indicate dal testo di legge sarebbero risultate inapplicabili o comunque contestabili.
A sostegno di queste ipotesi, una recente sentenza della Corte Costituzionale (ordinanza n.369/2006) che sostanzialmente dichiara inammissibile la legittimità costituzionale dell'art. 13 della 40/2004. La norma rientra tra le "misure a tutela dell'embrione" e vieta di eseguire accertamenti diagnostici preimpianto, per accertare se gli embrioni da trasferire, siano affetti da malattie genetiche, se non a fini terapeutici per la tutela della salute dell'embrione stesso. Secondo i magistrati, se l'omissione della diagnosi implica un accertato pericolo per la salute psico-fisica della donna, ma la donna deve comunque farsi impiantare i tre embrioni prodotti, viene violato l'articolo 2 della Costituzione, che "garantisce i diritti inviolabili dell'uomo", l'articolo 3 che garantisce libertà e eguaglianza, a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, con riferimento all'articolo 32 secondo il quale "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".
Il caso sottoposto alla Corte Costituzionale è stato sollevato dal Tribunale di Cagliari al quale si era rivolta una coppia di cittadini sardi portatori sani di beta talassemia, i quali avevano già dovuto far ricorso all'interruzione di gravidanza, in quanto il feto concepito ne era affetto.
Alla richiesta di accedere alla PMA e di esaminare l'embrione prima dell'impianto la coppia si è vista negare questa ipotesi, vietata dalla succitata norma. La coppia ha deciso di congelare l'embrione non sentendosi in grado di sostenere un eventuale altro aborto in caso di embrione malato. E si è rivolta a dei legali. Il difensore ha sollevato la possibilità concreta che la donna non sarebbe stata in grado di sostenere psicologicamente la nascita di un bambino malato e che la situazione si prestava facilmente allo sviluppo di sindromi depressive. La Corte Costituzionale ha quindi fatto prevalere il diritto alla salute della donna e futura madre, per altro garantiti dai due articoli della Costituzione italiana, accordando legittimità all'esame dell'embrione congelato prima che esso venga impiantato. Una sentenza che apre una falla, più volte annunciata, nella legge 40.
Simona Zazzetta
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Sentenza di illegittimità
A sostegno di queste ipotesi, una recente sentenza della Corte Costituzionale (ordinanza n.369/2006) che sostanzialmente dichiara inammissibile la legittimità costituzionale dell'art. 13 della 40/2004. La norma rientra tra le "misure a tutela dell'embrione" e vieta di eseguire accertamenti diagnostici preimpianto, per accertare se gli embrioni da trasferire, siano affetti da malattie genetiche, se non a fini terapeutici per la tutela della salute dell'embrione stesso. Secondo i magistrati, se l'omissione della diagnosi implica un accertato pericolo per la salute psico-fisica della donna, ma la donna deve comunque farsi impiantare i tre embrioni prodotti, viene violato l'articolo 2 della Costituzione, che "garantisce i diritti inviolabili dell'uomo", l'articolo 3 che garantisce libertà e eguaglianza, a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, con riferimento all'articolo 32 secondo il quale "nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".
La salute vince
Il caso sottoposto alla Corte Costituzionale è stato sollevato dal Tribunale di Cagliari al quale si era rivolta una coppia di cittadini sardi portatori sani di beta talassemia, i quali avevano già dovuto far ricorso all'interruzione di gravidanza, in quanto il feto concepito ne era affetto.
Alla richiesta di accedere alla PMA e di esaminare l'embrione prima dell'impianto la coppia si è vista negare questa ipotesi, vietata dalla succitata norma. La coppia ha deciso di congelare l'embrione non sentendosi in grado di sostenere un eventuale altro aborto in caso di embrione malato. E si è rivolta a dei legali. Il difensore ha sollevato la possibilità concreta che la donna non sarebbe stata in grado di sostenere psicologicamente la nascita di un bambino malato e che la situazione si prestava facilmente allo sviluppo di sindromi depressive. La Corte Costituzionale ha quindi fatto prevalere il diritto alla salute della donna e futura madre, per altro garantiti dai due articoli della Costituzione italiana, accordando legittimità all'esame dell'embrione congelato prima che esso venga impiantato. Una sentenza che apre una falla, più volte annunciata, nella legge 40.
Simona Zazzetta
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