16 gennaio 2009
Aggiornamenti e focus
Non è una vacanza
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Secondo il dizionario di lingua italiana, il turismo è "un'attività consistente nel visitare, durante il tempo libero, luoghi diversi da quelli in cui si risiede abitualmente", ma se i luoghi visitati sono le strutture in cui si esegue la procreazione medicalmente assistita (PMA), fuori dai confini nazionali, forse è meglio dare un altro nome. Ne sono convinte le donne protagoniste di queste scelte, le quali, chiamate in causa per parlare del "turismo procreativo", si sono risentite della definizione relativa a una decisione tutt'altro che semplice, decisamente dispendiosa e di certo poco vacanziera.
Si fa portavoce del malumore al femminile, Pasquale Patrizio, direttore del Fertility Center dell'Università di Yale, il quale insieme alla collega Marcia Inhorn, proporrà sulla rivista scientifica Fertility and Sterility una nuova definizione: esilio procreativo, dal momento che si va all'estero per avere un figlio con la PMA per superare limiti, legislativi o tecnici, presenti nel proprio Paese. La proposta è stata illustrata a Roma al convegno su fecondazione artificiale e turismo procreativo organizzato da Italia dei Valori e dalla Società italiana di fertilità e sterilità. "Chi lascia il suo Paese per avere un figlio in provetta - afferma Patrizio - affronta sacrifici, spese e una situazione difficile e delicata lontano da casa". E' della stessa opinione Carlo Flamigni, ginecologo e membro del Comitato nazionale per la bioetica, secondo il quale la crisi economica non fermerà questo fenomeno: "Secondo la mia esperienza - spiega Flamigni - le coppie sono disposte anche a vendere la casa pur di avere l'opportunità di una gravidanza. Ci si rivolgerà a Paesi dove i costi sono minori, come l'Ucraina o altri dell'Est Europa. Con grossi rischi, perché prezzi molto risicati non possono garantire qualità".
I dati commentati dagli esperti sono quelli diffusi annualmente dal registro europeo della European Society for Human Reproduction and Embryology (ESHRE), per ora fermi al 2005 e quelli del Registro nazionale PMA. In media, in Europa, si registra una graduale e costante diminuzione delle principali complicanze, in particolare legate alle gravidanze multiple. L'Italia sembra andare in controtendenza: sono diminuite le gravidanze e aumentati i parti plurigemellari (solo in Serbia e in Albania le percentuali di gravidanze trigemine sono maggiori dell'Italia) e un bambino su 100 nasce con tecniche di PMA, a fronte di alcuni Paesi del Nord Europa in cui questo accade per un bambino ogni 30. Inoltre, considerando le percentuali di gravidanze ottenute con PMA rispetto al numero di prelievi ovocitari effettuati, gli Stati Uniti si attestano al 40%, l'Europa al 27%, l'Italia al 21%. In quattro anni dall'entrata in vigore della legge 40/2004, in Italia le possibilità di avere un figlio sono diminuite, secondo gli ultimi dati disponibili del Registro nazionale PMA, dal 25% (2003) al 21% (2006), ed è aumentata la possibilità di parti multipli: dal 22% del 2003 al 24% del 2006. Dati che potrebbero spiegare come mai in Spagna, presso L'Istituto Valenciano de Infertilidad, nei primi 10 mesi del 2008 sono stati avviati 300 cicli per la donazione di ovociti a donne italiane, contro 200 avviati su pazienti tedesche.
Simona Zazzetta
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Coppie in esilio
Si fa portavoce del malumore al femminile, Pasquale Patrizio, direttore del Fertility Center dell'Università di Yale, il quale insieme alla collega Marcia Inhorn, proporrà sulla rivista scientifica Fertility and Sterility una nuova definizione: esilio procreativo, dal momento che si va all'estero per avere un figlio con la PMA per superare limiti, legislativi o tecnici, presenti nel proprio Paese. La proposta è stata illustrata a Roma al convegno su fecondazione artificiale e turismo procreativo organizzato da Italia dei Valori e dalla Società italiana di fertilità e sterilità. "Chi lascia il suo Paese per avere un figlio in provetta - afferma Patrizio - affronta sacrifici, spese e una situazione difficile e delicata lontano da casa". E' della stessa opinione Carlo Flamigni, ginecologo e membro del Comitato nazionale per la bioetica, secondo il quale la crisi economica non fermerà questo fenomeno: "Secondo la mia esperienza - spiega Flamigni - le coppie sono disposte anche a vendere la casa pur di avere l'opportunità di una gravidanza. Ci si rivolgerà a Paesi dove i costi sono minori, come l'Ucraina o altri dell'Est Europa. Con grossi rischi, perché prezzi molto risicati non possono garantire qualità".
Qualità in scadenza
I dati commentati dagli esperti sono quelli diffusi annualmente dal registro europeo della European Society for Human Reproduction and Embryology (ESHRE), per ora fermi al 2005 e quelli del Registro nazionale PMA. In media, in Europa, si registra una graduale e costante diminuzione delle principali complicanze, in particolare legate alle gravidanze multiple. L'Italia sembra andare in controtendenza: sono diminuite le gravidanze e aumentati i parti plurigemellari (solo in Serbia e in Albania le percentuali di gravidanze trigemine sono maggiori dell'Italia) e un bambino su 100 nasce con tecniche di PMA, a fronte di alcuni Paesi del Nord Europa in cui questo accade per un bambino ogni 30. Inoltre, considerando le percentuali di gravidanze ottenute con PMA rispetto al numero di prelievi ovocitari effettuati, gli Stati Uniti si attestano al 40%, l'Europa al 27%, l'Italia al 21%. In quattro anni dall'entrata in vigore della legge 40/2004, in Italia le possibilità di avere un figlio sono diminuite, secondo gli ultimi dati disponibili del Registro nazionale PMA, dal 25% (2003) al 21% (2006), ed è aumentata la possibilità di parti multipli: dal 22% del 2003 al 24% del 2006. Dati che potrebbero spiegare come mai in Spagna, presso L'Istituto Valenciano de Infertilidad, nei primi 10 mesi del 2008 sono stati avviati 300 cicli per la donazione di ovociti a donne italiane, contro 200 avviati su pazienti tedesche.
Simona Zazzetta
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