18 novembre 2005
Aggiornamenti e focus
Nel rispetto della legalità
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Continua a occupare le pagine dei giornali, i dibattiti mediatici e forse anche le coscienze, ma la sperimentazione sulla pillola abortiva, anzi la pillola abortiva in sé, rientra in un ambito medico-scientifico in cui ideologie e politica poco avrebbero da dire. Infatti, se la legge 194 ha sancito il diritto della donna di decidere se abortire, l'introduzione della pillola abortiva, la Ru486, dovrebbe rappresentare un'evoluzione tecnologica che si allinea al quadro dell'aborto terapeutico, e non qualcosa di nuovo che stravolge principi etici. Non a caso da diversi anni è stata adottata da molti paesi, la maggior parte europei; in Italia no. Ma non è mai troppo tardi per adeguarsi al progresso messo a servizio della salute dei cittadini.
L'approccio italiano all'introduzione della Ru486 si è diversificato sul territorio, aspetto che forse ha spiazzato le istituzioni sanitarie, ma val la pena capire le motivazioni di tali differenze.Le prime polemiche risalgono al 2002, quando la pillola abortiva veniva considerata illegale, in quanto non approvata dalla Commissione unica del farmaco (Cuf), organo del ministero della Salute. Nel 2004 in Piemonte, presso l'ospedale Sant'Anna viene fatta richiesta di avviare una sperimentazione che servirà per verificare i dati di efficacia sostenuti dalla letteratura già esistente. La richiesta di autorizzazione alla sperimentazione era stata inoltrata quattro anni prima, dopo due anni ha ricevuto il via libera dal Comitato etico della Regione Piemonte. In seguito c'è stata un'ispezione ministeriale il cui esito positivo è stato emesso all'inizio del 2004 da parte del Consiglio superiore di sanità (CSS). La V sezione del CSS ha affermato che l'interruzione farmacologica di gravidanza comporta rischi che si possono considerare equivalenti a quelli dell'intervento chirurgico, solo se avviene in ambito ospedaliero. La procedura sperimentale è iniziata a ottobre del 2004 e l'arruolamento delle 400 donne ha impegnato un anno di lavoro dell'equipe di ricercatori. Il protocollo adottato prevede la somministrazione esclusivamente nell'ospedale piemontese, sotto stretto controllo medico, ed entro il limite della settima settimana di gestazione, con due dosaggi uno raccomandato dalla casa produttrice l'altro sperimentato in letteratura, entrambi efficaci e senza controindicazioni. Fino a oggi sono 26 le pazienti che si sono sottoposte con successo al trattamento, ma a metà settembre 2005 il ministro della Salute Francesco Storace firma un'ordinanza che sospende la sperimentazione, a eccezione dei trattamenti in atto in regime di ricovero ospedaliero. I lavori si fermano perché un'ulteriore ispezione ha rilevato il mancato rispetto delle indicazioni del CSS. In attesa della notifica ufficiale la Regione Piemonte decide di proseguire la sperimentazione. Sostanzialmente il ministro chiede ai medici torinesi che le pazienti siano ricoverate nei tre, quattro giorni successivi all'assunzione del farmaco, che ci siano maggiori chiarimenti sulle misure adottate in caso di mancato aborto e l'integrazione dei test informativi (consenso informato) in base ai parametri della Fda. Sebbene con qualche obiezione da parte dei ricercatori, dal momento che tali modifiche non si allineano con i dati della letteratura mondiale, sono state recepite e la sperimentazione piemontese ha ripreso il suo corso.
Di tutt'altro contenuto l'orientamento dell'ospedale di Pontedera in Toscana. In questo caso è stato semplicemente applicato un decreto ministeriale del 1997 secondo cui un farmaco approvato dall'Emea (Agenzia europea dei medicinali) e dalla Fda può essere prescritto e acquistato all'estero anche se in Italia non è commercializzato. Chiaramente è necessario che ci sia una prescrizione specifica per ogni paziente, e che l'operazione venga comunicata al ministero, procedure (ovvero leggi) rispettate dai medici toscani. E' dell'ultima ora la decisione del ministro Storace di modificare il decreto con una circolare inviata agli uffici di sanità di frontiera affinché "ciascuna richiesta di importazione del farmaco che pervenga a questi uffici sarà sottoposta a preventiva autorizzazione del ministero". Un provvedimento che chiaramente modifica la legalità in cui la regione Toscana si è mossa finora.
Pregiudizi da sfatare
Il timore più volte manifestato dalle istituzioni, e non solo, è che la pillola Ru486 diventi una sorta di scorciatoia per abortire. Ma i dati provenienti dagli stati europei in cui il farmaco è in uso smentiscono questo pregiudizio riportando invece una tendenza in calo degli aborti. Inoltre come accennato all'inizio è parte integrante della legge 194 la promozione di tecniche più moderne e rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna. Assumere un farmaco anziché subire un intervento chirurgico in anestesia totale, conferisce alla donna la centralità e la piena coscienza dell'atto evitando i rischi che un qualsiasi intervento del bisturi comporta.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Pionieri del Sant'Anna
L'approccio italiano all'introduzione della Ru486 si è diversificato sul territorio, aspetto che forse ha spiazzato le istituzioni sanitarie, ma val la pena capire le motivazioni di tali differenze.Le prime polemiche risalgono al 2002, quando la pillola abortiva veniva considerata illegale, in quanto non approvata dalla Commissione unica del farmaco (Cuf), organo del ministero della Salute. Nel 2004 in Piemonte, presso l'ospedale Sant'Anna viene fatta richiesta di avviare una sperimentazione che servirà per verificare i dati di efficacia sostenuti dalla letteratura già esistente. La richiesta di autorizzazione alla sperimentazione era stata inoltrata quattro anni prima, dopo due anni ha ricevuto il via libera dal Comitato etico della Regione Piemonte. In seguito c'è stata un'ispezione ministeriale il cui esito positivo è stato emesso all'inizio del 2004 da parte del Consiglio superiore di sanità (CSS). La V sezione del CSS ha affermato che l'interruzione farmacologica di gravidanza comporta rischi che si possono considerare equivalenti a quelli dell'intervento chirurgico, solo se avviene in ambito ospedaliero. La procedura sperimentale è iniziata a ottobre del 2004 e l'arruolamento delle 400 donne ha impegnato un anno di lavoro dell'equipe di ricercatori. Il protocollo adottato prevede la somministrazione esclusivamente nell'ospedale piemontese, sotto stretto controllo medico, ed entro il limite della settima settimana di gestazione, con due dosaggi uno raccomandato dalla casa produttrice l'altro sperimentato in letteratura, entrambi efficaci e senza controindicazioni. Fino a oggi sono 26 le pazienti che si sono sottoposte con successo al trattamento, ma a metà settembre 2005 il ministro della Salute Francesco Storace firma un'ordinanza che sospende la sperimentazione, a eccezione dei trattamenti in atto in regime di ricovero ospedaliero. I lavori si fermano perché un'ulteriore ispezione ha rilevato il mancato rispetto delle indicazioni del CSS. In attesa della notifica ufficiale la Regione Piemonte decide di proseguire la sperimentazione. Sostanzialmente il ministro chiede ai medici torinesi che le pazienti siano ricoverate nei tre, quattro giorni successivi all'assunzione del farmaco, che ci siano maggiori chiarimenti sulle misure adottate in caso di mancato aborto e l'integrazione dei test informativi (consenso informato) in base ai parametri della Fda. Sebbene con qualche obiezione da parte dei ricercatori, dal momento che tali modifiche non si allineano con i dati della letteratura mondiale, sono state recepite e la sperimentazione piemontese ha ripreso il suo corso.
La legalità negata
Di tutt'altro contenuto l'orientamento dell'ospedale di Pontedera in Toscana. In questo caso è stato semplicemente applicato un decreto ministeriale del 1997 secondo cui un farmaco approvato dall'Emea (Agenzia europea dei medicinali) e dalla Fda può essere prescritto e acquistato all'estero anche se in Italia non è commercializzato. Chiaramente è necessario che ci sia una prescrizione specifica per ogni paziente, e che l'operazione venga comunicata al ministero, procedure (ovvero leggi) rispettate dai medici toscani. E' dell'ultima ora la decisione del ministro Storace di modificare il decreto con una circolare inviata agli uffici di sanità di frontiera affinché "ciascuna richiesta di importazione del farmaco che pervenga a questi uffici sarà sottoposta a preventiva autorizzazione del ministero". Un provvedimento che chiaramente modifica la legalità in cui la regione Toscana si è mossa finora.
Pregiudizi da sfatare
Il timore più volte manifestato dalle istituzioni, e non solo, è che la pillola Ru486 diventi una sorta di scorciatoia per abortire. Ma i dati provenienti dagli stati europei in cui il farmaco è in uso smentiscono questo pregiudizio riportando invece una tendenza in calo degli aborti. Inoltre come accennato all'inizio è parte integrante della legge 194 la promozione di tecniche più moderne e rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna. Assumere un farmaco anziché subire un intervento chirurgico in anestesia totale, conferisce alla donna la centralità e la piena coscienza dell'atto evitando i rischi che un qualsiasi intervento del bisturi comporta.
Simona Zazzetta
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