Se il parto è un rischio

14 novembre 2008
Aggiornamenti e focus

Se il parto è un rischio



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Circa il 10 per cento delle nascite avviene in Italia presso strutture che non garantiscono la sicurezza di un parto sicuro, anzi. Il problema è stato sollevato da Massimo Moscarini, presidente del I Congresso della Federazione italiana di ostetricia e ginecologia (FIOG), presentato in un conferenza stampa lo scorso 4 novembre a Roma.
"C'è una grande differenza - spiega Moscarini, che è anche presidente dell'Associazione ginecologi universitari italiani (Agui) - fra una donna che partorisce in una struttura dove si fanno 200-300 parti l'anno, o anche meno, e una che invece può contare su una struttura che assiste più di 1.500 future mamme ogni anno". Secondo l'esperto, è un problema di formazione degli operatori: nelle grandi strutture è più facile trovare professionalità in grado di affrontare le emergenze che possono verificarsi durante il parto. "Nell'80% dei casi non c'è alcun problema - prosegue Moscarini - mentre il 10% è ad altissimo rischio, e l'altro 10% è ad alto rischio". Nei centri dove si nasce meno, inoltre, spesso è proprio la struttura a essere inadeguata "perché manca il terzo livello neonatologico - osserva l'esperto - fondamentale perchè permette con la rianimazione un'assistenza idonea e tempestiva a un bebè che soffre di una patologia particolare".

Anche la Regione conta


Ancora una volta la Regione in cui ci trova può fare la differenza. E' più facile che le strutture del Nord sia meglio attrezzate rispetto a quelle del meridione. "Quelle di terzo livello, in particolare - ha spiegato Claudio Donadio primario di Ostetricia e ginecologia, direttore del Dipartimento per la tutela della salute della donna e del bambino all'ospedale San Camillo Forlanini di Roma - sono in grande maggioranza al Nord e al Centro. Meno al Sud". L'esperto non boccia però tutte le strutture meridionali. "Non mancano ospedali eccellenti - precisa - ma in maggioranza i centri sono tutti di primo e secondo livello. La nascita - ha incalzato Donadio - impone un solo livello che deve essere uguale per tutti, il più alto possibile. E' importante che l'attenzione dei politici - ha detto concludendo - si focalizzi, con interventi decisi e finanziamenti adeguati anche sulla tutela della madre e del bambino. Le dichiarazioni che pongono l'enfasi sulle tre priorità del Piano sanitario, malattie tumorali, malattie cardiache e tutela materno-infantile, nel nostro caso spesso rimangono lettera morta".

Ginecologi più vicini


Tutte le donne fanno nascere i propri figli in sala e per molte le prime fasi della gravidanza coincidono con una visita presso un consultorio. Purtroppo queste strutture non sempre sono in grado di fornire una risposta medica esaustiva. "Le cose possono cambiare - ha dichiarato Maurizio Bologna, vicepresidente dell'Associazione Ginecologi Consultoriali (AGICO) - passando attraverso la riorganizzazione dei presidi in modo da migliorare la gestione del singolo consultorio ma anche fornendo canali di comunicazioni più efficienti con gli ospedali e con gli altri presidi socio-sanitari". Roberto Senatori, tesoriere nazionale dell'Associazione Ginecologi Extra Ospedalieri (AGEO), ha infine richiamato l'attenzione sul problema posto dal fatto che ai ginecologi privati, scelti da circa un terzo delle future mamme, si nega la possibilità di stare vicino alla proprio assistita al momento del parto in ospedale. "E' una situazione assurda - ha ribadito Senatori - e chiediamo che venga varato un provvedimento che consenta al ginecologo privato di chiedere l'autorizzazione di accesso a una singola struttura ospedaliera per poter seguire le proprie pazienti fino alla fine". Il presidente dell'AGEO ha infine chiesto che il Parlamento dia seguito alla sentenza della Corte Europea che ha dichiarato i certificati rilasciati dai ginecologi privati hanno validità a tutti gli effetti e gli usi. "Attualmente una donna che in seguito a una gravidanza a rischio non può recarsi al lavoro - ha detto Senatori - deve farsi rilasciare il certificato dalla ASL che in realtà si limita a convalidare quello rilasciato dal ginecologo di fiducia".

Gianluca Casponi



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