TOS ancora imputata

23 maggio 2007
Aggiornamenti e focus

TOS ancora imputata



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Alcuni esperti la considerano una pratica in declino, e non ci sarebbe da meravigliarsi, dal momento che è dagli inizi del millennio che si parla degli effetti negativi della terapia ormonale sostitutiva (TOS). E' vero che non è mai stata messa in dubbio la sua efficacia nel posticipare la menopausa, ma se il prezzo da pagare è l'aumento del rischio di malattie cardiovascolari e neoplastiche, la decisione necessita quanto meno di riflessione caso per caso.

Il rischio sale e scende


Ai precedenti risultati ottenuti con lo studio WHI (Women's Health Initiative) e lo studio HERS (Heart and Estrogen/progestin Replacement Study) che già minavano le basi della TOS si aggiungono ora quelli del Million Women Study che vanno sempre nella stessa direzione: aumento del rischio.
In questo caso il rischio è quello di sviluppare il tumore ovarico che di per sé è la quarta forma tumorale più comune in Inghilterra con un incidenza di 6700 nuovi casi e 4600 decessi ogni anno. Secondo i ricercatori che hanno analizzato i dati, prima di questo studio non ci sono dati sufficientemente consistenti per mettere in relazione l'aumento di rischio con la terapia ormonale. Un campione di un milione di donne assume ben altri significati e contorni statistici.
Dopo aver accertato l'eventuale, attuale o pregressa, adesione alla TOS, le pazienti sono state seguite per circa cinque anni, per verificare l'insorgenza della patologia e per circa sette anni per l'eventuale decesso. I dati sull'assunzione della terapia, in un campione di età media di 57 anni, indicavano che il 50% comunque ne aveva fatto uso, e il 30% la assumeva attualmente. Dai dati clinici indicavano che il rischio relativo aumentava a 1,2, apparentemente di poco ma si traduceva in 2273 nuovi casi che avevano causato 1591 morti (rischio relativo di decesso 1,23). Il rischio era maggiore per la forma tumorale di tipo epiteliale sieroso e nelle pazienti trattate per almeno cinque anni. Il rischio diventava residuale e tendeva a sparire nelle donne che avevano assunto la TOS in passato o per meno di cinque anni.

Ovaio, seno, utero


Il meccanismo della carcinogenesi che interessa le ovaie non è del tutto chiaro. Come non è chiaro il motivo per cui i contraccettivi orali, contenenti estrogeni e progestinici, proteggono le ovaie anche dopo la sospensione, mentre, per contro, la TOS consistente dello stesso tipo di molecole espone le ovaie delle donne in post-menopausa a un rischio maggiore di neoplasie. Naturalmente i dosaggi sono diversi ma con effetti qualitativamente molto diversi. Inoltre, nelle donne in post-menopausa, si riscontrano alcune similitudini tra l'effetto della terapia ormonale sostitutiva sul rischio di tumore ovarico e sul rischio di tumore al seno: in entrambi il rischio aumenta con l'aumento della durata della terapia in chi la assume correntemente, ma torna ai livelli di donne mai trattate dopo la sospensione dell'uso. A maggior ragione l'effetto negativo della TOS sull'ovaio non può essere considerato separatamente in quanto interessa anche il seno e l'endometrio, che sommati rappresentano il 39% dei tumori femminili, nella popolazione inglese. L'incidenza totale dei tre tumori riscontrata nella popolazione in studio era del 63% più alta nelle donne in TOS rispetto a quelle che non l'avevano mai iniziata.
Insomma, se il declino della TOS era iniziato, con questi dati non può far altro che proseguire nella speranza che lo faccia anche il numero delle donne morte per tumore ovarico, questo il commento finale degli esperti.

Simona Zazzetta



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