Il virus non sta a guardare

26 ottobre 2007
Aggiornamenti e focus

Il virus non sta a guardare



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Un paio di anni fa, una rivista specializzata che si occupa della ricerca sull'AIDS, Journal of Acquired Immune Deficiency Syndromes, pubblicò un lavoro realizzato da ricercatori francesi, che aveva dimostrato un passaggio (switch) del virus dell'immunodeficienza acquisita da una forma a un'altra. Nello specifico, ciò accadeva nei pazienti HIV-positivi in terapia antiretrovirale combinata (HAART) in cui il virus passava dalla forma R5 alla forma X4. La distinzione tra i due tipi di virus dipende dal co-recettore a cui si legano per infettare i linfociti CD4, infatti mentre il CD4 è il recettore comune, il corecettore cambia, il CCR5 e il CCX4 rispettivamente. Lo switch dal virus R5 al virus X4 è temporizzato, il primo compare nelle fasi iniziali dell'infezione, il secondo più tardi, nel 50% dei sieropositivi ed è associato a una progressione della malattia. Motivo per cui diventa anche un elemento di prognosi importante.

Retroguardie in attesa


L'identificazione del virus X4 ha permesso di spiegare perchè, nei pazienti in terapia i livelli di linfociti CD4 fossero bassi nonostante la viremia si tenesse sotto le 50 copie per millilitro, considerata non rilevabile. A spiegare, quindi, perchè pazienti con viremia non rilevabile faticano ad avere una risposta immunitaria oppure improvvisamente hanno dei cali. La comparsa di un virus leggermente diverso ha richiamato l'attenzione del mondo scientifico su una possibile evoluzione del virus in seguito a una pressione selettiva o una deriva genetica successiva a una mutazione, che ha portato alla formazione di una nuova specie di virus. Ma per ora i ricercatori si limitano a definirla una quasispecie ma si domandano se è un tipo di virus che viene sequestrato all'interno di serbatoio per uscire solo successivamente, come una sorta di retroguardia, o se è davvero un'evoluzione dal virus R5. La continua replicazione dell'HIV in riserve cellulari o tissutali infette, di virus latente può contribuire alla recrudescenza virale che segue l'interruzione della terapia antiretrovirale. L'attenzione è stata quindi rivolta ai linfociti CD4 e al tipo di co-recettore che esprimono per esempio è stato osservato che nei neonati e nei bambini predominano linfociti che esprimono il co-recettore CCX4. La stessa cosa accade nel timo, ghiandola in cui si formano i linfociti, il che ha fatto supporre che questa potesse essere la sede di un passaggio critico della patogenesi della malattia.

Riserve da estinguere


Con queste premesse, i ricercatori hanno analizzato tessuti linfonodali e non e campioni di sangue periferico di bambini HIV-positivi, e hanno ottenuto una conferma delle ipotesi. In effetti, i timociti (linfociti presenti nel timo) esprimono in quantità elevata, recettori CD4 e CCX4 creando un ambiente favorevole alla replicazione del virus X4. Per altro la diffusione unidirezionale dei linfociti, compresi quelli infetti dal virus X4, dal timo a tessuti linfonodali secondari per poi entrare nel circolo, spiegherebbe la disseminazione a livello sistemico del virus. Le indagini biomolecolari condotte per valutare il tasso evolutivo dei due tipi di virus, per altro, permettono di escludere che sia in atto un processo evolutivo ma che la comparsa di HIV-X4 sia più legata alla disponibilità di cellule bersaglio. Le evidenze raccolte suggeriscono di spostare o di ampliare la mira delle terapie e di creare nuovi protocolli terapeutici orientati anche verso i virus presenti nel timo dal momento che sembra fungere da serbatoio del virus.

Simona Zazzetta



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