23 febbraio 2005
Aggiornamenti e focus
Tacere rallenta la guarigione
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Il minimo che si può fare, se viene diagnosticata una malattia a trasmissione sessuale, è avvertire il o i partner e invitarli a cercare le cure del caso. Non è solo una questione di rispetto a attenzione per gli altri ma, a ben guardare, anche un modo per evitare ricadute. Però, si tratti di vergogna, ignoranza o altro, spesso i partner di persone con malattie accertate non ricevono le cure necessarie, ragion per cui la reinfezione e la trasmissione del contagio a terzi sono piuttosto frequenti. Non si tratta ovviamente di pensare subito all'AIDS o all'epatite B: anche in malattie meno maligne come la gonorrea o le infezioni da Chlamydia la situazione non cambia, anzi forse è ancora più frequente il disinteresse.
Un sistema per limitare questa possibilità che qualcuno già adotta da tempo è la cosiddetta "patient delivered therapy", cioè la terapia consegnata dal partner. La cosa è piuttosto semplice: quando il medico intercetta un caso di malattia a trasmissione sessuale oltre a prescrivere il farmaco al paziente lo prescrive direttamente anche al partner oppure, dipende dal medico e dal paziente stesso, provvede a far chiamare le altre persone coinvolte da personale dello studio o della clinica che sia. Già alcuni rapporti avevano mostrato che con questo sistema si ha una riduzione dei casi di reinfezione, ma ora giunge uno studio controllato, nel quale sono stati messi a confronto il solito sistema - cioè la raccomandazione ad avvertire tutti i partner - e l'azione diretta. Lo studio è stato condotto sugli uomini e le donne cui è stata diagnosticata gonorrea o infezione da Chlamydia tra il 1998 e il 2003 in un certo numero di strutture specializzate, tutti eterosessuali. In totale sono state coinvolte poco più di 5200 persone. Dopodiché, un migliaio di persone ha ricevuto farmaci e/o prescrizioni anche per il partner e un altro migliaio è stato trattato con la procedura standard. Al termine del periodo di osservazione si è visto che le ricadute o la persistenza dell'infezione da Chlamydia o della gonorrea raggiungevano il 13% tra coloro i cui partner non erano stati approcciati direttamente, mentre nell'altro gruppo il dato era un po' più contenuto: il 10%. Però la prospettiva cambiava se si consideravano separatamente le due infezioni. In caso di gonorrea, infatti, l'approccio diretto riduceva al 3% persistenza e ricadute, contro il 10% del gruppo di controllo; al contrario, in caso di infezione da Chlamydia la differenza era esigua: 11% contro 13%, un dato che per la verità i ricercatori non si spiegano, a meno di ipotizzare che la gran parte dei casi di Chlamydia fossero dovuti a precedenti fallimenti della terapia e per i quali, quindi, il trattamento di prima linea fosse inefficace.
Come che sia, il sistema funziona, anche se gli autori non si nascondono che prescrivere farmaci senza una visita non è esente da rischi. Per esempio, il partner potrebbe essere allergico all'antibiotico indicato, oppure, in caso di prescrizione, potrebbe non trovare esattamente lo stesso farmaco. Insomma, ci sono tutti i consueti rischi delle prescrizioni al telefono. Però, il messaggio di fondo resta: se il partner viene coinvolto è meglio. Meglio per tutti.
Maurizio Imperiali
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...e inoltre su Dica33:
Curare direttamente
Un sistema per limitare questa possibilità che qualcuno già adotta da tempo è la cosiddetta "patient delivered therapy", cioè la terapia consegnata dal partner. La cosa è piuttosto semplice: quando il medico intercetta un caso di malattia a trasmissione sessuale oltre a prescrivere il farmaco al paziente lo prescrive direttamente anche al partner oppure, dipende dal medico e dal paziente stesso, provvede a far chiamare le altre persone coinvolte da personale dello studio o della clinica che sia. Già alcuni rapporti avevano mostrato che con questo sistema si ha una riduzione dei casi di reinfezione, ma ora giunge uno studio controllato, nel quale sono stati messi a confronto il solito sistema - cioè la raccomandazione ad avvertire tutti i partner - e l'azione diretta. Lo studio è stato condotto sugli uomini e le donne cui è stata diagnosticata gonorrea o infezione da Chlamydia tra il 1998 e il 2003 in un certo numero di strutture specializzate, tutti eterosessuali. In totale sono state coinvolte poco più di 5200 persone. Dopodiché, un migliaio di persone ha ricevuto farmaci e/o prescrizioni anche per il partner e un altro migliaio è stato trattato con la procedura standard. Al termine del periodo di osservazione si è visto che le ricadute o la persistenza dell'infezione da Chlamydia o della gonorrea raggiungevano il 13% tra coloro i cui partner non erano stati approcciati direttamente, mentre nell'altro gruppo il dato era un po' più contenuto: il 10%. Però la prospettiva cambiava se si consideravano separatamente le due infezioni. In caso di gonorrea, infatti, l'approccio diretto riduceva al 3% persistenza e ricadute, contro il 10% del gruppo di controllo; al contrario, in caso di infezione da Chlamydia la differenza era esigua: 11% contro 13%, un dato che per la verità i ricercatori non si spiegano, a meno di ipotizzare che la gran parte dei casi di Chlamydia fossero dovuti a precedenti fallimenti della terapia e per i quali, quindi, il trattamento di prima linea fosse inefficace.
Il sistema funziona ma...
Come che sia, il sistema funziona, anche se gli autori non si nascondono che prescrivere farmaci senza una visita non è esente da rischi. Per esempio, il partner potrebbe essere allergico all'antibiotico indicato, oppure, in caso di prescrizione, potrebbe non trovare esattamente lo stesso farmaco. Insomma, ci sono tutti i consueti rischi delle prescrizioni al telefono. Però, il messaggio di fondo resta: se il partner viene coinvolto è meglio. Meglio per tutti.
Maurizio Imperiali
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