01 settembre 2006
Aggiornamenti e focus
Il prezzo della modernità
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Dati consolidati in letteratura internazionale dicono che il vivere in un ambiente con forte inquinamento atmosferico facilita il processo di sensibilizzazione delle vie respiratorie. E sono dati pesanti. Secondo uno studio condotto dal primo Centro europeo ambiente e salute di Roma dell’Organizzazione mondiale della sanità, in otto delle maggiori città italiane, si possono attribuire in qualche modo all’inquinamento atmosferico 4000 decessi all’anno. A ciò si aggiungono 1887 ricoveri per disturbi respiratori, 31524 attacchi acuti di asma nei bambini, 29730 casi di aggravamento dell’asma nei bambini, 606 casi di bronchite cronica tra le persone oltre i 25 anni di età, 11360 casi di attacchi d’asma tra le persone oltre i 15 anni di età. Può bastare? E se questa è la situazione italiana si può ben immaginare quale sia la situazione in Cina, dove il traffico e l’inquinamento la fanno da padroni. Lancet nel suo speciale sull’asma dedica un editoriale all’argomento.
I numeri anche in questo caso dicono più di molti discorsi. Secondo gli specialisti, il numero di casi di asma in Cina è aumentato del 40% negli ultimi cinque anni. Con una prevalenza in alcune città vicina al 4%. Una faccia anche questa, spiega l’editorialista, dello straordinario sviluppo economico cinese, ma sicuramente una delle più disonorevoli. Il dazio che lo stato asiatico deve pagare al suo ingresso nella modernità, ossia più macchine nelle strade, inquinamento atmosferico crescente e fattorie trasformate in fabbriche. La prevalenza dell’asma tra i bambini cinesi è aumentata del 64% nell’ultimo decennio, ma nelle grandi città, dove la qualità dell’aria è peggiore e la consapevolezza della malattia anche, il numero potrebbe essere molto più alto. E il dato va di pari passo con l’urbanizzazione. Mancano, peraltro, cifre precise per gli adulti, anche se le stime degli esperti parlano appunto del 40% in più in cinque anni. Più nello specifico sembra che il problema affligga in particolare il sesso maschile visto che per i ragazzi la probabilità di vedere un dottore per problemi asmatici è maggiore del 75%. Ma in questo vortice di cifre inquietanti qualche notizia buona c’è. La consapevolezza della malattia aumenta e oggi la maggior parte delle persone ha i mezzi economici e culturali per consultare il medico a proposito di una tosse che un tempo sarebbe stata ignorata. Uno degli aspetti di questa consapevolezza è che anche le industrie farmaceutiche si fanno largo nel paese e le ricerche sul fenomeno sono in pieno rigoglio.
Il principale imputato è stato facile da trovare e si chiama inquinamento. Del resto 16 delle 20 città più inquinate del pianeta sono in Cina e come dice Legambiente un’ora trascorsa passeggiando tra le strade cittadine equivale a 12 sigarette fumate. E proprio il fumo, la Cina è uno dei paesi al mondo dove è più diffuso il vizio, è la seconda ragione. Il risultato è che le malattie respiratorie sono la principale causa di morte in Cina. E le contromisure? Qualcosa inizia a vedersi. La città di Pechino, una di quelle messe peggio, ha speso 67 miliardi di yuan per ricollocare alcune delle fabbriche più inquinanti, per restringere le regole sulle emissioni solforiche nonché per introdurre mezzi elettrici sulle strade. Ma anche l’aumento del traffico è costante. E sempre più persone vanno da specialisti dell’asma per farsi curare invece di prendere un rimedio tradizionale cinese. Un altro aspetto da non sottovalutare, infine, riguarda le allergie corresponsabili con l’inquinamento degli aumentati attacchi d’asma e tra le allergie spicca quella al polline. Il 53% dei pazienti allergici a pollini ha l’asma, nel 33% dei casi molto serio. Servono più specialisti e più ricerca, dicono a Lancet, ma le cose stanno cambiando e in questo cambiamento il mercato la fa da padrone e i pazienti sono sempre più “impazienti” di cure e disposti a spendere per averne. Il crescente benessere cinese si vede anche da questo, la Cina ora è diventato un grande mercato per le compagnie farmaceutiche europee.
Marco Malagutti
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L’editoriale di Lancet
I numeri anche in questo caso dicono più di molti discorsi. Secondo gli specialisti, il numero di casi di asma in Cina è aumentato del 40% negli ultimi cinque anni. Con una prevalenza in alcune città vicina al 4%. Una faccia anche questa, spiega l’editorialista, dello straordinario sviluppo economico cinese, ma sicuramente una delle più disonorevoli. Il dazio che lo stato asiatico deve pagare al suo ingresso nella modernità, ossia più macchine nelle strade, inquinamento atmosferico crescente e fattorie trasformate in fabbriche. La prevalenza dell’asma tra i bambini cinesi è aumentata del 64% nell’ultimo decennio, ma nelle grandi città, dove la qualità dell’aria è peggiore e la consapevolezza della malattia anche, il numero potrebbe essere molto più alto. E il dato va di pari passo con l’urbanizzazione. Mancano, peraltro, cifre precise per gli adulti, anche se le stime degli esperti parlano appunto del 40% in più in cinque anni. Più nello specifico sembra che il problema affligga in particolare il sesso maschile visto che per i ragazzi la probabilità di vedere un dottore per problemi asmatici è maggiore del 75%. Ma in questo vortice di cifre inquietanti qualche notizia buona c’è. La consapevolezza della malattia aumenta e oggi la maggior parte delle persone ha i mezzi economici e culturali per consultare il medico a proposito di una tosse che un tempo sarebbe stata ignorata. Uno degli aspetti di questa consapevolezza è che anche le industrie farmaceutiche si fanno largo nel paese e le ricerche sul fenomeno sono in pieno rigoglio.
Fumo pubblico e personale
Il principale imputato è stato facile da trovare e si chiama inquinamento. Del resto 16 delle 20 città più inquinate del pianeta sono in Cina e come dice Legambiente un’ora trascorsa passeggiando tra le strade cittadine equivale a 12 sigarette fumate. E proprio il fumo, la Cina è uno dei paesi al mondo dove è più diffuso il vizio, è la seconda ragione. Il risultato è che le malattie respiratorie sono la principale causa di morte in Cina. E le contromisure? Qualcosa inizia a vedersi. La città di Pechino, una di quelle messe peggio, ha speso 67 miliardi di yuan per ricollocare alcune delle fabbriche più inquinanti, per restringere le regole sulle emissioni solforiche nonché per introdurre mezzi elettrici sulle strade. Ma anche l’aumento del traffico è costante. E sempre più persone vanno da specialisti dell’asma per farsi curare invece di prendere un rimedio tradizionale cinese. Un altro aspetto da non sottovalutare, infine, riguarda le allergie corresponsabili con l’inquinamento degli aumentati attacchi d’asma e tra le allergie spicca quella al polline. Il 53% dei pazienti allergici a pollini ha l’asma, nel 33% dei casi molto serio. Servono più specialisti e più ricerca, dicono a Lancet, ma le cose stanno cambiando e in questo cambiamento il mercato la fa da padrone e i pazienti sono sempre più “impazienti” di cure e disposti a spendere per averne. Il crescente benessere cinese si vede anche da questo, la Cina ora è diventato un grande mercato per le compagnie farmaceutiche europee.
Marco Malagutti
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