17 maggio 2006
Aggiornamenti e focus
Mens sana in cuore sano
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Anche se la disquisizione filosofica sul legame tra mente e cuore continua senza aver ancora trovato risposte certe, la fisiologia e la ricerca clinica questa risposta l’hanno trovata: la connessione c’è ed è pure molto forte. Al punto che se il cuore soffre la mente ne risente, in modo profondo e definitivo. Il danno di cui si parla in questi casi è la demenza, che più spesso colpisce le persone anziane, il cui sistema cardiocircolatorio non è più quello di una volta. Il legame tra le due condizioni è stato dimostrato più volte e confermato da recenti studi, uno dei quali ha valutato il rischio di demenza associato alla formazioni di emboli cerebrali.
La maggior parte (80%) delle demenze è rappresentata da casi di morbo di Alzheimer e di demenza vascolare, i cui quadri clinici, epidemiologia e istopatologia, si sovrappongono. Non solo, in entrambi sono implicati, come fattori di rischio, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e l’abitudine al fumo, ed entrambi sono associati ad aterosclerosi delle carotidi, i vasi che alimentano il cervello.
Le patologie delle carotidi sono infatti una potenziale causa di formazione spontanea di emboli cerebrali che, se abbastanza grandi, possono determinare ictus o attacchi ischemici transitori. Tuttavia il danno cerebrale può anche essere progressivo, se gli emboli si formano ripetutamente ma piccoli e asintomatici. Gli emboli solitamente non raggiungono cervello, ma si disfano lungo il circolo sanguigno, tuttavia questi microemboli possono entrare nella circolazione cerebrale durante un intervento chirurgico alle carotidi o a cuore aperto. In questi casi si è osservato la comparsa di deficit cognitivo e perdita di memoria. Anche la patologia cardiaca valvolare, la fibrillazione atriale e il passaggio un embolo venoso nella circolazione atriale sono altre cause di formazione di ostruzioni spontanee dei vasi cerebrali. Non è ben chiaro il motivo, tuttavia poiché un embolo venoso può entrare nella circolazione arteriosa attraverso il forame ovale pervio, altri difetti del setto atrio-ventricolare, o fistole ateriovenose polmonari, si può genericamente parlare di shunt, cioè di piccoli passaggi di sangue dalla circolazione venosa e quella arteriosa. Un recente studio, peraltro, ha confermato un forte legame tra gli emboli e la demenza, più che con le altre possibili e potenziali cause. In effetti, in un gruppo di 170 pazienti con demenza (metà con morbo di Alzheimer e metà con demenza vascolare) la presenza di emboli esponeva a un rischio quasi tre volte superiore per morbo di Alzheimer e oltre cinque volte superiore per la demenza vascolare confrontati con altrettanti soggetti senza problemi circolatori.
E il rischio aumentato lo si ritrova anche tra i pazienti con insufficienza cardiaca, nei quali è stata riconosciuta un’associazione con danno e declino cognitivo, indipendentemente da disturbi vascolari o da altri fattori di rischio. Ulteriormente confermata da un’analisi condotta su 1300 pazienti ultrasettantacinquenni, inizialmente con capacità cognitive integre. Nei nove anni durante i quali sono stati seguit,i è stato possibile individuare un rischio relativo dovuto all’insufficienza cardiaca (in alcuni casi preesistente, in altri sopraggiunta con l’età) quasi raddoppiato di sviluppare il morbo di Alzheimer o la demenza vascolare.
La conferma di questi dati aggiunge un tassello importante a quella che viene genericamente chiamata prevenzione primaria, cioè evitare che un evento si verifichi. Che il cuore e tutto il sistema cardiocircolatorio possa smettere di essere efficiente con l’avanzare dell’età è un dato di fatto ma lo è altrettanto al possibilità di controllare questo declino con farmaci attualmente disponibili. Il che oltre a dare supporto a un cuore anziano, evita o riduce danni cerebrali ben più difficili da gestire in termini di qualità della vita. Del soggetto e dei familiari.
Simona Zazzetta
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...e inoltre su Dica33:
Emboli girovaghi
La maggior parte (80%) delle demenze è rappresentata da casi di morbo di Alzheimer e di demenza vascolare, i cui quadri clinici, epidemiologia e istopatologia, si sovrappongono. Non solo, in entrambi sono implicati, come fattori di rischio, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e l’abitudine al fumo, ed entrambi sono associati ad aterosclerosi delle carotidi, i vasi che alimentano il cervello.
Le patologie delle carotidi sono infatti una potenziale causa di formazione spontanea di emboli cerebrali che, se abbastanza grandi, possono determinare ictus o attacchi ischemici transitori. Tuttavia il danno cerebrale può anche essere progressivo, se gli emboli si formano ripetutamente ma piccoli e asintomatici. Gli emboli solitamente non raggiungono cervello, ma si disfano lungo il circolo sanguigno, tuttavia questi microemboli possono entrare nella circolazione cerebrale durante un intervento chirurgico alle carotidi o a cuore aperto. In questi casi si è osservato la comparsa di deficit cognitivo e perdita di memoria. Anche la patologia cardiaca valvolare, la fibrillazione atriale e il passaggio un embolo venoso nella circolazione atriale sono altre cause di formazione di ostruzioni spontanee dei vasi cerebrali. Non è ben chiaro il motivo, tuttavia poiché un embolo venoso può entrare nella circolazione arteriosa attraverso il forame ovale pervio, altri difetti del setto atrio-ventricolare, o fistole ateriovenose polmonari, si può genericamente parlare di shunt, cioè di piccoli passaggi di sangue dalla circolazione venosa e quella arteriosa. Un recente studio, peraltro, ha confermato un forte legame tra gli emboli e la demenza, più che con le altre possibili e potenziali cause. In effetti, in un gruppo di 170 pazienti con demenza (metà con morbo di Alzheimer e metà con demenza vascolare) la presenza di emboli esponeva a un rischio quasi tre volte superiore per morbo di Alzheimer e oltre cinque volte superiore per la demenza vascolare confrontati con altrettanti soggetti senza problemi circolatori.
Cuore vince sul cervello
E il rischio aumentato lo si ritrova anche tra i pazienti con insufficienza cardiaca, nei quali è stata riconosciuta un’associazione con danno e declino cognitivo, indipendentemente da disturbi vascolari o da altri fattori di rischio. Ulteriormente confermata da un’analisi condotta su 1300 pazienti ultrasettantacinquenni, inizialmente con capacità cognitive integre. Nei nove anni durante i quali sono stati seguit,i è stato possibile individuare un rischio relativo dovuto all’insufficienza cardiaca (in alcuni casi preesistente, in altri sopraggiunta con l’età) quasi raddoppiato di sviluppare il morbo di Alzheimer o la demenza vascolare.
La conferma di questi dati aggiunge un tassello importante a quella che viene genericamente chiamata prevenzione primaria, cioè evitare che un evento si verifichi. Che il cuore e tutto il sistema cardiocircolatorio possa smettere di essere efficiente con l’avanzare dell’età è un dato di fatto ma lo è altrettanto al possibilità di controllare questo declino con farmaci attualmente disponibili. Il che oltre a dare supporto a un cuore anziano, evita o riduce danni cerebrali ben più difficili da gestire in termini di qualità della vita. Del soggetto e dei familiari.
Simona Zazzetta
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