13 aprile 2007
Aggiornamenti e focus
Amnesie diabetiche
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Per il diabete di tipo 2 sono note le complicanze dovute alla compromissione di vasi sanguigni grandi e piccoli (macro e microangiopatie), a malattie cardiovascolari, ictus, arteriopatie periferiche, a retinopatia, danni nervosi e renali. In anni recenti diversi studi, con qualche discordanza, hanno mostrato un’associazione anche con il rischio di Alzheimer, presumibilmente per l’iperinsulinemia periferica che riduce l’eliminazione cerebrale di beta-amiloide e la fa accumulare portando alle tipiche placche della demenza, o per altri meccanismi come la formazione di prodotti della glicosilazione. Ma ora sembra che il diabete 2 si leghi anche a un maggior rischio di deterioramento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI), una condizione preclinica che è considerata una fase di transizione verso lo sviluppo dell’Alzheimer e che suscita crescente interesse nella prospettiva d’individuare bersagli precoci per la prevenzione e la terapia della demenza. Lo suggerisce uno studio longitudinale su una popolazione di anziani statunitensi con un’alta prevalenza di MCI.
Il deterioramento cognitivo lieve comporta deficit mnemonici e d’apprendimento; viene distinto nei tipi amnesico e non amnesico, con maggiore e minore compromissione della memoria. Il primo in particolare è indicato come fase anticipatoria della demenza, mentre il secondo non sarebbe predittivo del suo esordio e potrebbe legarsi a patologia cerebrovascolare o altri disordini cognitivi. Lo studio ha valutato i casi incidenti di MCI in un periodo di osservazione medio di sei anni, tra 918 abitanti ultra 65enni di Manhattan inizialmente senza MCI o demenza, appartenenti a diverse etnie: in particolare afroamericani e ispanici, minoranze tra le quali il diabete 2 è più frequente. I casi di MCI sviluppati sono risultati 334, dei quali 160 amnesici e 174 non amnesici; il 24% dei soggetti era diabetico (specie meno anziani, ispanici, meno istruiti, ipertesi o cardiopatici), il 68% iperteso, il 34% cardiopatico, il 15% colpito da ictus e il 28% aveva il profilo genico APOE4 legato a maggior rischio di Alzheimer. Le persone con MCI incidente all’inizio erano più probabilmente diabetiche e ipertese. Dopo gli aggiustamenti per età, sesso, etnia e altri fattori, il diabete è risultato significativamente associato a una probabilità elevata sia di MCI sia di MCI amnesico, il rischio era pari all’8,8%, variabile però dal 4,6 per i bianchi non ispanici all’8,4 per gli afroamericani all’11 per gli ispanici. C’era un’associazione anche con il MCI non amnesico, diventata però non significativa dopo la correzione statistica per etnia, APOE4 e livello d’istruzione.
La correlazione tra diabete e MCI amnesico anche dopo l’aggiustamento per i fattori predisponenti vascolari, cardiopatie e ictus, suggerisce, sottolineano gli autori, che tale associazione sia indipendente dalla malattia cerebrovascolare, mentre la relazione non significativa con il MCI non amnesico dopo l’aggiustamento indica che la malattia cerebrovascolare possa mediare il nesso tra diabete e questo tipo di MCI. Poiché il diabete appare legato al rischio di deterioramento cognitivo lieve e questo all’Alzheimer, i risultati dello studio portano ulteriori elementi di supporto al ruolo indipendente e potenzialmente importante della patologia metabolica nello sviluppo delle demenza. Sarebbe una valida ragione aggiuntiva per focalizzarsi sulla prevenzione e l’aderenza a controlli e trattamenti contro il diabete 2.
Viviana Zanardi
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Predittivo il tipo amnesico
Il deterioramento cognitivo lieve comporta deficit mnemonici e d’apprendimento; viene distinto nei tipi amnesico e non amnesico, con maggiore e minore compromissione della memoria. Il primo in particolare è indicato come fase anticipatoria della demenza, mentre il secondo non sarebbe predittivo del suo esordio e potrebbe legarsi a patologia cerebrovascolare o altri disordini cognitivi. Lo studio ha valutato i casi incidenti di MCI in un periodo di osservazione medio di sei anni, tra 918 abitanti ultra 65enni di Manhattan inizialmente senza MCI o demenza, appartenenti a diverse etnie: in particolare afroamericani e ispanici, minoranze tra le quali il diabete 2 è più frequente. I casi di MCI sviluppati sono risultati 334, dei quali 160 amnesici e 174 non amnesici; il 24% dei soggetti era diabetico (specie meno anziani, ispanici, meno istruiti, ipertesi o cardiopatici), il 68% iperteso, il 34% cardiopatico, il 15% colpito da ictus e il 28% aveva il profilo genico APOE4 legato a maggior rischio di Alzheimer. Le persone con MCI incidente all’inizio erano più probabilmente diabetiche e ipertese. Dopo gli aggiustamenti per età, sesso, etnia e altri fattori, il diabete è risultato significativamente associato a una probabilità elevata sia di MCI sia di MCI amnesico, il rischio era pari all’8,8%, variabile però dal 4,6 per i bianchi non ispanici all’8,4 per gli afroamericani all’11 per gli ispanici. C’era un’associazione anche con il MCI non amnesico, diventata però non significativa dopo la correzione statistica per etnia, APOE4 e livello d’istruzione.
Fattore indipendente e importante
La correlazione tra diabete e MCI amnesico anche dopo l’aggiustamento per i fattori predisponenti vascolari, cardiopatie e ictus, suggerisce, sottolineano gli autori, che tale associazione sia indipendente dalla malattia cerebrovascolare, mentre la relazione non significativa con il MCI non amnesico dopo l’aggiustamento indica che la malattia cerebrovascolare possa mediare il nesso tra diabete e questo tipo di MCI. Poiché il diabete appare legato al rischio di deterioramento cognitivo lieve e questo all’Alzheimer, i risultati dello studio portano ulteriori elementi di supporto al ruolo indipendente e potenzialmente importante della patologia metabolica nello sviluppo delle demenza. Sarebbe una valida ragione aggiuntiva per focalizzarsi sulla prevenzione e l’aderenza a controlli e trattamenti contro il diabete 2.
Viviana Zanardi
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