30 novembre 2007
Aggiornamenti e focus
Farmaci prima del bisogno
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Il mal di testa, nelle sue diverse declinazioni, è uno dei disturbi non letali più difficili da sopportare, e più distruttivi per la vita, privata e sociale, di chi ne è colpito. E, d'altra parte, per una forma di cefalea veniva un tempo usata la definizione di cefalea da suicidio: con il che è detto tutto. Per quanto riguarda l'emicrania, i cui attacchi sono sempre invalidanti, è stata da tempo proposta anche la profilassi farmacologica, cioè la somministrazione di un farmaco che possa prevenire le crisi, anziché stroncarle, o almeno ridurne gli effetti, una volta che si sono presentate. La ragione di questa scelta viene ricordata da uno studio pubblicato da Lancet Neurology e dedicato proprio alla profilassi dell'emicrania con uno dei farmaci proposti a questo scopo: il topiramato.
E' stato notato da tempo, spiegano gli autori, che nell'emicrania il succedersi delle crisi abbassa progressivamente la soglia di attivazione. In altre parole a ogni episodio diminuisce l'intensità dello stimolo necessario a scatenare la crisi, si tratti della mancanza di sonno, delle luci eccetera. Quindi, somministrare un farmaco che riduce la frequenza degli attacchi, oltre a dare un beneficio immediato, rende la persona un po' più resistente. Questo in teoria ma, come dimostra lo studio, che per inciso è stato condotto in parte anche in Italia, anche in pratica. La ricerca ha coinvolto 88 centri specialistici in Europa e in Medio Oriente, per un totale di poco meno di 900 pazienti. Tutto il gruppo è stato sottoposto a 26 settimane di trattamento con il farmaco, successivamente sono stati creati due sottogruppi: uno ha continuato ad assumere il topiramato, l'altro è passato al placebo. Questa seconda fase controllata si è protratta per altri 6 mesi. In media, nel gruppo del placebo si è registrato un aumento superiore del numero di giorni in cui si presentava l'emicrania: 1,1 ogni quattro settimane contro 0,1 giornate per il gruppo che assumeva il farmaco. Inoltre, nel gruppo placebo aumentava il ricorso ai farmaci usati in acuto (dagli analgesici ai triptani) e diminuiva la qualità della vita. Però, sottolineano gli autori, se è vero che cessata l'assunzione del farmaco, il numero di giornate con il disturbo aumentava, mai è ritornato al livello precedente l'inizio del trattamento. Quindi, è vero che la profilassi alza la soglia delle crisi e, quindi, continua a esercitare un effetto anche dopo il termine.
Inoltre, i risultati dimostrano che sei mesi sono un periodo adeguato, che potrebbe essere aumentato a 12 per i pazienti più resistenti, senza particolari difficoltà, visto che solo un paziente su cinque ha dovuto interrompere la cura perché era mal tollerata. Certamente, e nello studio è detto a chiare lettere, l'assunzione del topiramato non ha diminuito l'intensità del dolore o gli altri sintomi che si manifestano durante la crisi, e questo dipende con tutta probabilità dalle caratteristiche del farmaco, che nasce come antiepilettici, tanto che la circostanza è stata registrata anche in studi condotti con il valproato che è una sostanza della stessa famiglia. Gli autori concludono di aver ottenuto un risultato importante, che giustifica il ricorso al farmaco. Certo si potrebbe trarre un'ulteriore conclusione, ovvero che se la profilassi dirada le crisi, e quindi impedisce che il disturbo divenga cronico, per non dire di peggio, è bene anche cominciarla per tempo. E si ritorna al problema, onnipresente ormai, della diagnosi precoce.
Maurizio Imperiali
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Tenere alta la soglia delle crisi
E' stato notato da tempo, spiegano gli autori, che nell'emicrania il succedersi delle crisi abbassa progressivamente la soglia di attivazione. In altre parole a ogni episodio diminuisce l'intensità dello stimolo necessario a scatenare la crisi, si tratti della mancanza di sonno, delle luci eccetera. Quindi, somministrare un farmaco che riduce la frequenza degli attacchi, oltre a dare un beneficio immediato, rende la persona un po' più resistente. Questo in teoria ma, come dimostra lo studio, che per inciso è stato condotto in parte anche in Italia, anche in pratica. La ricerca ha coinvolto 88 centri specialistici in Europa e in Medio Oriente, per un totale di poco meno di 900 pazienti. Tutto il gruppo è stato sottoposto a 26 settimane di trattamento con il farmaco, successivamente sono stati creati due sottogruppi: uno ha continuato ad assumere il topiramato, l'altro è passato al placebo. Questa seconda fase controllata si è protratta per altri 6 mesi. In media, nel gruppo del placebo si è registrato un aumento superiore del numero di giorni in cui si presentava l'emicrania: 1,1 ogni quattro settimane contro 0,1 giornate per il gruppo che assumeva il farmaco. Inoltre, nel gruppo placebo aumentava il ricorso ai farmaci usati in acuto (dagli analgesici ai triptani) e diminuiva la qualità della vita. Però, sottolineano gli autori, se è vero che cessata l'assunzione del farmaco, il numero di giornate con il disturbo aumentava, mai è ritornato al livello precedente l'inizio del trattamento. Quindi, è vero che la profilassi alza la soglia delle crisi e, quindi, continua a esercitare un effetto anche dopo il termine.
Tutto bene ma serve la diagnosi
Inoltre, i risultati dimostrano che sei mesi sono un periodo adeguato, che potrebbe essere aumentato a 12 per i pazienti più resistenti, senza particolari difficoltà, visto che solo un paziente su cinque ha dovuto interrompere la cura perché era mal tollerata. Certamente, e nello studio è detto a chiare lettere, l'assunzione del topiramato non ha diminuito l'intensità del dolore o gli altri sintomi che si manifestano durante la crisi, e questo dipende con tutta probabilità dalle caratteristiche del farmaco, che nasce come antiepilettici, tanto che la circostanza è stata registrata anche in studi condotti con il valproato che è una sostanza della stessa famiglia. Gli autori concludono di aver ottenuto un risultato importante, che giustifica il ricorso al farmaco. Certo si potrebbe trarre un'ulteriore conclusione, ovvero che se la profilassi dirada le crisi, e quindi impedisce che il disturbo divenga cronico, per non dire di peggio, è bene anche cominciarla per tempo. E si ritorna al problema, onnipresente ormai, della diagnosi precoce.
Maurizio Imperiali
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