Alimenti scatenanti
gli additivi alimentari: i conservanti (il più utilizzato è il mono-sodio-glutammato - MSG - che conferisce il sapore salato oltre a favorire la conservazione), coloranti, addensanti e aromi che conferiscono una maggior sapore (tutte queste sostanze sono aggiunte agli alimenti durante le preparazioni industriali o anche casalinghe)
le sostanze biologicamente attive come le amine e le metilxantine che non sono aggiunte ai cibi ma che vi sono contenute o vengono liberate in circolo dopo la trasformazione digestiva di un alimento.
Quindi, se il disturbo che si avverte è un mal di testa, qualche volta localizzato anche ad una sola zona della testa e a una metà del volto (emicrania) altre volte diffuso, magari accompagnato da altri segni (lieve aumento del battito cardiaco, ansia, diminuzione della pressione arteriosa, eruzioni cutanee pruriginose - orticaria) e se questo fastidio coincide con l'ingestione di alimenti; è corretto parlare di un'ipersensibilità, o meglio di un'intolleranza alimentare.
Per fare un definitivo chiarimento, la cefalea come reazione avversa agli alimenti, non è da confondere, qualche volta succede, con le allergie alimentari vere che sono, invece, riconducibili ad allergeni (sostanze di solito di natura proteica capaci di provocare una risposta immunitaria specifica dopo l'ingestione (anche di quantità minime) appartenenti all'alimento e che possono provocare effetti veramente drammatici (fino allo shock anafilattico).
Qual è il meccanismo
Il meccanismo che sostiene una cefalea di origine alimentare è, dal punto di vista dinamico, un fenomeno di vasodilatazione che può essere seguito (o preceduto) anche da una vasocostrizione (insomma un'alterazione della motilità vascolare) e quindi, la circolazione intracranica risente notevolmente di queste variazioni pressorie, reagendo con un dolore abbastanza resistente ai comuni farmaci analgesici. Questo tipo di effetto è riferibile alle amine bioattive (anche dette vasoattive) e che possiedono un'azione detta simil-farmacologica dato che questi sono gli stessi principi attivi che vengono utilizzati in molti farmaci. Inoltre, ci sono alimenti che già contengono queste sostanze e altri che, invece, le liberano dopo l'ingestione e la successiva digestione dell'alimento in questione. Per questi motivi, è possibile che la cefalea o l'emicrania non seguano immediatamente l'assunzione di cibo.
Che cosa si può fare?
Il problema più evidente di questi disturbi è senza dubbio quello di individuare con precisione l'alimento implicato anche perché in un cibo vi possono essere più sostanze in grado di provocare reazioni avverse e, inoltre, una serie di fattori ambientali possono anche sovrapporsi. Dato che queste manifestazioni possono non apparire ben isolate e chiaramente specificabili, specie nell'adulto, questo percorso può diventare difficoltoso. Se la cefalea si ripresenta a intervalli di tempo molto ravvicinati nella stessa giornata e dura da qualche giorno, potrebbe essere utile verificare, per prima cosa, quali sono gli orari d'insorgenza e se questi hanno una relazione coi pasti. Un buon sistema per farlo, che può essere d'aiuto anche per orientare il proprio medico, è compilare per qualche giorno un diario alimentare nel quale sono indicati i tipi di alimenti assunti, le quantità, gli orari dei pasti e la comparsa della cefalea o di altri eventuali disturbi. Prima di ricorrere a rimedi troppo drastici è sempre meglio pensarci: a volte, infatti, si rischia di eliminare del tutto intere categorie di alimenti che pure possiedono un certo valore nutrizionale (i formaggi e i derivati del latte o alcune carni di pesce).
Una precisazione è necessaria per le reazioni avverse alimentari dei bambini che si presentano nella prima infanzia, ma non prima dello svezzamento. A questo proposito, è abbastanza raro che il bambino manifesti reazioni aspecifiche, se si verifica il caso di un'ipersensibilità alimentare vera, in genere il piccolo, ha una reazione abbastanza violenta (vomito, orticaria, accesso asmatico) la cui causa va accuratamente indagata dal medico specialista.
In conclusione, può essere rammentato che l'intensità, la durata del dolore e la frequenza di comparsa, sono tutti buoni deterrenti. Se, per sfortuna, l'alimento sotto accusa, è proprio quello preferito, eliminarlo del tutto sarà comunque difficile, ma è sempre possibile diminuirne il consumo, sia in termini di quantità sia di frequenza.
Fonte:
- Gatti PM Le allergie alimentari: teorie di base, clinica pratica, orientamento diagnostico 1999 Edizioni EDRA Milano
Salute oggi:
- Notizie e aggiornamenti
- Libri e pubblicazioni
- Dalle aziende
- Appunti di salute
- Nutrire la salute
- Aperi-libri
- Allenati con noi
...e inoltre su Dica33: