Un ambiente che cura

15 novembre 2002
Aggiornamenti e focus

Un ambiente che cura



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Le prove cliniche e sperimentali sono inequivocabilmente chiare: gli attacchi epilettici possono provocare danni cerebrali e perdita di cellule nervose, in particolare, nelle aree dell'ippocampo che presiedono ai meccanismi della memoria. I modelli animali di questa patologia si possono indurre con l'uso di farmaci provocando la perdita selettiva di cellule e gliosi (segno di degenerazione neuronale) nell'ippocampo e la formazione di strutture correlate che somigliano molto alla sclerosi mediale temporale, un particolare tipo di lesione che si ritrova invece nell'uomo.
Oltre all'ampio spettro di deficit psicologici, le lesioni provocate all'ippocampo danno luogo disturbi della memoria e dell'apprendimento piuttosto intensi. Nei topi da laboratorio, gli attacchi epilettici sperimentali hanno dimostrato di poter alterare le capacità nei test di attività legate alla percezione dello spazio.
Sono stati studiati farmaci che davano miglioramenti della funzione cognitiva menomata a causa dei danni cerebrali, ma i risultati erano modesti e a volte i farmaci risultavano nocivi. Attualmente esistono evidenze sperimentali che i fattori ambientali possano avere effetti benefici sul recupero delle capacità cognitive; un'équipe di ricercatori ha cercato di verificare se questo fosse possibile anche nel caso degli episodi di epilessia.

Preparazione degli animali


L'esperimento è stato condotto su due gruppi di topi della stessa età: uno di controllo e uno in cui sono stati indotti attacchi epilettici. Parte dei topi malati e dei topi sani sono stati cresciuti in ambienti arricchiti di stimoli: contenitori di plastica in cui, oltre a cibo e acqua, erano presenti oggetti in movimento, uno specchio, una ruota, oggetti dietro cui nascondersi, spazio per muoversi e correre, e un sottofondo sonoro di musica di Mozart. La disposizione degli oggetti veniva cambiata ogni tre giorni. Il giorno successivo all'attacco epilettico gruppi di nove topi sono stati tenuti in questo ambiente per quattro ore al giorno per un mese.
Il resto dei topi, sani e malati, è stato invece tenuto in normali gabbie con acqua e cibo.

Test acquatici


Tutti i topi sono stati sottoposti a un tipico test (water maze di Morris) che rivela le capacità cognitive spazio-visive dell'animale. In una piscina contente acqua non trasparente veniva posizionata una piattaforma sommersa, non visibile, che permetteva all'animale di uscire dall'acqua. I topi sono stati allenati in questo esercitazione, per sei volte al giorno per 4 giorni, per imparare a localizzare la piattaforma e potersi sottrarre all'acqua. Il tempo e il percorso impiegato dagli animali venivano registrati.
Al termine dell'allenamento la piattaforma veniva rimossa e i topi venivano messi nella vasca per un minuto, nel quadrante opposto a quello in cui si trovava precedentemente la piattaforma. In questa parte del test gli animali normali tipicamente passano più tempo nel quadrante in cui si trovava la piattaforma che negli altri quadranti.
Localizzare la piattaforma nascosta è considerato una misura della memoria spaziale di riferimento, mentre nella seconda parte del test si ottiene una misura della memoria spaziale senza riferimenti e le lesioni dell'ippocampo possono influenzare l'esito del test.

Esiti del test

Tutti i topi mostravano normali capacità motorie e nuotavano senza problemi, ma con una marcata differenza nei tempi impiegati per raggiungere la piattaforma di fuga.
I topi sani e malati esposti ad ambiente arricchito si comportavano meglio del rispettivo gruppo controllo cresciuto in ambiente standard.
Nella seconda fase, i topi sani stimolati passavano più tempo nel quadrante giusto rispetto ai topi controllo senza stimoli, e rispetto a tutti i topi epilettici. Tuttavia, anche i topi malati stimolati avevano prestazioni analoghe rispetto al loro gruppo controllo, erano in grado, cioè di ricordare in quale quadrante avrebbero potuto trovare la piattaforma, risultato che gli animali epilettici non stimolati dall'ambiente non raggiunsero mai.

Anche il cervello cambia

L'arricchimento dell'ambiente ha avuto un effetto profondo sull'apprendimento visivo e spaziale e sulla memoria. Ma nonostante i successi raggiunti dagli animali, l'esame istologico dei tessuti cerebrali dei topi epilettici mostrava una perdita di cellule in aree specifiche dell'ippocampo che presiedono i meccanismi della memoria, indipendentemente dall'ambiente in cui erano cresciuti.
Il cervello dei topi sani, naturalmente, era integro, ma nei topi stimolati dai fattori ambientali si era verificata una riduzione dalla morte cellulare spontanea (apoptosi), l'aumento dei fattori neurotrofici, della neurogenesi, della sinaptogenensi, del numero di spine dendritiche, dell'arborizzazione e della gliogenesi. Inoltre è stato riscontrato l'incremento di un fattore di trascrizione di geni importanti per i processi della memoria. E' possibile e probabile che il miglioramento cognitivo in questo caso sia la risultante di molteplici cambiamenti.
Anche in un cervello danneggiato, l'arricchimento ambientale migliora il recupero o la compensazione, ma non è distinguibile l'effetto sul danno istologico indotto dagli attacchi epilettici, infatti non c'erano differenze visibili tra gli animali epilettici stimolati e non, nemmeno a livello di alterazione nella perdita di cellule o di sinapsi.
Questi risultati contribuiscono alla crescente convinzione, basata su evidenze sperimentali, che le alterazioni ambientali abbiano un significativo peso biologico sulle funzioni cerebrali: modificare il contesto di vita di pazienti con danni cerebrali potrebbe diventare un'efficace strategia di intervento.

Simona Zazzetta

Fonti

Faverjon S el al. Beneficial effects of enriched environment following status epilepticus in immature rats. Neurology 2002;59:1356-1364



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