27 febbraio 2008
Aggiornamenti e focus
Sonni da ictus
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Da tempo nel mirino della prevenzione rispetto alle malattie cardiovascolari sono entrate anche quelle cerebrovascolari, sia per l'incremento dei casi di ictus legato all'invecchiamento della popolazione, sia per la presenza di fattori di rischio comuni evitabili. Se fattori predisponenti non correggibili sono infatti l'età avanzata, il genere (più colpito quello maschile), caratteristiche genetiche, precedenti ictus o attacchi ischemici transitori e alcune situazioni patologiche, molti altri sono evitabili o curabili e cioè ipertensione arteriosa, coronaropatia, fibrillazione atriale, diabete, colesterolo alto, obesità, fumo, squilibri alimentari, inattività fisica. Oltre a focalizzarsi su questi aspetti, gli sforzi sono diretti a ricercare segnali premonitori di maggior rischio. Tra questi, uno già suggerito ma ora quantificato e riportato all'attenzione all'International Stroke Conference 2008 di New Orleans, è la tendenza frequente ad addormentarsi durante il giorno, apparsa in una casistica di anziani statunitensi in relazione con un rischio significativamente aumentato di stroke, cioè ictus. L'associazione ha sorpreso gli stessi ricercatori per l'entità dell'effetto registrato in un periodo così breve di osservazione.
Già c'erano state evidenze del fatto che le persone con sindrome delle apnee notturne presentano un aumentato rischio di ictus e si è dimostrato che la sonnolenza diurna può essere effetto della scarsità di sonno notturno provocata dalle apnee. A New Orleans sono stati presentati dati di una ricerca condotta tra partecipanti al Northern Manhattan Study (NOMAS), uno studio di lungo periodo iniziato nel 1990 che indaga i fattori di rischio di stroke in uomini e donne dai 40 in su e di varia appartenenza etnica, bianca, nera o ispanica. I 2.153 soggetti analizzati, con un'età media all'arruolamento di 73 anni e senza pregressi stroke, sono stati suddivisi nei tre gruppi con addormentamenti diurni assenti, moderati, frequenti. Nei circa due anni d'osservazione si sono individuati 40 stroke e 127 eventi vascolari: dopo l'aggiustamento per diversi fattori di rischio per ictus (età, etnia, sesso, pressione arteriosa, diabete, obesità, esercizio, istruzione) è emerso un rischio inaspettatamente più alto per chi sonnecchiava di giorno. Era infatti maggiore di 2,6 volte nel caso degli addormentamenti moderati rispetto ai nulli, e addirittura di 4,5 per quelli frequenti (registrati nel 9% del campione) sempre in confronto a nulli. Va precisato che la scala di valutazione ha tenuto conto delle situazioni in cui ci si appisolava, come guardare la televisione, bere alcolici, ascoltare qualcuno che parla o sostare alla guida nel traffico. E' risultato anche un rischio aumentato di evento cardiaco o morte per causa vascolare, pari a 1,6% per gli addormentamenti moderati e a 2,6% per quelli frequenti, con andamenti simili per etnia e genere. Più di metà del campione soffriva di disturbi del sonno ma non è chiaro se le apnee notturne fossero il driver del rischio osservato: in ogni caso sembra di poter concludere che un sonno adeguato sia importante anche per la salute vascolare.
Altra associazione è quella tra rischio di stroke e rischio di declino cognitivo più marcato e accelerato. L'ha evidenziata una ricerca che è parte di una più ampia denominata REGARDS (Reasons for Geographic and Racial Differences in Stroke), che indaga tra 30.000 statunitensi ultra 45enni neri o bianchi, le cause della maggiore frequenza dell'ictus tra gli afro-americani e nel Sud degli Stati Uniti, in quella che è definita persino Stroke Belt, cintura dello stroke. Nei 17.000 partecipanti, età media 66 anni, si è osservato che in quelli ad alto rischio di ictus il declino mentale era due volte più veloce che in quelli a basso rischio, e che era tanto maggiore quanto più alto era lo score di probabilità dell'ictus. Tre i fattori significativamente legati alla perdita di memoria: ipertensione, associata a un tasso di declino cognitivo aumentato del 29% per innalzamenti pressori di almeno 31 mm Hg in su; diabete, con tasso aumentato del 56%; ipertrofia ventricolare sinistra, con aumento del 60%. Tutto ciò a ribadire anche l'importanza delle abitudini di vita rispetto a malattia cerebro o cardiovascolare e prevenzione. C'entrerebbe per esempio almeno in parte con lo stile di vita la prevalenza più elevata dello stroke negli Stati Uniti contro quella più bassa nell'Europa mediterranea, attestata da un altro studio riferito a Los Angeles. Questo suggerisce infatti per la seconda un ruolo dell'alimentazione ricca di vegetali e pesce e povera di grassi animali; sarebbero però in gioco altri fattori, quali i differenti modelli sanitari, per esempio quelli di Stati Uniti e Italia.
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Probabilità da due a quattro volte maggiore
Già c'erano state evidenze del fatto che le persone con sindrome delle apnee notturne presentano un aumentato rischio di ictus e si è dimostrato che la sonnolenza diurna può essere effetto della scarsità di sonno notturno provocata dalle apnee. A New Orleans sono stati presentati dati di una ricerca condotta tra partecipanti al Northern Manhattan Study (NOMAS), uno studio di lungo periodo iniziato nel 1990 che indaga i fattori di rischio di stroke in uomini e donne dai 40 in su e di varia appartenenza etnica, bianca, nera o ispanica. I 2.153 soggetti analizzati, con un'età media all'arruolamento di 73 anni e senza pregressi stroke, sono stati suddivisi nei tre gruppi con addormentamenti diurni assenti, moderati, frequenti. Nei circa due anni d'osservazione si sono individuati 40 stroke e 127 eventi vascolari: dopo l'aggiustamento per diversi fattori di rischio per ictus (età, etnia, sesso, pressione arteriosa, diabete, obesità, esercizio, istruzione) è emerso un rischio inaspettatamente più alto per chi sonnecchiava di giorno. Era infatti maggiore di 2,6 volte nel caso degli addormentamenti moderati rispetto ai nulli, e addirittura di 4,5 per quelli frequenti (registrati nel 9% del campione) sempre in confronto a nulli. Va precisato che la scala di valutazione ha tenuto conto delle situazioni in cui ci si appisolava, come guardare la televisione, bere alcolici, ascoltare qualcuno che parla o sostare alla guida nel traffico. E' risultato anche un rischio aumentato di evento cardiaco o morte per causa vascolare, pari a 1,6% per gli addormentamenti moderati e a 2,6% per quelli frequenti, con andamenti simili per etnia e genere. Più di metà del campione soffriva di disturbi del sonno ma non è chiaro se le apnee notturne fossero il driver del rischio osservato: in ogni caso sembra di poter concludere che un sonno adeguato sia importante anche per la salute vascolare.
Legame con il declino cognitivo
Altra associazione è quella tra rischio di stroke e rischio di declino cognitivo più marcato e accelerato. L'ha evidenziata una ricerca che è parte di una più ampia denominata REGARDS (Reasons for Geographic and Racial Differences in Stroke), che indaga tra 30.000 statunitensi ultra 45enni neri o bianchi, le cause della maggiore frequenza dell'ictus tra gli afro-americani e nel Sud degli Stati Uniti, in quella che è definita persino Stroke Belt, cintura dello stroke. Nei 17.000 partecipanti, età media 66 anni, si è osservato che in quelli ad alto rischio di ictus il declino mentale era due volte più veloce che in quelli a basso rischio, e che era tanto maggiore quanto più alto era lo score di probabilità dell'ictus. Tre i fattori significativamente legati alla perdita di memoria: ipertensione, associata a un tasso di declino cognitivo aumentato del 29% per innalzamenti pressori di almeno 31 mm Hg in su; diabete, con tasso aumentato del 56%; ipertrofia ventricolare sinistra, con aumento del 60%. Tutto ciò a ribadire anche l'importanza delle abitudini di vita rispetto a malattia cerebro o cardiovascolare e prevenzione. C'entrerebbe per esempio almeno in parte con lo stile di vita la prevalenza più elevata dello stroke negli Stati Uniti contro quella più bassa nell'Europa mediterranea, attestata da un altro studio riferito a Los Angeles. Questo suggerisce infatti per la seconda un ruolo dell'alimentazione ricca di vegetali e pesce e povera di grassi animali; sarebbero però in gioco altri fattori, quali i differenti modelli sanitari, per esempio quelli di Stati Uniti e Italia.
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