16 marzo 2007
Aggiornamenti e focus
La mente che riposa
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E’ intuitivo pensare che quando non si dorme, si dorme male o non si dorme abbastanza, diventa difficile condurre una vita nei binari della normalità. Dove per normalità si intende avere un lavoro, relazioni sociali gratificanti, e un buono stato di salute fisica e mentale. Riferimenti che possono venire meno quando alla normalità si toglie un tassello importante: il riposo non solo del corpo ma anche del cervello.
Come ha ricordato Domenico De Masi, ordinario di Sociologia del Lavoro presso l’Università La Sapienza di Roma, durante la presentazione della 7° edizione della giornata del Dormiresano, il lavoro occupa, a conti fatti, un settimo della vita di una persona con un’aspettativa di vita di 60 anni ed è sempre più orientato verso una natura intellettuale. Il che significa che non termina con la timbratura di un cartellino, ma prosegue anche fuori dagli orari di lavoro. E anche solo per attitudine personale tende a proseguire nelle ore di tempo libero sovrapponendosi a esso in un risultato che il sociologo definisce provocatoriamente ozio creativo. Un cervello sempre in attività come è quello umano, a maggior ragione se impegnato per molto tempo in attività lavorative intellettuali, necessita di riposo. Il sonno svolge questo ruolo di compensazione, se manca viene meno un equilibrio fondamentale.
Il quadro clinico dei soggetti insonni è ben caratterizzato: irritabilità, sintomi diurni di sonnolenza e stanchezza, difficoltà di concentrazione e memoria. E le ragioni sono biologiche. L’esperto del sonno, Luigi Ferini-Strambi, responsabile del Centro per i Disturbi del Sonno dell’Ospedale San Raffaele le ha illustrate. Una persona che non dorme, o dorme male non entra o interrompe la fase di sonno profondo che è la parte riposante e soprattutto non raggiunge la fase REM che paradossalmente è quella in cui si registra una funzione cerebrale. E’ infatti la fase del sogno, dove l’inconscio e le pulsioni trovano lo spazio di esprimersi che durante la fase cosciente di veglia non hanno. Non concedere all’inconscio questo momento di libera attività non può che creare delle tensioni che si manifestano con irritabilità. E’ inoltre la fase in cui si consolidano a livello cerebrale delle esperienze vissute durante la giornata, da cui dipende lo sviluppo della memoria implicita (quella che emerge senza necessità di richiamarla) e dell’apprendimento. Non è un caso che i bambini piccoli dormano molto di più e abbiano una fase REM che occupa il 60% del loro sonno: è il modo con cui possono migliorare la memoria implicita e fissare ciò che si è appreso.
Meno creativi meno produttivi
L’impatto sulla qualità della vita e sulla vita sociale è quindi notevole come pure su quella lavorativa: il 25% degli insonni si astiene dal lavoro un giorno ogni due mesi contro il 16% delle persone che non hanno questo disturbo. Si ammalano di più, dato misurabile sempre in termini di giorni lavorativi, hanno poca vitalità, e una salute mentale a rischio. Ma il danno avviene anche in termini qualitativi: l’insonnia, come spiega De Masi, danneggia la creatività. Disarticolandosi il rapporto tra conscio e inconscio, viene meno un equilibrio su cui si basa la creatività ossia l’integrazione tra fantasia e concretezza. E la fantasia secondo gli studi condotti, trova la sua massima espressione nel dormiveglia, che l’insonne non sperimenta.
Nel complesso l’insonne perdendo le ore di sonno perde molte altre cose: il punteggio misurato con la scala SF 36 offre il profilo quantitativo della qualità della vita, quello degli insonni di livello II è il più basso, incluso anche un peggioramento della percezione del dolore. Aspetto, quest’ultimo, importante in presenza di altre patologie: si innesca un circolo vizioso in cui l’assenza di sonno rende maggiormente sensibili al dolore e il dolore a sua volta toglie il sonno. “Curare i disturbi del sonno in un paziente oncologico – ha spiegato Ferini-Strambi – migliora la prognosi e la curva di sopravvivenza”.
Simona Zazzetta
Salute oggi:
...e inoltre su Dica33:
Pensieri a flusso continuo
Come ha ricordato Domenico De Masi, ordinario di Sociologia del Lavoro presso l’Università La Sapienza di Roma, durante la presentazione della 7° edizione della giornata del Dormiresano, il lavoro occupa, a conti fatti, un settimo della vita di una persona con un’aspettativa di vita di 60 anni ed è sempre più orientato verso una natura intellettuale. Il che significa che non termina con la timbratura di un cartellino, ma prosegue anche fuori dagli orari di lavoro. E anche solo per attitudine personale tende a proseguire nelle ore di tempo libero sovrapponendosi a esso in un risultato che il sociologo definisce provocatoriamente ozio creativo. Un cervello sempre in attività come è quello umano, a maggior ragione se impegnato per molto tempo in attività lavorative intellettuali, necessita di riposo. Il sonno svolge questo ruolo di compensazione, se manca viene meno un equilibrio fondamentale.
Repressi anche di notte?
Il quadro clinico dei soggetti insonni è ben caratterizzato: irritabilità, sintomi diurni di sonnolenza e stanchezza, difficoltà di concentrazione e memoria. E le ragioni sono biologiche. L’esperto del sonno, Luigi Ferini-Strambi, responsabile del Centro per i Disturbi del Sonno dell’Ospedale San Raffaele le ha illustrate. Una persona che non dorme, o dorme male non entra o interrompe la fase di sonno profondo che è la parte riposante e soprattutto non raggiunge la fase REM che paradossalmente è quella in cui si registra una funzione cerebrale. E’ infatti la fase del sogno, dove l’inconscio e le pulsioni trovano lo spazio di esprimersi che durante la fase cosciente di veglia non hanno. Non concedere all’inconscio questo momento di libera attività non può che creare delle tensioni che si manifestano con irritabilità. E’ inoltre la fase in cui si consolidano a livello cerebrale delle esperienze vissute durante la giornata, da cui dipende lo sviluppo della memoria implicita (quella che emerge senza necessità di richiamarla) e dell’apprendimento. Non è un caso che i bambini piccoli dormano molto di più e abbiano una fase REM che occupa il 60% del loro sonno: è il modo con cui possono migliorare la memoria implicita e fissare ciò che si è appreso.
Meno creativi meno produttivi
L’impatto sulla qualità della vita e sulla vita sociale è quindi notevole come pure su quella lavorativa: il 25% degli insonni si astiene dal lavoro un giorno ogni due mesi contro il 16% delle persone che non hanno questo disturbo. Si ammalano di più, dato misurabile sempre in termini di giorni lavorativi, hanno poca vitalità, e una salute mentale a rischio. Ma il danno avviene anche in termini qualitativi: l’insonnia, come spiega De Masi, danneggia la creatività. Disarticolandosi il rapporto tra conscio e inconscio, viene meno un equilibrio su cui si basa la creatività ossia l’integrazione tra fantasia e concretezza. E la fantasia secondo gli studi condotti, trova la sua massima espressione nel dormiveglia, che l’insonne non sperimenta.
Nel complesso l’insonne perdendo le ore di sonno perde molte altre cose: il punteggio misurato con la scala SF 36 offre il profilo quantitativo della qualità della vita, quello degli insonni di livello II è il più basso, incluso anche un peggioramento della percezione del dolore. Aspetto, quest’ultimo, importante in presenza di altre patologie: si innesca un circolo vizioso in cui l’assenza di sonno rende maggiormente sensibili al dolore e il dolore a sua volta toglie il sonno. “Curare i disturbi del sonno in un paziente oncologico – ha spiegato Ferini-Strambi – migliora la prognosi e la curva di sopravvivenza”.
Simona Zazzetta
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